Con Alessandro VII (1655-1667) inizia il periodo dell’egemonia francese
sul papato. Uomo di eccellente cultura e rettitudine personale, guidò la Chiesa in un periodo difficile, successivo alla pace di Westfalia del 1648.
Il suo è stato un pontificato pastorale più che politico
Alessandro VII (1655-1667) si distingue per qualità intellettuali e morali. È un pastore attento alla difesa della fede (conferma la condanna del Giansenismo) e un grande mecenate, che ama intavolare intensi dibattiti con artisti, intellettuali e scienziati. A lui si deve la valorizzazione della Biblioteca Vaticana, la realizzazione dell’Archivio della Segreteria di Stato, che in seguito diventerà il celebre Archivio Segreto, e l’istituzione presso la Sapienza di sei nuove cattedre.
Considera la città di Roma come una permanente raffigurazione della magnificenza della Chiesa e del papato e per questo incoraggia molto la produzione artistica. Grande estimatore del Bernini, gli commissiona la Scala regia in Vaticano, ma soprattutto gli fa realizzare due capolavori straordinari: la cattedra di S. Pietro, posta nell’abside della basilica fra il 1656 e il1665, e il celeberrimo colonnato di piazza S. Pietro, composto da 96 statue.
Generoso e umile, anche da papa non dimentica la fragile condizione umana; si racconta che subito dopo l’elezione ordina al Bernini una bara da tenere nella sua camera come monito contro la superbia.
Inizialmente Alessandro ripudia con avversione ogni forma di nepotismo, al contrario di molti papi del suo periodo, ma in seguito cederà, anche se entro precisi limiti, ai favori verso i famigliari a causa delle insistenze dei cardinali e dopo la delibera del concistoro del 1656 che, insieme all’opinione d’insigni teologi, afferma la non peccaminosità della pratica nepotistica.
Fabio Chigi nasce a Siena il 13 febbraio 1599. Durante l’infanzia è colpito da una paralisi che sembra compromettergli la vita. I primi rudimenti di istruzione li riceve dalla madre dopo che a soli dodici anni perde il padre. Da subito mostra grandi abilità mnemoniche e d’intelligenza; riesce a ricordare ciò che legge anche solo una volta.
Ha una particolare predisposizione per la letteratura: compone alcune poesie inserendosi precocemente in diversi ambienti culturali. Senza tralasciare la preghiera, cui mostra da subito grande propensione, si laurea brillantemente a vent’anni in filosofia, l’anno dopo in diritto e a ventisei in teologia.
Con la nomina come referendario della Segnatura di Grazie e giustizia nel 1629, inizia una brillante carriera ecclesiastica. Nel 1635 è consacrato vescovo di Nardò in Puglia, quindi nunzio a Colonia, carica che conserva per ben tredici anni.
Nel 1643 è nominato da papa Urbano VIII (1623- 1644) delegato straordinario a Munster, dove nel 1644 si distingue nelle trattative per porre termine alla Guerra dei Trent’anni. Non firma i trattati di Westfalia del 1648, difendendo con forza i diritti della Chiesa che in quella assise vengono lesi soprattutto dai prìncipi cattolici di Germania e Spagna a favore dei protestanti.
Questa dura presa di posizione, ufficializzata da una bolla di protesta di Innocenzo X, sancisce di fatto l’esclusione del papato dal ruolo di protagonista dalla scena politica internazionale, non accettando la nuova logica in cui la ragione degli Stati, sempre più “assoluti” e laicisti, deve prevalere sui precetti morali e religiosi. Ha così inizio il difficile periodo dell’egemonia francese sulla Chiesa che, anche per il mutato atteggiamento di molti governanti sempre più sprezzanti verso l’autorità petrina, costringe il Vaticano a ritagliarsi un ruolo di più basso profilo nelle relazioni diplomatiche (l’istituzione del “diritto di veto”, ossia la possibilità d’intervento dei rappresentanti delle nazioni nei conclavi, è uno degli effetti di quegli anni).
