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22.12.2024

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Il Papa in Terra Santa
31 Gennaio 2014

Il Papa in Terra Santa

 

 

Un viaggio difficile, ma riuscito. Ha parlato a tutti, ebrei e musulmani, cristiani scismatici e protestanti, e anzitutto ai cattolici, i “suoi” figli, supplicandoli di non abbandonare la Terra Santa

Può apparire paradossale che il luogo dove si è verificato il più grande atto d’amore della storia (la Nascita e la Morte del Figlio di Dio per salvare ogni uomo e la sua Resurrezione), sia sempre stato nel corso della storia uno dei luoghi in cui si è consumata una violenza incredibile, particolarmente acuitasi dopo la fine della Seconda Guerra I Mondiale, in seguito alla nascita dello Stato d’Israele.
In questa Terra Santa, grande poco più della Lombardia, papa Benedetto XVI ha compiuto un Pellegrinaggio dall’8 al 15 maggio.
Si tratta di luoghi santi per la fede cattolica, dove rivive tutta la storia della Sacra Scrittura, dalla vocazione di Abramo alle prime mosse della Chiesa dopo la morte del Signore Gesù, ma sono venerati anche dall’ebraismo, che ha un tratto comune di fede e di storia con le comunità cristiane, e dall’islam, che riconosce la propria discendenza da Abramo e da Gesù, seppure considerato soltanto come Profeta. Ogni lembo di questa Terra sembra rifiutare la secolarizzazione e quel processo di espulsione della religione dalla vita pubblica che ha accompagnato la storia dell’Occidente dall’Illuminismo in poi, perché tutto lì richiama la presenza del religioso, della vita di Gesù o di episodi sacri per le tre religioni. Infatti, se una prima osservazione si può fare sulle parole pronunciate dal Papa, è l’assenza quasi completa di ogni preoccupazione per quella malattia, il secolarismo, che invece altrove preoccupa costantemente il Magistero di Benedetto XVI. Il Papa ha fatto un cenno rapido, anche se molto importante, al problema incontrando le organizzazioni per il dialogo interreligioso (11 maggio), quando ha loro ricordato che qualcuno approfitta delle divisioni fra le diverse religioni per sostenere la negatività e la pericolosità sociale della religione, di ogni religione.

Cercare la pace
I temi ricorrenti dei discorsi del Papa durante questo Pellegrinaggio, come lui ha voluto chiamarlo, sono stati invece altri, a cominciare dalla perorazione, quasi una supplica, della ricerca della pace, rivolta accoratamente alle tre comunità incontrate, ai cristiani, agli ebrei, ai musulmani. Ordinariamente la Chiesa non si occupa delle soluzioni politiche e giuridiche, attraverso le quali sancire la pace, eppure il Papa è sceso abbastanza nei particolari. Ha chiesto alle due comunità in conflitto, ebrei e palestinesi, di riconoscere le esigenze dell’altra comunità, affinché la trattativa possa avere esito felice. Ha chiesto alla comunità internazionale di usare la diplomazia per dare una soluzione politica, visibile e concreta, con la costituzione di uno Stato palestinese che riconosca Israele e non minacci la sua sicurezza. Una banalità dirà qualcuno, di cui si parla inutilmente da anni: ma una banalità che è forse l’unica possibile soluzione, o almeno attenuazione, del conflitto. Una soluzione che, 01tretutto, potrebbe finalmente togliere spazio e consenso agli estremisti guerrafondai dei due campi, Hamas e i partiti israeliani ultraortodossi, in quanto il movimento islamista non riconosce il diritto di esistere ad Israele, mentre i secondi sembrano poco propensi a un vero confronto. Una soluzione, peraltro, che per poter essere realizzata deve passare attraverso la sconfitta politico-militare di Hamas nella guerra interna al mondo palestinese.
L’obiettivo è difficilissimo da raggiungere.
Per innestare un processo di pace il Papa ha chiesto alle due parti, Israele e Autorità palestinese, di riconoscere anzitutto le ragioni (parziali) dell’altra, e di conciliarle con le proprie. Dunque ha chiesto a Israele di costruire ponti e non muri di separazione e all’Autorità palestinese di rinunciare alla violenza e di combattere il terrorismo. Poi, ai cristiani ha chiesto di rimanere in Terra Santa, per essere quel ponte attraverso cui il dialogo possa riprendere e favorire il persegui mento della pace, che è un dono di Dio, ma che gli uomini possono contribuire a rendere possibile. In pratica, il Papa ha richiesto a tutti uno sguardo non ideologico sulla realtà, una rinuncia all’odio nazionalistico che implica una conversione del cuore e la ricerca del bene di tutte le comunità, quel bene comune insegnato dal Magistero sociale della Chiesa che è anche il fine naturale della politica. Naturalmente non è stato soltanto, e forse neppure soprattutto questo, il pellegrinaggio del Papa, anche se la drammatica situazione di odio e di conflitto che imperversa in quella terra, da sessant’anni almeno, rende prioritario rispetto a qualsiasi altra cosa il tema della pace.

