L’attentatore Ali Ağca, Enrico “Renatino” De Pedis e la banda della Magliana, lo Ior, gli 007, gli inconfessabili “segreti del Vaticano”, la pista londinese, quel sequestro politico e quella del riscatto: e l’elenco sarebbe ancora lungo. A 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di 15 anni sparita a Roma il 22 giugno 1983, le piste battute – e prontamente cavalcate dai mass media – sono infatti innumerevoli e compongono la fitta trama di quello che, non fosse una storia tristemente vera, avrebbe tutte le carte in regola per essere un avvincente «romanzo criminale», dove ombre e depistaggi si accavallano mettendo ai margini la verità dei fatti.
Già, appunto, la verità. Che fine ha fatto davvero Emanuela Orlandi? Dopo che negli ultimi mesi, per questo intricato cold case, è stato chiamato in causa persino Giovanni Paolo II – gravemente calunniato a proposito sue presunte e gravi “abitudini” – il Timone, per il suo Primo Piano di giugno, ha deciso di realizzare un’inchiesta esclusiva su questo giallo. Lorenzo Bertocchi e Giuliano Guzzo hanno ricostruito fatti, ipotesi e indizi, raccogliendo – dopo aver rintracciato “chi c’era” all’epoca nei Sacri Palazzi – testimonianze su ciò che accadeva davvero in Vaticano nel 1983 e su piste anche nuove ora all’attenzione della magistratura vaticana che, con la Procura di Roma, sta indagando sul caso.
Completano il Primo Piano sul caso Orlandi due autori che hanno studiato questa storia scrivendoci dei libri. Intervistato da Lorenzo Bertocchi, Roberto Fagiolo, autore televisivo e collaboratore di Rai Storia – che ha scritto il libro Come svanì Emanuela (ed. Nutrimenti) – esplora tutte le piste principali della vicenda, mettendo in luce quali siano probabili e quali, invece, assurde fantasie, come quelle che coinvolgono Woytila. Dialogando con Giuliano Guzzo, il giornalista Pino Nicotri – autore in oltre 20 anni di ricerche di quattro libri sul caso, ultimo Emanuela Orlandi, il rapimento che non c’è (Baldini+Castoldi) – chiarisce invece le infondate piste sulle tombe: da quella di De Pedis nella Basilica di Sant’Apolllinare, storia assai diversa da come spesso raccontata, a quelle che sul cimitero Teutonico.
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