Il Timone n. 80 – anno 2009 –
«Ha ragione papa Ratzinger a volerla finire con certa ipocrisia del dialogo, una parola divenuta mantra e passepartout nella Chiesa degli ultimi decenni ma che non compare mai, dico mai, nella Bibbia. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento il termine è estraneo. Gesù impone ai suoi di predicare, annunciare, ammonire, convertire, battezzare, non di dialogare. Se manca una riaffermazione previa e precisa, leale, della propria identità, dialogare è una perdita di tempo o una truffa per l’interlocutore. Non lo dico io, ma Benedetto XVI che proprio in questi giorni ha ricordato con fermezza che il dialogo religioso è un mito, le fedi non possono rinnegare se stesse, accettando un sincretismo. Il solo dialogo forse possibile, ha ribadito papa Ratzinger, è semmai quello culturale».
(Vittorio Messori, intervistato da La Stampa, 5 gennaio 2009).
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«I fedeli che desiderano celebrare col rito antico non devono essere considerati di seconda categoria, ma una parte del popolo di Dio a cui si riconosce il diritto di assistere a una Messa che ha nutrito per secoli il popolo cristiano e la sensibilità di molti santi, come San Filippo Neri, San Giovanni Bosco, Santa Teresa di Lisieaux, il Beato Giovanni XXIII e il Santo Padre Pio di Pietrelcina; è possibile ritenere che il rito antico esprimesse meglio il senso del sacrificio di Cristo, che è rappresentato in ogni Santa Messa. Benedetto XVI porta a compimento uno degli obiettivi del Concilio Vaticano Il, che “obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la santa Madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti” (Sacrosanctum Concilium)».
(Card. Dalio Castrillon Hoyos, prefazione a E. Cuneo – D. Di Sorco – R. Mameli, Introibo ad altare Dei. p. 7).
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«Quando il genitore educa il figlio, converte il suo cuore al cuore del figlio. È infatti un atto di amore, poiché fa crescere la persona del figlio nella sua intelligenza e nella sua libertà: lo genera nella sua umanità.
Quando il figlio consente docilmente ad essere educato, converte il suo cuore al cuore dei genitori, poiché compie il più profondo atto di fiducia: ritenere vera e buona l’interpretazione e la proposta di vita testimoniate dal genitore. È una reciproca “conversione del cuore” che accade nel rapporto educativo, poiché l’educazione pone in essere una reciproca comunione fra genitori e figli carica di profondi significati. Essa, infatti, è elargizione di umanità da parte di ambedue i genitori, e corrispondenza di libera novità e freschezza da parte del figlio. Maestri di umanità, i genitori in un certo senso la apprendono anche dal figlio. È appunto una mirabile conversione del cuore dei padri verso i figli e del cuore dei figli verso il padre».
(Carlo Caffarra, L’amore insidiato. Non è bene che l’uomo sia solo: l’amore, il matrimonio, la famiglia nella prospettiva cristiana, pp. 324-325).
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«Il mistero fascinoso e irresistibile della Croce è stato il movente che più di tutti la [Edith Stein, ndr.] ha orientata verso la conversione. Un atto che revocò stupore in molte delle ne che la conoscevano, e la scelta che lo precedette fu l’effetto di un travagliato e lungo percorso di maturazione spirituale. Poco sensibile ai dettami della formazione religiosa che le era stata impartita in famiglia, tanto da dare da ragazza l’idea di un’ebrea spregiudicatamente atea, troverà nella ricerca razionale molte delle risposte alle domande di carattere personale e spirituale che di volta in volta le si presenteranno. L’insegnamento filosofico di un maestro come Husserl fu per lei sicuramente importante, ma, sotto questo riguardo, l’ultima parola in materia di fede non toccò certo alla filosofia. È, d’altronde, risaputo che più di un allievo di Husserl originariamente ateo abbracciò il cristianesimo».
(Giuseppe Pulina, L’angelo di Husserl. Introduzione a Edith Stein, p. 12).
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«Rimane vero che la preghiera è sempre dono dello Spirito Santo e mai è frutto dei nostri sforzi e non c’è nessun metodo magico. Senza fede e conversione non si è graditi a Dio. L’attaccamento alla Parola di Dio è attaccamento a Gesù Verbo di Dio, Parola di vita eterna, sempre efficace, quando viene ripetuta, “masticata”, “ruminata” di continuo, scende nella nostra anima, la purifica, la alimenta e la trasforma.
E nella vita, nel quotidiano, le relazioni col prossimo, in casa, fuori, nel lavoro, cambiano e si arricchiscono di virtù: amore, gioia, pace, misericordia, pazienza, rispetto, dominio di sé, speranza».
(Padre Nicola, 100 parole di fuoco, tratte dalla Bibbia per la preghiera continua, pp. 11-12).
IL TIMONE N. 80 – ANNO XI – Febbraio 2009 – pag. 34
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