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22.12.2024

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Il coraggio della verità
31 Gennaio 2014

Il coraggio della verità

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggigiorno il metodo delle scienze naturali viene affermato come l’unico adeguato. Il risultato, dice il Papa, è una ragione che si automutila, che smette di porre la domanda sulla verità.

C'è un filo che unisce gli interventi che il Papa rivolge al mondo della cultura, in particolare a quel mondo universitario che si definisce laico e considera proprio compito la difesa della «Iaicità» della ragione.
Per il Papa la ragione umana è unica e universale, cioè comune a tutti gli uomini, e l'Università, come dice il suo nome, dovrebbe essere lo specchio di tale universalità. Nell'Università dovrebbe trovare posto ed essere indagato in modo scientifico ogni aspetto della realtà su cui la ragione si pone delle domande.
Oggi però accade che alcuni ambiti del sapere siano esclusi dalla ricerca universitaria, in particolare è esclusa la teologia, cioè l'indagine della ragione sulla fede. L'accantonamento della teologia viene in genere giustificato osservando che si tratta di una disciplina poco scientifica, priva del carattere di ricerca incondizionata e neutrale, essendo sempre legata I a una confessione religiosa e ad una Chiesa.
I Senza dubbio vi sono considerazioni, soprattutto relative alla nomina dei docenti e al modo in cui vengono affrontati i contenuti dello studio, che rendono preferibile, anche per la gerarchia ecclesiastica, organizzare lo studio accademico della teologia fuori dalle Università statali. Tuttavia l'Università, come comunità culturale e spirituale, non può essere concepita a prescindere dalla teologia, perchè tale esclusione significa il progetto di un sapere che nega la possibilità di esporre e giustificare le ragioni della fede nella Rivelazione.
Su questo punto il filosofo tedesco Robert Spaemann nota con acutezza che, se il legame con una specifica confessione fosse la ragione ultima della rinuncia alla teologia, allora dovrebbero sparire dalle Università statali anche le facoltà giuridiche, in quanto anche la giurisprudenza è condizionata da; codici di legge in vigore. A ben vedere, l'esclusione della teologia nasce da un'obiezione più radicale, che consiste nell'idea secondo cui solo la ragione scientifica è libera da presupposti, mentre la ragione che s'interroga su Dio, già formulando l'ipotesi della sua esistenza, per ciò stesso perderebbe la propria «neutralità».
L'immagine della ragione come strumento neutrale è propria della razionalità scientifico-tecnologica. Finché rimane sul suo piano, questa razionalità non può porsi il problema dell'esistenza di Dio, e in generale quello della verità delle cose, a motivo degli intrinseci limiti metodologici; in questo senso si può parlare di un «ateismo metodico» delle scienze positive.
Le scienze moderne, infatti, interpretano la realtà sensibile con l'aiuto di modelli che non sono, di per sé, né veri, né falsi, ma solo capaci con maggiore o minore accuratezza, di descrivere e spiegare un determinato fenomeno. Il Papa, sia a Ratisbona che nel discorso mai pronunciato alla Sapienza, non solo non ha negato il diritto della ragione «scientifica» di procedere col proprio metodo, ma anzi ne ha riconosciuto i successi in ordine al miglioramento delle condizioni materiali della vita umana.
Il problema sorge quando il modello delle scienze naturali viene affermato come unico modello valido e adeguato di conoscenza. Chi sostiene questa posizione, dice il Papa, automutila la ragione perchè le proibisce di porre la domanda sulla verità, passando, di fatto, dall'ateismo come metodo all'ateismo come contenuto e come programma. Se, infatti, il metodo della ragione scientifica è l'unico valido, esso dovrà essere esportato in ogni ambito della conoscenza, perciò in nessun caso sarà possibile interrogarsi sulla verità delle cose, in particolare non si potrà porre con la ragione la domanda sull'esistenza di Dio e sul significato ed il valore della fede.
La pretesa di generalizzare il metodo della scienza genera un punto di vista riduttivo sulla stessa ragione, per cui essa sarebbe solo il prodotto casuale di un processo evoluzionistico guidato dal caso e non dal Logos. Così concepita, la ragione ha come scopo solo l'autoconservazione (la ricerca dell'utile) e non l'autotrascendenza, cioè apertura verso la realtà e la conoscenza della verità. Il dimezzamento della ragione implicato da questo passaggio, insegna il Papa, è falso e inaccettabile: la ragione esige la verità come gli occhi esigono la luce. In questa situazione è la fede che difende la pretesa elementare della ragione di essere aperta alla verità, all'assoluto e a Dio.
La filosofia greca per prima ha tradotto questa ricerca della verità in un discorso rigoroso; essa, pur essendo sorta all'interno di una cultura definita, nel suo metodo e nel suo contenuto è universale. Platone ha teorizzato questa apertura della ragione alle verità ultime e ha considerato la possibilità che il pensiero razionale superi sé stesso grazie a una rivelazione divina. Egli ha paragonato il discorso filosofico su queste cose a una tavola di legno che permette di galleggiare nel tempestoso mare della vita «finché non si può fare il viaggio con maggior sicurezza e minor pericolo su una nave più solida, cioè affidandosi al solo Logos divino» (Fedone XXXV, 85d).
Anche per la tradizione cristiana non solo si può conoscere Dio a partire dalla realtà, ma tutta la conoscenza naturale manifesta la propria apertura alla Rivelazione, che si presenta come suo compimento. Con san Tommaso d'Aquino (1221-1274), che ha accesso sia agli scritti filosofici integrali di Aristotele, sia alle filosofie ebraiche ed arabe che avevano interpretato la filosofia greca, il cristianesimo incontra la ragione declinata in altre culture e deve «lottare per la propria ragionevolezza». San Tommaso arriverà a teorizzare un rapporto tra filosofia e teologia che può essere espresso nella formula trovata dal Concilio di Calcedonia per definire il rapporto tra natura umana e natura divina di Cristo: distinzione, senza confusione e senza separazione.
Gli appelli che oggi il Papa rivolge al mondo della cultura non devono perciò essere interpretati male. Non si tratta né di un tentativo di negare alla ragione la sua legittima autonomia, né tanto meno di condannare il metodo della scienza; si tratta piuttosto di una messa in guardia verso il pericolo che sovrasta il mondo occidentale che, in considerazione della grandezza del suo sapere scientifico e del suo potere tecnico, è tentato di rinunciare alla ricerca della verità.

RICORDA

 

«Un popolo senza metafisica è come un tempio senza il sacro».
(George Wilhelm Friedrich Hegel, Scienza della logica, Laterza, 19744, vol. I, p. 4).

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Benedetto XVI, Discorso all'Università di Regensburg, 12 settembre 2006.
Benedetto XVI, Allocuzione per !'incontro con l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma, 17 gennaio 2008.
AA.VV, Dio salvi la ragione, Ed. Cantagalli, 2007.

IL TIMONE N. 74 – ANNO X – Giugno 2008 – pag. 30-31

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