Un corretto, doveroso dialogo con quanti professano la religione islamica non deve dimenticare le molte differenze dottrinali. Per esempio sulla verità della creazione, dove Bibbia e Corano dicono cose diverse.
Con un certo ritardo ho preso coscienza dell'incontro "di formazione permanente", organizzato dai miei confratelli nel dicembre scorso a Pistoia nel convento di san Domenico. Un incontro di studio sulle due diverse culture monoteistiche principali esistenti nel nostro tempo: "Musulmani e Cristiani: conoscersi per dialogare".
Trattandosi di un dialogo che ha interessato l'Ordine di San Domenico fin dalle sue origini, ossia dal secolo XIII, ho letto le relazioni del dibattito con profondo interesse. E ho ammirato la competenza dei relatori. Ma non posso negare che ho fatto le mie riserve nel constatare che in questo dibattito si è instaurato un clima esageratamente irenico, così da eludere, o per lo meno da emarginare, i temi di fondo in cui i due monoteismi sono radicalmente in contrasto e divisi. Penso infatti che per impostare un vero dialogo con la cultura islamica sia necessario chiarire le divergenze circa temi fondamentali di carattere religioso. Altrimenti il dialogo si riduce a uno scambio di cortesie e di aggiornamenti bibliografici e culturali.
Nelle generazioni passate era ben più marcata la preoccupazione di convincere, ispirata alla missione, ossia alla "carità della verità". Il vero dialogo consiste in un gesto di fraterna amicizia; e tra amici si cerca il chiarimento ad ogni costo, a costo di litigare. Perciò, nel nostro caso, al primo posto, tra monoteisti dobbiamo stabilire quale sia il metodo migliore per depurare il concetto dell'unico Dio Creatore dell'universo da ogni scoria di politeismo. Perciò nel confrontarci con l'lslam noi dobbiamo dire con franchezza che non basta sottolineare il fatto che il Corano insiste nel proclamare l'unicità di Dio a imitazione dell'antico Israele, come facciamo noi cristiani.
Rileggendo con sagacia la descrizione dell'origine del mondo nella Bibbia e confrontandola con il Corano e con il Vangelo si avvertono profonde differenze. Notiamo infatti che secondo Maometto l'intenzione che avrebbe sollecitato Dio a creare gli uomini e gli angeli è un certo interesse del Creatore. È vero infatti che il Corano respinge il culto materiale e sacrificale del paganesimo; però si mostra bisognoso e "goloso" di quello spirituale. «Non ho creato i Ginn e gli uomini [dice Allah], se non perché mi adorino. Da loro non voglio sostentamento… perché è Dio che sostenta» (Corano, LI, 56-58).
In sostanza il motivo che spinse Dio a creare, stando a Maometto, sarebbe stato il desiderio di una corte e di una lode perenne del creato; invece, nella rivelazione ebraica e cristiana il movente della creazione è l'infinita bontà dell'ente supremo. Dio crea per rendere partecipe un immenso esercito di angeli e di uomini al suo bene e alla sua gioia. Già il misterioso Dionigi Aeropagita, aveva scritto nel secolo V: «Bonum est diffusivum sui». E san Tommaso d'Aquino precisa: «Dio mira soltanto a comunicare la propria perfezione che è la stessa sua bontà» (1, q.44, a.4). In altre parole, all'origine del creato c'è l'Amore eterno e gratuito del Creatore.
«L'unica causa che spinse Dio all'atto creativo fu il desiderio di espandere la sua bontà sulle cose create. La natura di Dio infatti, beatissimo in sé, non ha bisogno di nulla" (Catechismo Romano I, n. 26).
Senza elevarsi a questo livello il monoteismo non riesce a sbarazzarsi delle scorie del politeismo e del culto pagano che hanno infestato la cultura di tutti i popoli dell'Oriente e dell'Occidente.
Richiamandoci con una buona metafisica al vero concetto della divinità creatrice, si riesce a disinfestare il mondo, non solo dal politeismo ma persino dall'occasionalismo, cui ha ceduto in una certa misura anche l'lslam.
