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Casti quel che costi
31 Gennaio 2014

Casti quel che costi


 

 

 

Uno studio americano dimostra che l’educazione all’astinenza è più efficace nel prevenire le gravidanze delle adolescenti. Mentre la distribuzione dei profilattici sta avendo risultati disastrosi. Eppure l’amministrazione Obama cancella i fondi per i programmi basati sull’astinenza.
E nel Regno Unito le cose non vanno meglio


 

L’educazione all’astinenza è la migliore forma di prevenzione delle gravidanze delle adolescenti e del dilagare delle malattie sessualmente trasmesse. Sembra essere questa la “nuova” scoperta negli Stati Uniti, dopo anni di programmi di educazione sessuale che incentivano l’uso degli anticoncezionali. In effetti così la presenta un articolo del Washington Post del 2 febbraio scorso, citando una ricerca i cui risultati sono stati appena pubblicati dalla rivista scientifica Archives of Pediatric & Adolescent Medicine.
La pubblicazione si basa su una ricerca condotta tra il 2001 e il 2004 tra 662 studenti afro-americani di quattro diverse scuole (l’età è quella delle nostre medie inferiori) in Pennsylvania. I ragazzi potevano scegliere tra diversi “pacchetti” educativi: uno basato sull’astinenza e sul come ritardare l’età dei primi rapporti sessuali; un altro basato sul “sesso sicuro”; un altro ancora che univa entrambi gli approcci; un ultimo che puntava su altri modi per vivere bene, dal cibo allo sport. Il risultato è stato che nei due anni successivi alla fine del corso, a iniziare l’attività sessuale sono stati il 33% dei ragazzi del primo gruppo (quello dell’astinenza), contro il 52% del gruppo del “sesso sicuro” e il 47% degli altri due.
Il risultato parla da solo e il Washington Post lancia dunque il dibattito, perché caso vuole che l’amministrazione Obama abbia appena eliminato il finanziamento federale dei programmi basati sull’astinenza, pari a 170 milioni di dollari l’anno, per girarli ai programmi di educazione sessuale chiamati “comprensivi”.
La questione non è di poco conto perché negli Stati Uniti stiamo parlando di una vera e propria emergenza nazionale. È il Paese del mondo industrializzato con il più alto tasso di gravidanze delle adolescenti nonché di malattie sessualmente trasmissibili. Secondo i dati diffusi dal Dipartimento della Sanità, il 34% delle donne ha almeno una gravidanza prima dei venti anni di età: le gravidanze delle minori sono circa 820mila l’anno (la metà delle quali termina con un aborto), di cui circa l’80% con ragazzi non sposati. La percentuale maggiore si ha tra le ragazze ispaniche e afro-americane. I costi per lo Stato sono enormi: solo per le gravidanze delle adolescenti si stima una spesa annua di 7 miliardi di dollari, a cui si devono aggiungere tutta una serie di disastrose conseguenze sociali: l’abbandono della scuola da parte delle baby-mamme (circa il 65% non arriva neanche al diploma), il ricorso all’assistenza sociale (80%), peggiori condizioni di salute e di sviluppo dei figli, più propensi a problemi di droga e alcol nonché a finire nel giro della criminalità (+13% rispetto alla media).
Ciò che appare curioso è che lo studio in questione venga presentato come “il primo” che dimostri l’efficacia dei programmi basati sull’astinenza. In realtà, di studi del genere ne erano già stati pubblicati diversi negli anni passati, anche perché negli Stati Uniti le associazioni e le scuole che promuovono programmi di educazione sessuale basati sull’astinenza sono numerosi, al punto che dal 2004 si celebra ogni 12 febbraio la Giornata Nazionale della Purezza, organizzata dal Liberty Counsel, cui partecipano oltre 300 scuole secondarie e collegi sparsi in 44 Stati. «Il nostro messaggio è controcorrente – ha dichiarato uno degli organizzatori –. La cultura dominante dice ai ragazzi di fare ciò che vogliono, basta che usino il preservativo. Il risultato di questo approccio lo si può vedere nell’impennata dei tassi di malattie veneree, di aborti delle adolescenti e di nascite fuori dal matrimonio; per non parlare degli alti tassi di depressione e di malattie mentali nei giovani».
