Una crisi di fede al cuore dell’Europa. È questo che si registra in Germania, dove Giulio Meotti racconta di fedeli in fuga, calo di vocazioni, chiese chiuse ed edifici in sventita.
I numeri sono chiari. La Conferenza episcopale tedesca ha annunciato che un record di 272.771 persone ha lasciato la Chiesa cattolica nel 2019. Un aumento di oltre 56.000 rispetto alle 216.000 che avevano lasciato nel 2018, superando di gran lunga il precedente record di 218.000 nel 2014. La Chiesa protestante tedesca ha visto una perdita simile, con 270.000 persone che hanno terminato la loro adesione nel 2019, un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Il trend è terrificante. Per tacere delle vocazioni e la chiusura di chiese e parrocchie.
E la chiesa cattolica di Germania che fa? È impegnata in un «cammino sinodale» che durerà due anni e in cui la volontà di riforma assomiglia molto a quella di fare una rivoluzione, mettendo mano alla dottrina in materia di morale sessuale, ruolo delle donne nella chiesa, celibato sacerdotale, fino alla benedizione di coppie gay in chiesa. Tutto questo nonostante dalla Santa Sede abbiano fatto sapere, tramite lettere ufficiali e documenti della Dottrina della fede, che non si può tirare troppo la corda. Ma la tendenza a strappare c’è, anche da parte di molti vescovi.
«La Chiesa si edifica in quanto cattolica, non tedesca», scrive il cardinale Gerhard Muller, prefetto emerito della Dottrina della fede, nel suo intervento del dossier. «Nella confessione di fede non compare la Chiesa tedesca. La Chiesa è piuttosto una, santa, cattolica e apostolica. La Chiesa si chiama cattolica perché in Cristo è il sacramento onnicomprensivo della volontà salvifica universale di Dio».
Il vescovo di Ratisbona, monsignor Rudolf Voderholzer, intervistato, rivela uno dei problemi di fondo che emerge nel «cammino sinodale» tedesco: «Ai consueti loci theologici della Rivelazione, della Scrittura, della Tradizione e del Magistero vengono accostati, alla pari, i “segni dei tempi” (si richiama Gaudium et Spes, 4) e il “sensus fidelium”. Sulla base di un sensus fidei eretto a presunta democrazia, la Chiesa dovrebbe poi nelle sue strutture adeguarsi a un sistema sociale democratico e …» (per leggere il dossier acquista Il Timone o abbonati)
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