Fermiamoci per un momento al contrasto relativo alla creazione, data l'indole di questa rivista divulgativa. Ma, per ribadire le nostre riserve sul dialogo interreligioso, senza l'esempio pratico forse possiamo essere fraintesi. In un dialogo degno di questo nome certo noi non possiamo né vogliamo eludere la replica dell'oppositore. Nel caso specifico, quando il Corano ritorce sui cristiani l'accusa di idolatria a motivo della fede nel mistero della SS Trinità, lasciando da parte per il momento altri aspetti del culto cristiano, armati di pazienza noi cristiani dobbiamo qui affrontare l'impresa di illustrare ai nostri fratelli islamici che anche per i discepoli di Cristo in Dio non si possono riscontrare più individui; poiché le tre Persone sono nella sostanza un'unità: sono l'unico Dio. Cosi infatti si esprime il Catechismo del concilio tridentino: «Da quanto abbiamo esposto risulta che dobbiamo confessare l'esistenza di un solo Dio, non di più dèi… È inconcepibile infatti che l'infinito e l'assoluto si riscontrino in più di un soggetto. E se a uno [dei tre] manca qualcosa per raggiungere la perfezione, con ciò stesso è imperfetto né può convenirgli la natura divina. Molti passi della Sacra Scrittura confermano simili deduzioni. Sta scritto infatti: Il Signore Dio nostro è l'unico Dio… (Dt 6,4)… Non avrai altro Dio fuori che me (Es 20,3)… In conclusione la fede cristiana crede e professa un Dio solo nella natura o sostanza…
La fede intende l'unità in un modo tale da venerare l'unità nella Trinità e la Trinità nell'unità». (Catechismo, 1,18).
Evidentemente in Dio la persona non è da identificare con l'individuo. La distinzione suddetta non è cosa di facile comprensione; ma la Sacra Scrittura (la Bibbia del Vecchio e Nuovo Testamento) la impone: è parola di Dio. Allo stesso modo è mistero da credere e non da comprendere l'unione in Cristo delle due nature: umana e divina. È per la fedeltà a questi dogmi di fede che Cristo e i martiri hanno dato il sangue e la vita; ma d'altra parte essi ci offrono la garanzia al negativo che la religione di Cristo trascende ogni elucubrazione e sapienza creata. Credergli non è follia perché la rivelazione è fondata sulla potenza divina.
Durante l'ultima cena, come narra un testimone oculare, l'apostolo Filippo chiese a Gesù di mostrargli il Padre celeste: «Mostraci il Padre e ci basta». Gesù ripose: «È tanto tempo che sono tra voi e voi non mi avete conosciuto? Filippo chi vede me vede anche il Padre» (Gv 14,8ss).
A questo dialogo sconvolgente e sublime segue un fatto ancora più sconvolgente, cioè la crocifissione e la morte di Cristo sul Calvario; ma il primo giorno dopo il sabato Gesù risorge a nuova vita; il suo sepolcro è vuoto e per 40 giorni più volte si mostra ai suoi apostoli e familiarizza con essi. Però, prima di salire al cielo oltre le nubi, lancia il suo piccolo gregge alla conquista pacifica del mondo: «Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Nonostante la persecuzione durata tre secoli, prima che si chiudesse il terzo centenario dell'esecuzione capitale di quel sedicente "Re dei giudei", i suoi discepoli avevano pacificamente conquistato un impero e dilagavano oltre i suoi confini. Poche decine di uomini l'avevano visto risuscitato (500 persone a detta di Paolo); ma al miracolo di tale conquista si sono arresi i popoli più colti e numerosi dell'epoca. Già. I miracoli: che c'entrano i miracoli? , Il Corano ha riconosciuto quelli di Cristo (Corano III,49; V, 110). La loro inoppugnabile verifica che dimostra l'intervento di Dio nella storia dell'umanità non dipende dalla fede, ma spesso ad essa ha aperto le porte del cuore e della mente fin dall'epoca degli apostoli. E nel cristianesimo i fatti prodigiosi non sono mai mancati: dalla gloriosa risurrezione di Cristo alle vicende della devozione mariana di questi ultimi due secoli, nonché a quelli più recenti che emergono dallo studio e dalle verifiche per la canonizzazione dei santi.
L'lslam non ha mai potuto trovare un motivo serio che valga a giustificare l'assenza di conferme preternaturali e divine in suo favore.
Discutere un tema di questo genere allungherebbe di troppo il nostro dialogo.
Speriamo che il Signore Onnipotente e Misericordioso continui a dialogare anche con questa nostra generazione mediante quei fenomeni sconvolgenti della sua onnipotenza, argomenti ben più validi dei nostri discorsi.
IL TIMONE N. 70 – ANNO X – Febbraio 2008 – pag.50-51