Parole confermate da studi precedenti, come si accennava prima. Il più completo è sicuramente quello presentato nel novembre 2007 dall’Institute of Research and Evaluation di Salt Lake City (Utah), dopo uno studio di 15 anni sul comportamento di oltre 400mila adolescenti in 30 differenti Stati. Questo studio – “Astinenza o educazione sessuale comprensiva?” – dimostra anzitutto i risultati fallimentari di una educazione che si basa sulla distribuzione del preservativo, a cominciare dalla definizione di “sesso sicuro” che trae in inganno i giovani: il profilattico infatti non è garanzia totale né nella trasmissione di malattie né nella prevenzione della gravidanza.
E inoltre, sottolinea lo studio, «il preservativo non può nulla contro i danni emotivi provocati dall’attività sessuale precoce e fuori dal matrimonio». È questa un’affermazione tanto più comprensibile quando si mette in risalto che tra le ragazze che hanno avuto il primo rapporto a 13-14 anni ben 4 su 10 lo hanno fatto contro la propria volontà, percentuale che resta comunque alta (9%) anche tra donne della fascia 18-24 anni.
La ricerca mette in evidenza che programmi di educazione all’astinenza possono ridurre l’attività sessuale degli adolescenti fino al 50%, e i programmi più efficaci sono quelli che «sottolineano il rischio di un’attività sessuale prematrimoniale, educando alla responsabilità e all’autocontrollo».
A questo proposito è interessante notare che la Conferenza episcopale statunitense nel novembre 2007 ha lanciato un programma di “educazione alla castità” da introdurre in tutte le scuole cattoliche del Paese. La specificità di questo programma sta proprio nella propositività, in quanto «l’educazione alla castità è molto più di un richiamo all’astinenza» perché riguarda la globalità della persona ed è basata su «fede, virtù e vita morale». Un secondo punto importante è nella sottolineatura del «ruolo primario dei genitori nell’educazione dei figli alla sessualità umana». Nella scuola e nella parrocchia dunque «gli altri educatori esercitano la loro responsabilità in nome dei genitori e con il loro consenso e autorizzazione».
Ad ogni modo i dati sui disastrosi risultati dell’educazione sessuale basata sul profilattico trovano conferma nell’esperienza del Regno Unito, dove un progetto del governo da 6 milioni di sterline si è risolto con un raddoppio delle gravidanze delle adolescenti. Il Regno Unito ha il più alto tasso in Europa di gravidanze di adolescenti e il governo britannico da anni investe milioni di sterline in programmi di educazione sessuale che iniziano sempre più presto. Tra il 2004 e il 2007 ha sperimentato in 27 contee un programma importato dagli Usa destinato a ragazzi tra i 13 e i 15 anni. I risultati – presentati nel luglio 2009 sulla rivista British Medical Journal – dimostrano che «tra le ragazze, quelle che hanno partecipato al programma, hanno registrato un maggior numero di gravidanze, hanno avuto mediamente rapporto sessuali più precoci, maggiori probabilità di diventare madri così come di abbandonare la scuola».
Allo stesso tempo statistiche fornite dal governo dimostrano che dopo decenni di programmi di educazione sessuale combinati con l’ampia disponibilità di servizi per l’aborto, oltre la metà dei bambini concepiti da adolescenti in Gran Bretagna vengono abortiti (nel 2008 oltre 20mila aborti su circa 40mila gravidanze in ragazze minorenni).
Eppure l’evidenza della realtà non sembra neanche minimamente scalfire le convinzioni di chi governa.

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 91 – ANNO XII – Marzo 2010 – pag. 18 – 19

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