Dopo 17 anni di servizio, il card. Ruini lascia. Il ringraziamento del Papa, il bilancio di un periodo importante e ricco di eventi.
Lascia una Chiesa che si sforza di diventare missionaria e di essere fedele al Magistero del Papa, senza più la mediazione democristiana, impegnata a difendere e a promuovere i cc principi non negozia bili». Lascia un servizio, ma la sua presenza rimane.
Nel mese di giugno si è concluso il servizio svolto dal cardo Camillo Ruini come vicario generale per la diocesi di Roma. Iniziato nel 1991, è stato un mandato lungo, ma soprattutto denso di avvenimenti che hanno visto una non usuale accelerazione della storia della Chiesa universale, di quella italiana e in generale del mondo. Ne vediamo gli aspetti più salienti.
Il ringraziamento del Papa
Come era ovvio, papa Benedetto XVI ha ringraziato pubblicamente il vicario della sua diocesi, con una lettera per il XXV anniversario dell’ordinazione episcopale e in occasione dell’udienza agli officiali del Vicariato di Roma, il 27 giugno. Delle sue parole – riconoscenti e affettuose per chi si è speso con grande e visibile entusiasmo per trasmettere il magistero pontificio tra i fedeli romani, con una fedeltà molto marcata – mi sembra utile sottolineare un punto, non scontato, perché trattasi forse del nodo che più divide i cattolici e che è strettamente collegato con l’altro, quello delle due interpretazioni del Concilio Vaticano II, su cui Benedetto XVI ha detto parole definitive. Si tratta dello spirito missionario che deve animare il vescovo, e il cattolico in genere, e del modo di attuare questo atteggiamento apostolico: «La sollecitudine per la missione – ha detto il Santo Padre – è sempre stata accompagnata e sostenuta da un’eccellente capacità di riflessione teologica e filosofica, che Ella (Ruini ndr) ha manifestato ed esercitato fin dagli anni giovanili.
L’apostolato, specialmente nel nostro tempo, deve nutrirsi costantemente di pensiero, per motivare il significato dei gesti e delle azioni, altrimenti è destinato a ridursi a sterile attivismo».
Lo spirito missionario contro la sfiducia
Spirito missionario dunque, in grado di rispondere alla sfida della cultura dell’epoca moderna con «un’apologetica tesa ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione, ed una sana comprensione della libertà, vista in termini positivi come liberazione sia dalle limitazioni del peccato che per una vita autentica e piena», come ha detto il Pontefice ai vescovi americani durante la recente visita pastorale in Usa (16 aprile 2008) e come ha ricordato, con un importante discorso sulla necessità di una nuova apologetica, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardo William Joseph Levada (L’Osservatore Romano, 22 giugno 2008).
Se l’aggressione contro la Verità è stata segnata dal tentativo di sostituire il progetto di Dio con i diversi progetti ideologici degli uomini, dopo la fine dell’epoca delle ideologie la sfida ha assunto modalità diverse. La Verità, e la cultura che ne deriva, non vengono più aggredite, ma se ne minano i presupposti, all’interno del cuore e della mente dell’uomo.
Si tratta della «tentazione della sfiducia» e ne ha parlato proprio il cardo Ruini nella omelia della messa per il venticinquesimo della sua ordinazione episcopale. Essa è tanto più pericolosa perché cerca di spegnere la domanda piuttosto che dare risposte sbagliate al desiderio di verità che naturalmente ogni uomo ha dentro di sé, se non viene soffocato. A questa tentazione la Provvidenza ha risposto ponendo sul soglio di Pietro due Papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e il senso del loro pontificato può essere individuato proprio nel fatto che questa sfida, sono sempre parole del cardo Ruini, può essere vinta «anzitutto per la potenza salvifica di Dio, che è reale e storicamente incarnata: è questo il senso del messaggio dell’Enciclica Spe salvi» (L’Osservatore Romano, 22 giugno 2008).
17 anni per la Chiesa d’Italia e di Roma
Quando il vescovo Ruini diventava vicario nella diocesi di Roma (e Presidente della Conferenza episcopale italiana) era il 1991. AI termine di quell’anno cessava di esistere l’Unione Sovietica, e così maturava la crisi del comunismo annunciata dalla Madonna a Fatima nel 1917 e manifestata due anni prima dalla caduta del Muro di Berlino. In quello stesso anno, papa Giovanni Paolo Il pubblicava l’enciclica Centesimus annus, nel centenario della celebre enciclica sulla questione operaia Rerum novarum, e rilanciava così, con una terza enciclica dedicata, la dottrina sociale della Chiesa, che per un po’ di anni sembrava essere scomparsa dalla scena.
La Chiesa italiana viveva una fase di grande trasformazione quando il cardo Ruini veniva scelto per guidare i vescovi della penisola. Gli effetti dello tsunami che stava devastando il comunismo mostrarono le conseguenze anche in Italia. Il Pci, il più grande partito comunista del mondo libero, diventava un partito post-comunista, “radicale di massa”, e la Dc veniva investita dalla Magistratura e dai processi cosiddetti di Tangentopoli, ma soprattutto non era più utile come “grande diga” anticomunista, senza alternative, come era accaduto dal dopoguerra.
