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22.12.2024

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Benedetto XIII
31 Gennaio 2014

Benedetto XIII

 

 

Frate domenicano, di animo generoso, umile e semplice, conserva uno stile di vita ascetico anche da Papa.
Grande zelo per il bene delle anime, riforma in profondità i costumi ecclesiastici, ma non riesce a realizzare una politica efficace anche a causa di collaboratori poco fidati.


 

 

Nome: Pietro Francesco Orsini
Data nascita: 2 febbraio 1649
Elezione: 29 maggio 1724

Incoronazione: 4 giugno 1724
Durata: 5 anni, 8 mesi, 23 giorni

Data morte: 21 febbraio 1730

Sepolto: S. Maria sopra Minerva, Roma

Posizione cronologica: 245

 

Chi pretende che la Chiesa debba essere povera per essere più credibile nell'annuncio del Vangelo, si dimentica che la forza missionaria è data prima di tutto dall'azione nascosta, ma reale, di Gesù Cristo e, in seconda battuta, dalla coerenza di vita unita a Dio del testimone, la cui povertà è essenzialmente spirituale così da poter disporre dei beni materiali con il necessario distacco del cuore. Queste peculiarità si possono esercitare anche da Papa, senza farsi ammaliare o corrompere dallo sfarzo della Sede vaticana, come dimostra l'austero e ascetico Benedetto XIII, un frate domenicano che anche da Papa non rinuncia alle intense pratiche di pietà proprie dell'Ordine di S. Domenico. Questa coerenza di vita lo fa essere credibile ed instancabile annunciatore di Cristo, unica preoccupazione del suo pontificato tutto pastorale.
Pietro Francesco Orsini nasce il 2 febbraio 1649 a Gravina in Puglia, primogenito della blasonata famiglia degli Orsini che annovera tra i suoi antenati due Papi e numerosi cardinali. Presto manifesta la vocazione al monachesimo, ma la famiglia lo contrasta duramente, ricorrendo addirittura a papa Clemente IX (1667-1669). Tuttavia, Pietro Francesco svolge il periodo di noviziato rapidamente, entrando nel convento domenicano di Venezia nel 1668. In quest'occasione rinuncia ufficialmente alla primogenitura (ed ai benefici connessi) assumendo il nome di Vincenzo Maria.
Appena ventitreenne è nominato cardinale da Papa Clemente X (1670-1676), ma la sua indole incline all'umiltà lo porta a rinunciarvi per ben tre volte.
Solo l'intervento diretto del generale dei Domenicani gli fa accettare l'investitura in virtù del voto di obbedienza. Pietro accetta senza però rinunciare all'abito domenicano.
Predilige la cura d'anime più che gli impegni di curia. Pertanto, quando nel 1675 Clemente X lo designa vescovo, Pietro Francesco sceglie come sede la povera e bisognosa Manfredonia invece della più prestigiosa Salerno. Darà comunque prova di notevoli capacità organizzative e di governo quando è costretto a trasferirsi nell'arcidiocesi di Benevento per motivi di salute. Vi rimarrà 38 anni, meritandosi l'appellativo di "secondo fondatore di Benevento" per il vigore pastorale della sua opera (visita quindici volte l'intera circoscrizione vescovile) e per le migliorie apportate all'intera diocesi.
Il conclave riunitosi dopo la morte di Innocenzo XIII (1721-1724) elegge unanimemente, dopo due mesi di riunione, il cardo Orsini, ma egli "coerentemente" rifiuta la nomina. Deve intervenire ancora una volta il generale dell'Ordine domenicano ad "imporgli" la regola dell'ubbidienza. Pietro diventa così papa Benedetto XIII, eliminando nel computo cronologico dei papi lo scismatico "antipapa" di obbedienza "avignonese" Benedetto XIII, al secolo Pedro de Luna.
