Corrado Augias e Remo Cacitti hanno confezionato un libro contro ogni ragionevolezza e molto "politicamente corretto". Ma si prendono molte libertà. Una "inchiesta" che distorce il Cristianesimo. In questo modo falsificandolo.
La fede crede che Gesù sia risorto. La scienza sa che Gesù non è risorto, perché i morti non risorgono. La fede crede che i quattro Vangeli ci trasmettano il messaggio di Gesù Cristo. La scienza sa che non è così. La fede crede che la Chiesa ci permetta d'incontrare ancora oggi nella storia Gesù di Nazaret attraverso la continuità dell'istituzione da lui fondata. La scienza sa che Gesù non ha fondato nessuna istituzione, e che la Chiesa come la conosciamo semmai deriva dall'imperatore Costantino.
Vecchiume che risale all'Illuminismo, e che riposa su una concezione dogmatica e arrogante di scienza definitivamente tramontata dopo la seconda guerra mondiale?
Purtroppo no: lo scientismo è un passato che non vuole passare, come conferma il best seller Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione (Mondadori, 2008), confezionato sulla scia del successo del suo precedente Inchiesta su Gesù dal giornalista Corrado Augias, questa volta con Remo Cacitti, docente di Storia del cristianesimo antico all'Università di Milano. Cacitti va addirittura a ripescare dalle brume di uno scientismo anticlericale dimenticato l'archeologo e storico francese Salomon Reinach (1858-1932), che gli fornisce quello che può essere considerato il motto del libro: mentre la fede dice "io credo" la scienza della storia delle religioni, fondata su "fatti certi", può dire con orgoglio: "io so" (p. 265).
Intendiamoci: Augias fa il suo mestiere, che è quello del giornalista dissacrante e provocatore che tutti conosciamo. Né egli ha mai nascosto di essere uno scettico e un non credente. Anche Cacitti fa il suo mestiere: corregge Augias quando esagera, e cerca di rimanere nell'ambito della storiografia accademica. Tuttavia, sia il lettore meno preparato rischia di rimanere sconcertato, sia le stesse conclusioni di Cacitti non sono accettabili laddove sembrano implicare che la storia sia l'unica disciplina che ha titolo a pronunciarsi su come è "veramente" nato il cristianesimo. Colpisce, in particolare, l'assenza nel testo di qualunque riferimento alla sociologia delle religioni, una scienza il cui più noto esponente statunitense contemporaneo, Rodney Stark, ha dedicato una delle sue opere fondamentali, Ascesa e affermazione del cristianesimo, pubblicato in Italia da Lindau, precisamente alle origini del cristianesimo.
Stark sostiene che la versione del cristianesimo fondata su dogmi certi e su una Chiesa "forte" si è affermata, prevalendo sui sogni degli gnostici e sulle utopie di un cristianesimo non istituzionale e pacifista, non grazie al potere di Costantino (come il testo di Augias e Cacitti ripete), ma perché meccanismi sociologici all'opera anche oggi – e che spiegano perché certe forme religiose abbiano successo e altre declinino nel XXI secolo – rendevano sia comprensibile sia inevitabile che fosse così.
A proposito dei Vangeli e delle lettere di Paolo, molti storici contemporanei che Cacitti riprende – spiegano che alcune affermazioni vanno intese come effettivo resoconto di fatti storicamente avvenuti, altre solo come metafore o descrizioni di esperienze spirituali a torto scambiate per realtà storiche o empiriche, altre ancora come affermazioni messe in bocca post factum a Gesù per giustificare interessi o posizioni della Chiesa nascente. Il controverso esegeta irlandese, residente negli Stati Uniti, John Dominic Crossan e il suo Jesus Seminar avevano prodotto addirittura un Vangelo "a colori" dove attribuivano colorazioni diverse a quanto, secondo loro, Gesù avrebbe detto per davvero e a quanto sarebbe stato inventato dagli evangelisti.
Il problema però è: chi e come decide quali parole e fatti attribuiti a Gesù sono autentici e quali sono inventati? Dichiariamo autentici i testi che pensiamo di poter considerare più antichi? Niente affatto: Cacitti riconosce che le affermazioni più chiare sul fatto che Gesù sia fisicamente risorto dai morti sono in testi di san Paolo «vicini all'evento, ovvero databili agli anni Trenta del I secolo» (p. 28). Eppure secondo lo storico italiano è «evidente» che si tratta di «una prospettiva religiosa, non storica» (ibid.). E perché è «evidente»? Cacitti ha il merito di dirlo in modo molto più sfumato, mentre Augias lo afferma più brutalmente: perché nel XXI secolo «alla resurrezione dei morti oggi nessuno crederebbe» (p. 72). A parte la solita mancanza di sociologia – uno sguardo alle Indagini mondiali sui valori convincerebbe gli autori che la maggioranza assoluta dei nordamericani e dei sudamericani, e un buon terzo degli europei, crede in pieno XXI secolo che Gesù sia risorto – la formula sembra precisamente quella rimproverata al Jesus Seminar: consideriamo autentici solo gli eventi e gli insegnamenti riportati nei Vangeli che risultano accettabili ai contemporanei, anzi a quella minoranza di contemporanei che in nome dello scientismo non crede ai miracoli. Così le affermazioni sul primato di Pietro e tutto quanto fonda un cristianesimo che non sia puro insegnamento morale sulla povertà e la pace "devono" essere aggiunte posteriori e non possono fare parte dell'insegnamento autentico di Gesù Cristo: il quale, diversamente, assomiglierebbe troppo a quello di Benedetto XVI, che non è simpatico ad Augias e sembra di capire neppure a Cacitti.
I contributi di papa Benedetto XVI
Che le cose stiano così sembra confermato dalle incursioni degli autori su temi diversi da quelli delle origini cristiane. Per esempio, in tema di apparizioni della Madonna, Cacitti afferma ripetutamente che «non hanno assolutamente nulla di religioso;-(p. 149), il che appare bizzarro alla luce di qualunque definizione di religione. Così pure si rimane perplessi quando lo storico di Milano attacca «l'oscena strumentalizzazione di certi passi del Corano, operata da truci cristiani, per i quali sarebbe quel testo sacro a fomentare la violenza e il terrorismo islamici»: una posizione che «certo non è vera» (p. 66). Il maggiore sostenitore accademico contemporaneo della tesi secondo cui le giustificazioni di una certa violenza islamica si trovano in alcune sure del Corano, l'islamologo della Rice University David Gook, il quale offre argomenti molto seri e tutt'altro che facili da smontare, sarà forse «truce», ma certamente non è un cristiano. C'è da chiedersi se in certi ambienti, anche autorevoli, l'islam non goda oggi di un pregiudizio favorevole che si nega alla Chiesa cattolica.
Lo ha ribadito Benedetto XVI a Parigi: tutti i contributi delle scienze alla migliore comprensione del cristianesimo e della sua storia sono i benvenuti. Ma squalificare come non razionale e non scientifica la comprensione che i credenti hanno di Cristo e della Chiesa, pretendendo che una certa storiografia accademica sia detentrice per definizione di un sapere superiore e più "obiettivo", fa invece parte di quella muraglia cinese eretta dalla modernità fra fede e ragione che Benedetto XVI sta cercando dall'inizio del suo pontificato di smantellare: in nome non solo della fede ma anche di una nozione più serena e prudente di ragione.