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22.12.2024

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Fede e ragione/2
31 Gennaio 2014

Fede e ragione/2

 

 

 

 

La Rivelazione cristiana e la filosofia sono reciprocamente benefiche.
Ecco come.

Riprendiamo il discorso di dicembre (compresa la numerazione dei paragrafi). Dicevamo un mese fa che la filosofia può dimostrare l'esistenza di Dio.
Ora, è vero che il Dio dei filosofi non è Padre, Figlio e Spirito Santo, non è un Dio con cui si possa intrattenere lo stesso rapporto personale e amoroso che caratterizza la fede religiosa, non è (per citare Pascal) il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo.
Però, nello stesso tempo, la filosofia può conoscere non solo la sua esistenza, ma anche alcune sue caratteristiche [cfr. il Timone, 66 (2007), pp. 3233], come, per esempio, che è Persona, Onnipotente, Eterno, Infinito, Perfetto, Somma Bellezza, Somma Verità, Somma Bontà, Sommo Amore, ecc.
Perciò il Dio dei filosofi non è inconciliabile con il Dio della fede cristiana, anzi aiuta a comprenderlo e ad esercitare l'atto di fede.
Infatti, la ragione non elimina la fede, bensì la rafforza e la chiarifica aumentandone la comprensione: dunque la fede e la filosofia non si oppongono, bensì realizzano una solidarietà reciproca ed una cooperazione benefica, che reca vantaggio ad entrambe.

 

4) Primo contributo della filosofia alla fede
Abbiamo ricordato un mese fa l'esortazione della Lettera di Pietro a «rendere ragione», cioè a dimostrare ed a difendere, per quanto possibile, la fede. Ebbene, le prove filosofiche dell'esistenza di Dio possono essere proposte anche a colui che non condivide la fede nella Rivelazione, sollecitando in lui l'esercizio di ciò che, invece, ogni uomo possiede, cioè, appunto, la ragione capace di filosofare.
Così, siccome ogni credente ha il dovere, per quanto possibile, di portare la fede in tutto il mondo (<S. Paolo, all'Areòpago di Atene, spiega appunto che il Dio cristiano è conciliabile con quello della filosofia stoica (At 17,22-34). È vero che molti ateniesi si scandalizzano e lo mandano via, ma non per il ragionamento che fa, bensì quando menziona un aspetto della Rivelazione cristiana che è indimostrabile per la filosofia, cioè la resurrezione (soprattutto la resurrezione della carne): un concetto (per vari motivi) inconcepibile per i Greci; d'altra parte, dopo questo suo ragionamento alcuni si convertono: «alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.. (ibidem).
Edith Stein, che arrivò alla conversione anche attraverso una formazione filosofica, dice: «il compito più elevato di una filosofia cristiana è quello di preparare la strada che porta alla fede: appunto per questo stette a cuore a san Tommaso di edificare una filosofia pura sui fondamenti della ragione naturale; solo così si può percorrere un tratto di strada insieme ai non credenti».
Insomma, gli uomini diventano cristiani:
1. a volte perché ricevono la fede da qualcuno che essi amano;
2. a volte perché vengono convinti da dei ragionamenti;
3. a volte per tutti e due questi motivi insieme;
4. a volte per una Rivelazione diretta di Dio Per esempio, S. Agostino si è convertito anche grazie alla lettura dei libri dei neoplatonici; abbiamo già detto di Edith Stein; Janne Haaland Matlary (autrice del libro Una scelta d'amore, Leonardo Mondadori Editore, 2004, prefazione di J. Ratzinger), già Viceministro degli Esteri della Norvegia ed ex agnostica (in certi momenti atea), si è convertita grazie alla filosofia: «Si è trattato di una conversione intellettuale. Durante i miei studi di filosofia mi stavo dedicando all'indagine sulla realtà oggettiva e mi sono imbattuta in Aristotele e San Tommaso d'Aquino. Nel momento in cui ho scoperto il realismo ontologico, ho pure trovato la Chiesa. La fede, naturalmente, è molto più di una semplice posizione filosofica, ma posso dire che senza una presa di posizione simile essa non ha granché senso» (www.magdiallam.it/node/6383); Magdi Allam ha raccontato varie volte che il discorso fatto da Benedetto XVI a Ratisbona sul contributo della filosofia alla fede, nonché la corrispondenza tra Rivelazione e ragione (filosofica), sono stati fondamentali nella sua conversione al cristianesimo.
lo stesso conosco delle persone che sono diventate cristiane attraverso la filosofia (due di esse attraverso il già citato G. Samek Lodovici, L'esistenza di Dio).
Del resto, Gesù convertiva le persone amandole e facendo miracoli, ma anche facendo ragionamenti, sia pur semplici (o anche difficili, come nel vangelo di Giovanni).
E, anche per quanto riguarda i miracoli, la gente credeva a Gesù dopo che egli aveva fatto un miracolo, attraverso la mediazione di un ragionamento (talmente spontaneo da non rendersi conto di farlo): quello che applica il principio di causalità al miracolo e risale dall'effetto (il miracolo) alla causa (Dio). Il ragionamento è il seguente: questo è un miracolo; per compiere miracoli bisogna essere Dio (o essere strumento attraverso cui Dio agisce); dunque Gesù è Dio.

