1. I genitori devono amare i figli, perché chi non si sente amato non riesce ad esplicare le sue capacità fondamentali [il discorso sarebbe lungo, posso fortunatamente rinviare al mio L'uomo viene alla luce in un altro uomo e alla relativa bibliografia, cfr. Il Timone, 76 (2008) pp. 30-31]. Amare significa volere e cercare il bene dell'altro, dunque volere il bene morale (cioè la virtù) dei figli è già una dimensione dell'amore verso di loro. Ma l'amore comporta anche l'espressione di affetto, perciò sono manchevoli quei genitori anaffettivi, che pur vogliono e cercano il bene dei figli, ma sono avari di espressioni affettuose.
2. I genitori devono amarsi, perchè il loro amore reciproco è l'habitat, il clima, l'atmosfera entro cui figli hanno bisogno di crescere. Le conseguenze disastrose sui figli della separazione/divorzio [ho riportato diversi dati al riguardo su il Timone, 63 (2007), pp. 14-15] rappresentano l'apice dei danni provocati dal disamore tra i genitori. Ma determinano conseguenze negative sui figli anche rapporti non conflittuali, bensì semplicemente freddi, tra i genitori.
3. I genitori devono insegnare delle norme morali, ma devono soprattutto essere essi stessi virtuosi, perché la virtù si impara in grande misura per imitazione: è stando insieme ad un modello morale che si impara ad essere virtuosi, così come si impara a cucinare, danzare, giocare a calcio e così via, cioè imitando persone di valore in questi ambiti. Le norme sono secondarie, tanto è vero che un antropologo non impara a comportarsi appropriatamente in una comunità diversa meramente chiedendo quali sono le regole del comportamento, bensì osservando ciò che le persone fanno e, specialmente, osservando che cosa fanno coloro che sono stimati in quella cultura. Del resto, i casi di Budda, Confucio e Cristo ci mostrano che l'esortazione morale, in diverse tradizioni, avviene proprio additando degli uomini esemplari da imitare.
4. I genitori devono anche raccontare storie ai figli piccoli e proporre loro libri della grande letteratura: «è ascoltando storie di perfide matrigne, di re buoni ma mal consigliati, lupe che allattano gemelli, figli cadetti che non ricevono nessuna eredità ma devono farsi strada da soli nel mondo e figli maggiori che dilapidano la loro eredità in un'esistenza dissoluta e vanno in esilio a vivere con i maiali, che i bambini imparano, nel modo giusto o in quello sbagliato, che cosa è essere un figlio e cosa un genitore, quale cast di personaggi ci può essere nel dramma in cui si sono trovati a nascere, e quali sono le strade del mondo. […] aveva ragione quella tradizione morale che, dalla società eroica fino ai suoi eredi medievali, considera la narrazione di storie come una parte fondamentale della nostra educazione alle virtù» (Alasdair Maclntyre, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Armando 2007).
5. Bisogna scegliere una scuola in cui si promuova la ricerca della virtù. Bisogna prestare molta cura nella scelta della scuola, perché essa esercita una notevole influenza nello sviluppo della persona.
I genitori devono scegliere la scuola in cui sia garantita la continuità della loro attività educativa, cioè una scuola che condivida i loro valori, obiettivi e metodi educativi.
6. Devono promuovere il senso critico dei figli, affinché sappiano prendere le distanze dai condizionamenti del mondo, della televisione, dei coetanei, ecc. In altri termini, il senso critico è necessario per potere essere liberi. Per promuoverlo bisogna dialogare pacatamente (senza arrabbiarsi) di tutto con loro, senza demandare alla televisione gli argomenti delicati. Bisogna dialogare progressivamente con loro come con interlocutori adulti, che a volte possono avere ragione più dei genitori stessi.
