1. Le conseguenze delle azioni possono essere illimitate o ripercuotersi per secoli. Ad es., le conseguenze della decisione di Cesare di varcare il Rubicone si ripercuotono anche oggi, e di esse fa parte anche il fatto che questo articolo ne stia parlando. Si pensi alle conseguenze di invenzioni come la scrittura, la stampa, il computer, ecc. Ma anche atti di personaggi più ignoti possono avere ripercussioni illimitate: per es., la scelta di sposarsi di un antenato di Cesare, ha avuto per conseguenza la nascita di Cesare.
Inoltre, qualsiasi azione può potenzialmente avere effetti illimitati, perché produce in chi la compie una propensione a compiere atti dello stesso genere: se io mento di frequente genero in me, progressivamente, la propensione ad essere sovente bugiardo. Ebbene, ogni propensione influenza il nostro agire nei rapporti con gli altri, perciò qualsiasi azione influenza gli altri e, attraverso gli altri, o magari direttamente, può influenzare coloro le cui azioni hanno effetti duraturi. Pertanto, visto che le conseguenze dei nostri atti possono essere illimitate, se ne possono prevedere ben poche.
Ora, per il consequenzialista è giusto assassinare un innocente (o clonare una persona, ecc.) se ciò consente di salvare un milione di persone, perché le conseguenze dell'assassinio di una persona sono globalmente migliori della morte di un milione di uomini. Ma come si fa a prevedere il futuro? Quest'uomo che viene ucciso, in futuro avrebbe potuto scoprire il vaccino per il cancro, salvare una nazione da una catastrofe, ecc., o influenzare, in qualche modo, colui che, grazie a questo influsso, avrebbe potuto scoprire il vaccino contro il cancro o salvare un'intera nazione, ecc.
Dunque, il consequenzialismo è impraticabile, per due ragioni.
a) Perché esige che l'uomo preveda il futuro.
b) Perché assegna all'uomo una responsabilità simile a quella divina, in quanto lo rende responsabile di tutto ciò che accade nel mondo come conseguenza delle sue azioni e delle sue omissioni, fino alle loro estreme propaggini.
Perciò alcuni consequenzialisti restringono la responsabilità morale alle sole conseguenze previste. Tuttavia, a che titolo è giustificabile questa restrizione? Dal punto di vista consequenzialista solo se e dopo aver calcolato che essa produce il miglior risultato possibile nel corso dei secoli. Ma, ancora una volta, ciò richiede la capacità di conoscere il futuro.
Tuttavia, anche prescindendo da ciò, emergono ulteriori problemi.
Se si restringe la responsabilità morale alle conseguenze previste dell'azione, l'esito diventa inaccettabile: l'ignoranza circa le conseguenze degli atti toglierebbe la responsabilità e non ci sarebbe un difetto di previsione dovuto a negligenza. Ad es., un chirurgo che fa morire un paziente, in quanto non ha previsto le conseguenze delle sue azioni perché non ha studiato a sufficienza anatomia, non sarebbe imputabile della morte del paziente.
E se il consequenzialista restringe la responsabilità alle conseguenze prevedibili, viene da chiedergli: quali sono le conseguenze prevedibili? Sono quelle che si possono prevedere? Ma così la questione è soltanto spostata e non risolta, perché insorge un'altra domanda: quali sono le conseguenze che ogni uomo, che è diverso dagli altri (per esperienza, per intelligenza, ecc.), può prevedere?
È vero che i calcoli degli effetti dei nostri atti noi li facciamo quotidianamente, ma il problema dell'erroneità dei calcoli è decisivo solo per il consequenzialismo, secondo cui la bontà/malvagità degli atti dipendono del tutto dalla previsione delle loro ripercussioni. Invece, se la bontà/malvagità risiedono nell'atto stesso, chiunque può saperlo prima di fare qualsiasi calcolo.
Insomma, una teoria etica non deve trascurare le conseguenze degli atti, ma nemmeno riporre tutta la valutazione morale su di esse: deve giudicare la moralità intrinseca degli atti, vietare sempre quelli malvagi e, poi, può cercare di valutare le conseguenze.
IL TIMONE – N. 68 – ANNO IX – Dicembre 2007 pag. 32-33
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