[Gli autori degli articoli sono un ricercatore presso uno dei più importanti atenei tecnici italiani e uno stakeholder del settore energetico legato all’automobile con quindici anni di esperienza a livello internazionale]
Il tema della mobilità elettrica costituisce la punta dell’iceberg di un sistema complesso, che cela interessi economici ramificati, insieme a dinamiche politiche che non si svelano nella loro interezza. Molti interrogativi si pongono quindi alla nostra attenzione. Come quelli posti anche dagli amministratori delegati di Toyota e Bosch.
Ragionando “a monte” (sulla catena di approvvigionamento), la prima domanda che emerge riguarda la fornitura di energia: l’industrializzazione dei veicoli elettrici è un processo fortemente energivoro, che non può essere alimentato dalle attuali potenze installate. Per migliorare gli aspetti di sostenibilità, la narrativa dominante promuove la migrazione a fonti alternative (quali l’eolico e il solare), che tuttavia presentano insormontabili problemi di variabilità e rendimento (si pensi a quanto accaduto in Texas, dove gli estesi ammanchi di energia nelle scorse settimane sono stati appunto attribuiti a una squilibrata adozione di queste fonti).
Diventa allora necessario potenziare la produzione di energia secondo le tradizionali modalità (essenzialmente termoelettrica e carbone, con idroelettrico e nucleare a complemento), situazione che richiederebbe investimenti nell’ordine di centinaia di miliardi in… [per leggere l’approfondimento acquista Il Timone di giugno o abbonati]
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