La Chiesa italiana, proprio sotto la guida del cardo Ruini, dovette scegliere una strada diversa, che la vedesse protagonista come soggetto culturale e pubblico, così come voleva Giovanni Paolo Il, non più collegata o schiacciata sulla Dc.
Nasceva così una nuova presenza dei cattolici in Italia, segnata dall’apostolato dei movimenti laicali sorti dopo il Concilio Vaticano Il e da un rapporto con la politica e con la cultura che non passava più attraverso la mediazione della Dc, ma era diretto. Ma la novità più significativa di questi anni, praticamente coincidenti con quelli del pontificato di Giovanni Paolo Il, gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, si coglieva nel desiderio di apostolato che animava i nuovi movimenti e associazioni sorti nel dopo-Concilio e in particolare nei numerosi gruppi di preghiera. Questi giovani non ricevevano un’adeguata formazione e spesso rischiavano lo spontaneismo e il sensazionalismo, ma erano animati da una grande fede e da un sincero amore per il Signore. Così risposero per primi all’appello del Papa per una nuova evangelizzazione e oggi costituiscono una preziosa e significativa presenza della Chiesa italiana sul territorio.
Nonostante non avessero una particolare intenzione originaria né politica né culturale, questi diversi gruppi, dai nomi più diversi (Sentinelle del mattino, gruppi di Medjugorje, cellule di vita cristiana, carismatici cattolici, e in generale i molti e spontanei gruppi di preghiera ecc), non sono passati inosservati.
La cosa ha profondamente contrariato i cosiddetti «cattolici democratici», quelli nati soprattutto dall’insegnamento e dalla testimonianza di don Giuseppe Dossetti: essi si videro espropriati di quel ruolo di mediazione fra i principi e la loro applicazione, che storicamente il gruppo dirigente della Dc aveva sempre avocato a sé. Tra l’altro, proprio negli stessi anni, questo gruppo arrivava alla guida del governo con il Presidente Romano Prodi, che raccoglieva in una coalizione comunisti e post-comunisti, cattolici democratici e post-democristiani di sinistra, senza peraltro riuscire ad avere un buon rapporto con la guida della Chiesa italiana. Quest’ultima, ancora ricca di parrocchie vive e organizzate in tanti paesi, soprattutto nel nord Italia, e attraversata dal fenomeno dei movimenti e associazioni e gruppi di cui ho accennato, era ormai una Chiesa minoritaria in un Paese molto scristianizzato, come apparve a tutti dopo i referendum su divorzio (1974) e aborto (1981), ma era una Chiesa che non aveva nessuna intenzione di “farsi chiudere nell’angolo”.
Numerose contestazioni
Il card. Ruini subirà molte contestazioni in questi 17 anni proprio per aver voluto, sulla scia dell’insegnamento di Giovanni Paolo Il, una Chiesa visibilmente presente nella vita pubblica, non direttamente interessata alla logica di potere dei partiti politici, ma attenta e impegnata a difendere e a promuovere il patrimonio culturale costruito da generazioni di cristiani e ancora oggi accolto da una “minoranza cospicua” del popolo italiano. Questa presenza venne delineata attraverso i convegni ecclesiali di Loreto (1985) – dove venne abbandonata la cosiddetta “scelta religiosa” -, Palermo (1995) – dove venne proposto il cosiddetto “Progetto culturale” – e infine a Verona, nel 2005, dove il successore di Giovanni Paolo Il confermò le scelte pastorali precedenti per una Chiesa missionaria, impegnata a ricostruire il tessuto sociale di una nazione in cui sono presenti e operano moltissime comunità cristiane.
Come ha detto sempre papa Benedetto XVI, la Chiesa italiana è stata trascinata dallo «spirito missionario» del grande Giovanni Paolo II, «dalla sua eccezionale forza spirituale, radicata nella preghiera, nell’unione profonda con il Signore Gesù Cristo e nell’intimità filiale con la sua Madre Santissima». Questo le ha permesso di superare gli anni difficili della secolarizzazione senza diventare una minoranza insignificante e poi di essere il principale protagonista delle battaglie per la dignità della trasmissione della vita (con il successo nel referendum del 2005 sulla legge 40) e con la presenza in piazza a Roma nel 2007 di quasi due milioni di persone a sostegno della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.
Di questa stagione, il cardo Ruini è stato grande protagonista, soprattutto per aver portato la Chiesa italiana fuori dalla crisi postconciliare, al servizio del Magistero, verso il ritrovamento di un atteggiamento missionario che è la condizione perché possa veramente cominciare la nuova evangelizzazione.
BIBLIOGRAFIA
La lettera di Benedetto XVI per i venticinque anni di episcopato del cardo Ruini si trova in L’Osservatore Romano del 22 giugno 2008; nello stesso numero del giornale si trova l’omelia del cardo Ruini.
Il Santo Padre ha nuovamente ringraziato il suo vicario e ha presentato il suo successore, il cardo Agostino Vallini, già prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nel corso dell’udienza agli officiali del Vicariato, il 27 giugno successivo (L’Osservatore Romano, 28 giugno 2008).
IL TIMONE – N.76 – ANNO X – Sett/Ott. 2008 – pag. 58-59