A quel punto la Santa Sede ha come guida un frate il cui obiettivo principale è il recupero della dimensione spirituale del suo ministero, dopo papi più dediti all'esteriorità e alla politica che alla pietà. A 75 anni l'energia non è diminuita: lavora incessantemente, convinto che un papa debba morire con il piviale indossato. Sua prima preoccupazione è dare pieno compimento ai decreti del Concilio di Trento. Tiene in grande considerazione la dignità sacerdotale, che cerca di valorizzare imponendo maggiore disciplina e austerità di vita. Si pronuncia più volte contro il lusso dei sacerdoti e dei cardinali, proibendo loro l'uso degli abiti civili. Inoltre, riprova parrucche e barbe alla moda dei preti, dando regole precise circa il taglio dei capelli che devono mettere in evidenza la "chierica". Per i consacrati che si macchiano di reati gravi, istituisce la casa di pena di Corneto.
Di media statura, dall'espressione severa e ascetica, il volto macerato e gli occhi neri, non cessa di indossare l'umile veste domenicana, rifiutando qualsiasi atteggiamento pomposo. Quotidianamente esce senza troppo seguito (un solo cappellano) recitando per strada il rosario; spesso amministra i sacramenti personalmente. Partecipa a moltissime funzioni religiose: durante la Settimana santa vi si dedica anche fino a sette ore consecutive. Insegna il catechismo ai bambini e serve personalmente alla propria mensa i poveri. Introduce l'uso obbligatorio a scadenza periodica della visita ad limina Apostolorum che tutti i vescovi della Chiesa sono tenuti a compiere a Roma. Istituisce diversi istituti religiosi (tra cui i Passionisti), promuove l'attività missionaria dei Gesuiti in India e dei Carmelitani in Cina e canonizza in un'unica celebrazione dieci santi (tra cui S. Giovanni della Croce). Durante il pontificato consacra circa 400 chiese.
Per il 1725 indice il Giubileo che vorrà caratterizzato da austerità e pratiche penitenziali. Lui stesso dà l'esempio, viaggiando su modeste carrozze e salmodiando in continuazione. Preferisce dimorare in Vaticano così da poter accedere più facilmente a S. Pietro per le funzioni, invece di risiedere, come suggeritogli dai medici, al Quirinale, più salubre, ventilato e maggiormente distante dal Tevere. Durante il Giubileo vieta il carnevale, le feste, i cortei troppo sfarzosi e il gioco del Lotto.
È facile intuire come molti romani (in particolare i negozianti) non gradiscano questo clima austero, poco favorevole al commercio. Per questo, la morte di Benedetto XIII sarà accolta da molti come una liberazione.
Altro motivo che non farà troppo rimpiangere Benedetto XIII è la sua scarsa competenza politica sia nei rapporti con gli Stati, sia nella distribuzione delle cariche, assegnate senza tener conto degli interessi dei molti "affaristi" presenti in curia. Rifiuta pratiche nepotistiche, ma accorda eccessiva fiducia, nonostante le avvertenze di alcuni consiglieri, al cardinale Niccolò Coscia, un faccendiere losco e subdolo che abilmente acquista nel tempo una notevole influenza nel governo della Chiesa. La debolezza della politica di Benedetto XIII, preoccupato soprattutto di appianare i contrasti per favorire le attività pastorali, è determinata non solo dalla sua scarsa attitudine all'arte del governo, ma anche dai consigli insinceri dei collaboratori. Indicativa è la vicenda che vede Benedetto tentare di risolvere il contenzioso sorto da tempo tra la Santa Sede e Vittorio Amedeo Il di Savoia (1675-1730) per l'investitura della Sardegna, di cui Amedeo rivendicava per sé la sovranità esclusiva. I collaboratori di Benedetto, prezzo lati dal Savoia, circuiscono il Papa al punto da far accordare ai piemontesi eccessive concessioni in materia d'immunità e di giurisdizione ecclesiastica, provocando lo sdegno di molti.
Colpito da un grave forma influenzale, Benedetto muore il 21 febbraio 1730. Nonostante la notizia sia rimandata di qualche giorno per evitare tumulti, il livore dei fedeli soprattutto nei confronti del Coscia e degli altri amministratori corrotti si riversa nelle strade con manifestazioni violente.

IL TIMONE – N.68 – ANNO IX – Dicembre 2007 – pag. 54-55

 

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