7. Quando esprimono dei giudizi, i genitori devono evitare di essere manichei: ci sono dei principi e delle verità non negoziabili, ma anche tanti altri temi opinabili, rispetto a cui esistono delle sfumature e delle tonalità (per esempio ci sono tanti modi di vivere la religiosità cristiana, ci sono tanti carismi). In effetti, esistono dei principi morali assoluti (non mentire, non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, ecc.) ma, molto spesso, questi principi non sono sufficienti per agire nel concreto della vita: sono come le località principali su una mappa geografica, che non riporta le località minori.
E la virtù della prudenza (che non è la cautela-circospezione) è appunto la capacità di discernere il bene in una situazione concreta specifica (su questa virtù decisiva cfr. il mio Virtù e ragion pratica, in F. Botturi [a cura di], Prospettive dell'azione e figure del bene, Vita e Pensiero, 2008, pp. 73-97).
8. Quando esprimiamo dei giudizi dobbiamo, inoltre, essere fermi sui principi, ma affettuosi con le persone, di cui non conosciamo la storia, le esperienze, gli incontri, le sofferenze. Del resto, noi non dobbiamo mai condannare nessuno (può farlo solo Dio) e dobbiamo essere cauti nel giudicare le persone.
9. Per promuovere nei figli l'esercizio delle virtù umane e soprannaturali della tradizione classico-cristiana, i genitori devono farli sentire orgogliosi di appartenere a tale grande tradizione:
devono entusiasmarli ad essa, come li entusiasmano quando trasmettono loro le proprie passioni. E per entusiasmarsi (ed entusiasmarli) a questa tradizione, i genitori devono conoscerla per quanto è loro possibile.
10. La cultura radical-libertaria fa spesso leva sul desiderio di trasgressione e di andare controcorrente tipico dei giovani. I genitori possono sfruttare a loro favore questo desiderio dei figli facendo loro notare che, oggi, chi va controcorrente sono i cristiani: gli altri sono spesso burattini delle mode, delle lobby, del conformismo. Oggi la vera trasgressione è vivere cristianamente.
Ancora, si fa leva sul desiderio di libertà, ma la vera libertà non consiste nella trasgressione, bensì nello scegliere il bene. Infatti, la scelta del male è un atto libero all'inizio, però diminuisce la libertà: perciò diventa, gradualmente, un atto sempre meno libero, fino a diventare, alla fine, in certi casi, un atto non più libero. Ciò dipende dal fatto che la ripetizione di atti malvagi ingenera nell'uomo dei vizi, cioè delle disposizioni, delle propensioni a compiere determinati atti malvagi, e queste disposizioni indeboliscono la nostra libertà. Per esempio, compiendo atti di viltà diventiamo sempre meno capaci di essere coraggiosi; agendo da avari diventiamo sempre meno capaci di essere generosi; se ripetiamo atti di pigrizia o di lussuria diventiamo sempre meno capaci di essere laboriosi e temperanti, ecc. Chi asseconda tutti i suoi istinti ed i suoi impulsi finisce in loro balia, diventa loro schiavo (cfr. già Socrate, Platone e Aristotele).
11. Pur facendo leva sul desiderio di andare controcorrente, nello stesso tempo bisogna segnalare che non tutti vivono nel modo rappresentato dai media. Il cristianesimo non è in via di estinzione e, nel mondo, la religiosità è in aumento.
12. Per far apprezzare ai figli il modus vivendi cristiano, bisogna guardarsi dal legalismo e vivere piuttosto per amore: le vere virtù sono espressioni dell'amore e l'uomo veramente virtuoso è più felice del non virtuoso (anche questo tema è immenso e non posso qui dimostrare queste tesi: rimando necessariamente al mio La sintesi filosofica: l'uomo e la felicità, www.centrosturzo.fvg.it/Docu menti/Convegn0131106-SamekGiacomo.pdf ).
13. Per promuovere la virtù dei figli bisogna favorire la loro appartenenza ad un gruppo amicale, associativo, ad una comunità di religione che persegua obiettivi di crescita morale e spirituale.
IL TIMONE N. 81 – ANNO XI – Marzo 2009 – pag. 52 – 53
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