Le dimissioni di Giovanni Leone nel 1978 sotto la pressione di accuse concentriche di favoritismi e malcostume furono l’episodio simbolico di tale passaggio storico. E l’elezione quasi plebiscitaria dell’outsider Sandro Pertini rappresentò il debutto di una nuova figura di Capo dello Stato, più presenzialista, tendente a differenziarsi dalla classe partitica per porsi dalla parte della «gente comune». Una figura portata poi alle estreme conseguenze nell’ultima fase della presidenza di Francesco Cossiga, quella detta del «picconatore», in cui il Capo dello Stato assunse su di sé esplicitamente la funzione di “fustigare” il ceto politico e promuovere, provocando veementi reazioni, una complessiva riforma delle istituzioni.
Dopo il collasso del sistema dei partiti nel biennio 1992-1993, nel nuovo quadro politico tendenzialmente bipolare segnato dal nuovo sistema elettorale semi-maggioritario e dalla polarizzazione provocata dall’ingresso in politica di Silvio Berlusconi il peso politico del Capo dello Stato continuò a crescere. In un clima di contrapposizione e delegittimazione radicale, al cospetto di forze politiche non più solide ma «fluide», l’inquilino del Quirinale sempre più si andò configurando non certo come un «notaio»…
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