 

5) Secondo contributo della filosofia alla fede
Inoltre, la ricerca filosofica può portare soccorso anche a chi è già credente, giacché anche i più grandi santi (per esempio s. Giovanni della Croce e Madre Teresa di Calcutta) hanno vissuto periodi di aridità spirituale interiore e di incertezza. In simili momenti, la filosofia può sostenere la fede e corroborarla, può contribuire a superare i dubbi, a vincere le incertezze, a perseverare, ecc.
In generale, è vero che è la mozione dello Spirito che porta all'atto di fede; ma questa mozione presuppone che si compia un atto della ragione, che giudica che il contenuto del messaggio cristiano è vero. Altrimenti non potremmo credere, perché nessuno vuole fondare la sua vita sull'errore. È un atto spesso spontaneo, che non ci rendiamo conto di compiere.
E, precisamente a proposito del valore della filosofia, così si esprime Giovanni Paolo II: «La filosofia contribuisce direttamente a porre la domanda circa il senso della vita e ad abbozzarne la risposta: essa pertanto, si configura come uno dei compiti più nobili dell'umanità» (Fides et ratio, § 3).
Dunque, considerati questi due contributi della filosofia alla fede, è molto importante accedere a Dio con la filosofia. Sarebbe insensato rinunciare a fari o solo perché la conoscenza di Dio che si guadagna è inferiore a quella che si ottiene dalla Rivelazione: sarebbe come rinunciare ad un tesoro solo perché è meno prezioso di un altro.

 

6) Contributi della fede alla filosofia
Vediamo adesso gli apporti della fede alla ricerca filosofica.

 

6.1. La Rivelazione valorizza la ragione: dunque, nella nostra epoca, l'indebolimento della fede determina l'indebolimento della ragione, perciò oggigiorno dominano il pensiero debole ed il relativismo, cioè domina la sfiducia nella ragione. La Rivelazione valorizza la ragione:
6.1.1. perché dice che Dio è Ragione-Logas (e Amore), dunque la nostra ragione è un aspetto dell'immagine di Dio in noi;
6.1.2. perché dice che la ragione (come tutte le cose) è creata da Dio, dunque è buona;
6.1.3. perché dice che abbiamo il dovere di far fruttificare tutti i doni che abbiamo ricevuto (cfr. la parabola dei talenti).

 

Anche i Greci hanno valorizzato la ragione, ma solo tra i colti; inoltre, nessuno di loro ha fornito la motivazione 6.1.2., le altre due motivazioni sono state da essi sviluppate di meno (per es. la 6.1.1. da Aristotele).

 

6.2 La Rivelazione anticipa dei temi che la filosofia può conseguire da sola (temi come, per es., la creazione e la gratuità dell'amore).

 

6.3 La Rivelazione è una bussola che consente alla filosofia di orientarsi, quando la filosofia ha sbagliato o corre il rischio di sbagliare. Infatti, quando la filosofia dice

 

qualcosa che va in contrasto con la Rivelazione, ci sono due possibilità:
6.3.1. la Rivelazione è stata mal interpretata, e allora ha ragione la filosofia;
6.3.2. la filosofia sta ragionando male.
Ora, il filosofo deve tenere presente queste possibilità e porsi il dubbio: «sto ragionando in senso contrario alla Rivelazione, è possibile che la Rivelazione sia stata mal interpretata, ma è anche possibile che io stia filosofando male».

 

6.4 La Rivelazione mantiene desto l'anelito della filosofia verso le verità decisive, la ammonisce a non piegarsi agli interessi di parte, a non diventare ideologia, serva del potere e dimentica della verità.

 

6.5. La Rivelazione procede oltre le possibilità della filosofia.

 

Separazione tra fede e filosofia
Piuttosto, la separazione storicamente avvenuta tra fede e filosofia ha prodotto delle gravi conseguenze. Facciamo solo due esempi tratti da Giovanni Paolo Il:
«La ragione, privata dell'apporto della Rivelazione, ha percorso sentieri laterali che rischiano di farle perdere di vista la sua meta finale [cfr. il nostro punto 6.4]. La fede, privata della ragione, ha sottolineato il sentimento e l'esperienza, correndo il rischio di non essere più una proposta universale [cfr. il punto 4.]. È illusorio pensare che la fede, dinanzi a una ragione debole, abbia maggior incisività; essa, al contrario, cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito o superstizione» (Fides et ratio, § 48).

BIBLIOGRAFIA

 

In aggiunta ai testi citati il mese scorso:
Joseph Ratzlnger, Il Dio della fede e il Dio dei filosofi, 1960, tr. it. Marcianum Press, 2007.
Idem, Introduzione al Cristianesimo, 1968, tr. it. Queriniana 1969, 200313 (con un nuovo saggio introduttivo).
Idem, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, 2003, specialmente pp. 141-221.
Idem, Discorso di Ratisbona, 12 settembre 2006.
Idem, Discorso [non pronunciato] all'Università La Sapienza di Roma, 17 gennaio 2008.

 

IL TIMONE  N. 79 – ANNO XI – Gennaio 2009 – pag. 30-31

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