In Giordania
Intanto, nella prima parte del suo viaggio, il Papa è stato accolto in Giordania, dove ha cominciato il Pellegrinaggio partendo dal Monte Nebo, la montagna dalla quale Mosè contemplò la Terra Promessa senza potervi entrare. Il regno Hascemita è uno dei paesi musulmani dove vige la maggiore libertà religiosa, grazie a un monarca moderato, al punto che il Pontefice ha benedetto la prima pietra di due chiese cattoliche e di una Università cattolica, l’università di Madaba del Patriarcato latino. Incontrando i capi religiosi musulmani ha espresso un concetto importantissimo per il dialogo con l’islam, sull’universalità della ragione umana e sulla libertà religiosa, tenendo conto della diffusa diffidenza in molti islamici per l’uso della ragione umana nelle problematiche religiose: «… è la nostra dignità umana che dà origine ai diritti umani universali, essi valgono ugualmente per ogni uomo e donna, senza distinzione di gruppi religiosi, sociali o etnici ai quali appartengano. Sotto tale aspetto, dobbiamo notare che il diritto di libertà religiosa va oltre la questione del culto ed include il diritto – specie per le minoranze – di equo accesso al mercato dell’impiego e alle altre sfere della vita civile» (9 maggio).

In Israele
Nella seconda parte del pellegrinaggio, in Israele, il Papa ha affrontato anche altre tematiche, in particolare il dialogo fra le diverse religioni e quello fra i cristiani che vivono in Terra Santa. In questa prospettiva vanno letti sia la visita del Papa al Gran Muftì (12 maggio) e ai capi della comunità islamica di Gerusalemme, sia quella ai due Gran Rabbini di Gerusalemme (12 maggio), oltre che l’incontro con le organizzazioni impegnate nel dialogo inter-religioso (11 maggio) e poi con i capi religiosi della Galilea (14 maggio); a esse si deve almeno aggiungere la visita al memoriale di Yad vashem (11 maggio), il monumento eretto per ricordare le vittime della Shoah.
Il Papa non ha neppure voluto dimenticare la vocazione universale di Gerusalemme, «annunciata dai profeti», a essere una città in cui «il pregiudizio, l’ignoranza e la paura […] siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace» (12 maggio).

L’aiuto ai cristiani di Terra Santa
Ma papa Benedetto non ha certamente dimenticato i suoi fratelli in Cristo, le diverse comunità cattoliche presenti in Terra Santa e in perfetta comunione con la Santa Sede: latini, greco-cattolici, armeni, maroniti. A loro, del resto, il Pellegrinaggio era principalmente dedicato, perché sentissero fisicamente la vicinanza del Vicario di Cristo, ma anche perché sono loro ad essere «chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una società che tradizionalmente è stata, e continua a essere pluralistica, multietnica e multireligiosa» (12 maggio).

 

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

 

Il pellegrinaggio è stato autorevolmente riassunto dal Papa nell’Udienza generale di mercoledì 20 maggio. Questo testo e tutti gli altri di Benedetto XVI si possono leggere sul sito della Santa Sede www.vatican.va .

 

 

 

 

IL TIMONE N. 84 – ANNO XI – Giugno 2009 – pag. 58 – 59

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