La condanna di un uso illegittimo della sessualità già presente in alcuni filosofi pagani.
Già prima del Cristianesimo, tra i filosofi, soprattutto gli Stoici e i Pitagorici sostenevano che le uniche unioni lecite fossero quelle all'interno del matrimonio e, anche tra queste, esclusivamente quelle finalizzate alla procreazione. Mi sembra tuttavia notevole che i filosofi i quali maggiormente sottolinearono questo aspetto appartengano al periodo in cui incominciava a diffondersi la prima predicazione cristiana: tra : gli Stoici, Musonio, Seneca ed Epitteto, e tra i Pitagorici Sesto.
Musonio Rufo fu uno Stoico romano-etrusco attivo nel I secolo d.C., in età neroniana, soprattutto a Roma, da cui fu esiliato da Nerone proprio quando l'imperatore decise anche la prima persecuzione dei Cristiani: nel 64 una grande moltitudine di Cristiani (multitudo ingens secondo Tacito, Annali, XV 44) fu mandata a morte in modo orribile e spettacolare per ordine di Nerone, con il pretesto di aver provocato l'incendio di Roma. Questo episodio colpì profondamente molti pagani e suscitò la loro commiserazione, come attesta ancora Tacito.
Musonio nelle sue Diatribe si occupa estesamente della famiglia, della santità del matrimonio, della fedeltà e castità richiesta ad entrambi i coniugi, e della necessità di allevare tutti i piccoli generati, condannandone l'uccisione sia prima sia dopo la nascita (in tal caso tramite esposizione e abbandono). Specialmente nella Diatriba XII egli è molto chiaro nell'affermare che le uniche unioni da considerarsi «giuste» (dikaia) sono quelle tra sposi e, tra queste, esclusivamente quelle che mirano non a perseguire il piacere, ma a mettere al mondo un bambino.
Seneca, il massimo Stoico romano del I secolo d.C., come il suo contemporaneo Musonio, lodava l'amore sponsale opponendolo ad altri legami da lui considerati contro natura (Ep. 116,5; 123,15).
Nel suo De matrimonio, pervenutoci grazie a s. Gerolamo, che ne riporta ampi passi nella sua opera Contro Gioviniano, Seneca insisteva precisamente sulla liceità delle sole unioni sponsali e finalizzate alla generazione di bambini, e raccomandava fortemente castità e moderazione agli sposi. Epitteto, che fu discepolo di Musonio, similmente ammetteva come legittime soltanto le unioni matrimoniali e, tra queste, esclusivamente quelle dirette alla procreazione (Diatribe, III 7,21; cfr. II 18,15-18; III 21,13).
Alla tradizione pitagorica sul tema della castità matrimoniale e della liceità delle sole unioni finalizzate alla generazione di piccoli dà voce con particolare chiarezza e decisione il pitagorico Sesto, vissuto nel I o IIl secolo d.C. Sotto il suo nome ci è pervenuta una raccolta di Sentenze che furono molto amate dai Cristiani – sono citate espressamente per la prima volta da Origene di Alessandria, tra II e III secolo – per i loro contenuti particolarmente affini alla morale cristiana, tanto che si è anche pensato ad un autore cristiano, oppure esseno (cioè appartenente alla setta giudaica ascetica degli Esseni), o ad interpolazioni cristiane. Alcuni identificano Sesto Pitagorico con il Neopitagorico Sestio, del I secolo d.C., figlio del Neopitagorico Quinto Sestio. La traduzione latina che di queste Sentenze fece Rufino fu addirittura attribuita, erroneamente, al papa martire Sisto II. In particolare, Sesto (in Sento 231-232E), afferma che «ogni intemperante [akolastos] è l'amante della sua stessa moglie», anziché esserne lo sposo: «non fare mai nulla ai fini del mero piacere [psilêi hedonêi]». Intemperante, secondo Sesto, è precisamente chi persegue soltanto il diletto, senza avere l'intento di procreare.
Non meraviglia che Clemente Alessandrino, coltissimo intellettuale cristiano del Il secolo d.C. e maestro di Origene, condividesse queste posizioni e tenesse Musonio in altissima considerazione. Specialmente nel Pedagogo e negli Stromati, Clemente non esitò ad includere veri e propri estratti dalle diatribe di Musonio, in buona parte riguardanti l'etica familiare, e specificamente il tema della liceità delle sole unioni matrimoniali e procreative. Clemente su questo principio era infatti pienamente d'accordo sia con Musonio sia con Seneca (anche se egli sembra avere conosciuto soltanto il primo, anche perché Seneca scriveva in latino, mentre le Diatribe di Musonio sono state conservate nella redazione greca di un suo discepolo, Lucio, alla quale attingeva Clemente stesso). Clemente, che, a differenza di alcuni eretici del suo tempo, considerava il matrimonio istituito da Dio, purché vissuto castamente e finalizzato non alla passione ma alla comunione e alla procreazione, riprende (in Pedagogo II 10,42) evidentemente da Musonio, ricalcandone perfino le espressioni ad verbum: «Il mero piacere [psilêi hedonêi], anche qualora dovesse essere ottenuto all'interno di un matrimonio [en gamôi], è illegittimo [paranomos], ingiusto [adikos], e irrazionale».
Si confronti la Oiatriba XII di Musonio: «Gli unici tipi di unioni che dovrebbero essere considerate giuste [dikaia, il contrario di adikos], sono quelle che hanno luogo all'interno di un matrimonio [en gamôi] e sono finalizzate alla procreazione di bambini, in quanto sono anche legittime [nomima, il contrario di paranomos], laddove quelle che perseguono il mero piacere [psilè hedoné] sono ingiuste [adika] e illegittime [paranoma], anche qualora dovessero avere luogo all'interno di un matrimonio».
BIBLIOGRAFIA
Ilaria Ramelli, La tematica De matrimonio nello Stoicismo romano: alcune osservazioni, «IIu. Revista de ciencias de las religiones», 5 (2000), pp. 145-162.
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I. Ramelli, Musonio Rufo: Diatribe, frammenti e testimonianze, Bompiani, 2001.
I. Ramelli, Musonio Rufo: Caio, in Enciclopedia Filosofica, nuova edizione, Bompiani, 2006, volo VIII, pp. 7696-7697.
I. Ramelli, Transformations of the Household and Marriage Theory Between NeoStoicism, Middle-Platonism and Early Christianity, in corso di pubblicazione su «Rivista di Filosofia Neoscolastica.
IL TIMONE – N.76 – ANNO X – Sett/Ott. 2008 – pag. 26-27