Quando S., avvocato di Stoccolma, – esperto di public policy e attivo nel mondo dell’associazionismo politico e culturale – ci ha portati a spasso per la superdemocrazia umanitaria non ha potuto non raccontarci prima l’effetto collaterale rispetto ai tanti sintomi di una nazione malata. Il grande nord, quello pulito, quadrato, verde, duro, a settembre per la prima volta ha abbandonato il cosiddetto “slentrian vote” (il voto abituale) per suonare il campanello d’allarme di un cambiamento epocale.
S., che preferisce non essere citato con il suo vero nome perché personaggio noto, ci racconta di come persino i media di sinistra siano costretti a non poter più evitare di raccontare la «nuova era politica svedese». Ma il silenzio della stampa «è stato sorprendente finora»…
Un Paese adesso alle prese con una nuova generazione che esprime le due anime in conflitto: da una parte c’è Greta Thunberg (a sinistra nella foto), assuefatta da un’ideologia che ha plasmato nei decenni la Svezia, dall’altra Izabella Nilsson Jarvandi (a destra nella foto), espressione di un malcontento che forse sta sfuggendo al controllo politico…
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