Quando ritorna in Italia, papa Innocenzo X (1644-1655) vuole con sé Fabio Chigi come Segretario di Stato prima di nominarlo cardinale nel 1652. È eletto papa il 7 aprile 1655, nonostante la forte opposizione del potente cardinale Giulio Mazzarino (1602-1661), dopo un conclave durato ben ottanta giorni. Sceglie il nome Alessandro in ricordo del suo grande predecessore Alessandro III (1159-1181) anch’egli originario di Siena.
Il neopapa ha cinquantasei anni e dà subito esempio di vita rigorosa e raccolta, assolvendo con impegno e tenacia il suo ministero, nonostante la salute cagionevole.
Iniziano i problemi con la Francia che spesso ostacolerà la politica di Alessandro soprattutto nella realizzazione di una Lega di potenze cattoliche per contrastare i sempre minacciosi Turchi. Con l’arrogante “Re Sole” Luigi XIV (1638-1715), si giunge al conflitto aperto nell’agosto del 1662, quando un soldato pontificio è ingiuriato e malmenato da alcuni soldati francesi presenti a Roma al seguito del duca di Créquì, ambasciatore della Francia presso la Santa Sede. Le forze del Papa reagiscono con veemenza (un paggio di corte rimane ucciso) assaltando il palazzo dell’ambasciatore e minacciandone l’incolumità.
La reazione è certamente eccessiva, ma l’atteggiamento borioso e arrogante tenuto dal duca di Créquì ha contribuito a inasprire i rapporti fin dal suo arrivo a Roma. Nonostante la Curia istituisca subito una commissione d’inchiesta per chiarire le responsabilità e punire i colpevoli, l’ambasciatore con sprezzo e villania si allontana da Roma senza attendere il risultato dell’indagine, annullando in questo modo ogni possibilità di conciliazione. In aggiunta, Luigi XIV occupa Avignone e il contado Venassino, minacciando di invadere lo Stato pontificio da un momento all’altro. Rimasto isolato, il Papa si vede costretto ad accettare le umilianti condizioni della pace di Pisa il 12 febbraio 1664, imposte della corona francese: al fine di riottenere il contado Venassino e Avignone deve inviare a Parigi il cardinale nipote Flavio Chigi per chiedere pubblicamente scusa al re.
Grande impegno il Papa profonde nell’attività missionaria, sua grande passione fin dall’età giovanile.
Accentra le iniziative sulle direttive della Congregazione Propaganda Fide, dando una linea meno aggressiva alle attività evangelizzatrici, che non devono imporre gli usi occidentali quanto piuttosto portare la fede in Cristo, accogliendo, per quanto possibile, i riti e gli usi indigeni (come i “Riti cinesi” ai quali concede il beneplacito).
Un avvenimento che ridona un certo prestigio al papato è la conversione al cattolicesimo della principessa di Svezia Cristina (1632-1654) figlia del protestante Gustavo Adolfo (1594-1632). Il 3 novembre 1655, Cristina dichiara formalmente la sua adesione alla Chiesa cattolica rinunciando di fatto alla corona svedese. Decide di stabilirsi a Roma, aggiungendo pregio alla città, ma anche un certo subbuglio dati i suoi frequenti capricci mondani.
Nel 1656 si diffonde una terribile epidemia di peste che provoca circa ventiduemila morti solo a Roma. L’impegno del Papa per cercare di limitarne gli effetti letali è encomiabile e coraggioso. Gira a piedi per le vie della città per confortare con elemosine e aiuti concreti gli appestati, senza timore di contagio.
Muore il 22 maggio 1667, colpito dal “mal della pietra”, come si diceva allora per intendere la calcolosi renale e biliare.
IL TIMONE N. 90 – ANNO X II – Febbraio 2010 – pag. 54 – 55
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