L’inizio dell’avventura musicale di Enrico Ruggeri risale al 1972 quando, studente quindicenne del liceo classico Giovanni Berchet di Milano negli anni della contestazione studentesca, inizia a suonare in cantina con gli amici. Da lì non si è mai fermato e oggi, – oltre a due Festival di Sanremo, vinti nel 1987 con Si può dare di più (insieme a Morandi e Tozzi) e nel 1993 con Mistero – vanta molti premi, avendo ottenuto ben quattro volte il Premio Lunezia. Si tratta insomma di un vero e proprio mito vivente della musica leggera italiana.
Tuttavia, Ruggeri non è solo questo. Negli anni, infatti, ha saputo distinguersi come un artista dalle posizioni scomode e capace – come pochissimi altri, almeno in Italia – il politicamente corretto. Per questo motivo Alessandro Vergni, sulle colonne del Timone di novembre, ha fatto al cantante una lunga e ricca intervista, spaziando dalla cultura dominante all’eclissi del sacro, da aneddoti personali e considerazioni e spunti che tornano particolarmente utili a leggere il presente: e a smascherare le nuove forme di dittatura, invisibile ma non troppo.
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