Benedetto XVI ci aiuta a capire e a superare alcune difficoltà della evangelizzazione nel mondo di oggi. Il significato e la forza dell’Eucaristia, cibo indispensabile per giungere al traguardo della vita eterna e per rispondere alla necessità del divino
I giovani in Occidente
Queste domande incombono sul futuro dell’Occidente e dello stesso mondo cattolico. L’uomo occidentale, in particolare il giovane, ha il tempo e il modo per porsi queste domande, per cercarne una risposta magari indagando sulle radici della sua storia e civiltà: a differenza del suo coetaneo cinese o africano, per fare alcuni esempi, non è oberato da pressanti e drammatiche urgenze di sopravvivenza, perché frequentemente vive nel benessere, anche se ha, come tutti gli uomini, problemi quotidiani da affrontare e risolvere. Spesso è proprio nella vita quotidiana che si annida l’ostacolo principale alla sua conversione: non ha un potere che gli impedisce di cercare la verità, ma uno stile di vita che lo “trattiene”, che gli offusca la mente, che circonda e seduce il suo cuore. È quel “materialismo pratico” indicato dal Magistero pontificio, diffuso in Occidente soprattutto in concomitanza con la caduta delle ideologie negli anni Ottanta del secolo scorso e poi dilagato in seguito al 1989: concludendo il Congresso eucaristico nazionale, poche settimane dopo la sua elezione, papa Benedetto XVI attribuiva al «mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall’indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza» caratteristiche simili al deserto «grande e spaventoso» (Dt 8,15) in cui il popolo d’Israele ricevette la manna che gli permise di sopravvivere. Anche l’uomo moderno ha bisogno del pane divino per vivere in questo tempo e ottenere la salvezza eterna: «Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l’occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall’esterno, un peso sulle nostre spalle. AI contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, così il cristiano può trovare l’energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana”.
Il bisogno di Dio
Cento anni fa, papa san Pio X (1903-1914) aveva compreso la necessità dell’uomo moderno di nutrirsi di Dio il più frequentemente possibile e promosse la diffusione della comunione quotidiana, portando definitivamente a termine una lunga battaglia contro il rigorismo giansenista che in parte ancora affliggeva la mentalità di non pochi cattolici, soprattutto in alcune diocesi. Oggi, il suo successore ricorda che l’uomo moderno, costretto a vivere il cristianesimo in una società ostile, ha un infinito bisogno «di un Dio vicino, di un Dio che si dà nelle nostre mani e che ci ama”. Benedetto XVI ricorda che anche oggi, come accadde nel racconto evangelico, molte persone vorrebbero un Dio grande, secondo la loro misura, capace di soddisfare i bisogni ritenuti primari, ma che Gesù, allora e oggi, non addolcisce il suo insegnamento, anche a costo di perdere discepoli («Forse anche voi volete andarvene?», Gv 6,67): «Per la verità, quell’atteggiamento s’è ripetuto tante altre volte nel corso della storia. Si direbbe che, in fondo, la gente non voglia avere Dio così vicino, così alla mano, così partecipe delle sue vicende. La gente lo vuole grande e, in definitiva, anche noi spesso lo vogliamo un po’ lontano da noi”.
Dalla contemplazione nasce la missione
Quando Dio entra nel cuore dell’uomo lo trasforma. In sostanza, il problema centrale della nuova evangelizzazione è tutto qui: se gli uomini accolgono e permettono al Signore di operare attraverso la loro libertà, diventano capaci di proclamarlo, di amare e di perdonare gli altri. Così il mondo si trasforma e nasce la nuova civiltà della verità e dell’amore: «Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. È una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Cristo ci attira a sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli e la comunione con il Signore è sempre anche comunione con le sorelle e con i fratelli. E vediamo la bellezza di questa comunione che la Santa Eucaristia ci dona”.
BIBLIOGRAFIA
IL TIMONE N. 86 – ANNO XI – Settembre/Ottobre 2009 – pag. 58 – 59
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl