«Assisto al miracolo delle loro vite e sono chiamato a farle crescere, dando spazio, in una sorta di grembo paterno». Così Alessandro D’Avenia, il professore più famoso (e affascinante) d’Italia. Con L’appello, il suo nuovo romanzo uscito per Mondadori, lo scrittore-insegnante palermitano torna a raccontare il suo mondo, quello della scuola, come fece dieci anni fa con Bianca come il latte, rossa come il sangue, romanzo d’esordio da oltre un milione di copie. In questa densa intervista D’Avenia squaderna molti dei suoi temi più cari: dai suoi amati alunni alla sua superba ossessione per i nomi, da don Puglisi (e il suo killer) alla piaga del politically correct, da Dante al segreto del “giovane ricco”, dall’“inverno demografico” al professore cieco del suo nuovo romanzo.
«I ragazzi li raggiungi solo se li ami». D’Avenia, lei ha risposto così a chi le chiedeva come raggiungere gli alunni attraverso lo schermo. Anche don Bosco ripeteva che «l’educazione è questione di cuore». Quando si capirà questa semplice verità?
«La verità prima la si vive e poi la si capisce. Non ami una persona dopo che te l’hanno spiegata, la ami perché te ne prendi cura, esci dal tuo ripiegamento egocentrico e rischi, ti metti in gioco, ci lasci la pelle… All’inizio fa paura, ma se provi, scopri che ti torna tutto con gli interessi, e allora “capisci”, in carne e spirito, la verità. Il Verbo non ci ha fatto una lezioncina, si è incarnato… (per leggere l’intervista acquista Il Timone o abbonati)