(Washington DC) – Oltre alla politica, alla comunicazione, allo spettacolo, la cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti è prima di tutto una liturgia. E, come ogni liturgia che si rispetti, è scandita da momenti precisi. Ciò che colpisce di più è la centralità che l’aspetto religioso ha nella cerimonia di insediamento inteso in un duplice senso. Da un lato una religiosità cristiana nelle parole del cardinale Dolan, nella Bibbia usata per il giuramento e tenuta in mano da Melania Trump, dall’altro una religiosità civile testimoniata dalla simbologia dello Stato americano a cominciare dalla bandiera e dall’inno nazionale.
Il cardinale di New York ha invocato la saggezza citando il Libro della Sapienza. «Se la saggezza, che viene da [Dio], non è con lui», ha detto, «non sarà tenuto in alcuna stima. Manda la saggezza dai cieli affinché possa essere con lui, affinché possa conoscere i tuoi disegni. Per favore, Dio, benedici l’America», ha concluso. «Tu sei il Dio in cui confidiamo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen».
Tra le preghiere di apertura durante la cerimonia di insediamento anche quella del sacerdote cattolico di Brooklyn, padre Frank Mann. Ha pregato Dio per «le libertà che amiamo, per la forza delle nostre comunità e per la resilienza del nostro spirito». «Mentre il nostro presidente e vicepresidente abbracciano i loro nuovi ruoli, imploriamo umilmente che il tuo amore eterno e la tua saggezza li avvolgano», ha continuato rivolgendosi al Padre. «Concedi loro la chiarezza mentale per affrontare le sfide che li attendono e la compassione per servire tutti i cittadini con correttezza e integrità». Ha anche pregato per il conforto di «coloro che si sentono persi o scoraggiati».
Il rispetto della liturgia del giuramento avviene non solo da parte del presidente e dei membri della nuova amministrazione ma anche dal popolo americano. Assistiamo alla cerimonia dalla Capital Arena a Washington DC in cui si è svolta la parata presidenziale a causa delle temperature polari e il pubblico dei ventimila sostenitori di Trump (decine di migliaia di persone sono rimaste fuori) alterna occasioni di gioia al rispetto per i momenti chiave della cerimonia.
Quando viene intonato l’inno nazionale tutti i presenti nel palazzetto si alzano in piedi per cantare con la mano sul cuore e la marea di cappellini rossi Maga scompare dalle teste dei partecipanti. Un silenzio totale cala invece quando vengono ricordate le vittime degli incendi di Los Angeles.
C’è un sentimento che ha accompagnato l’intera cerimonia sia da parte dei protagonisti sia degli spettatori riuniti alla Capital Arena ed è l’amore patrio, una caratteristica che dovremmo ritrovare anche in Italia. La società americana ha numerosi problemi che sono aumentati negli ultimi anni in particolare con la deriva del politicamente corretto, ma l’immagine che è andata in scena a Washington Dc in questi giorni è di tutt’altro genere ed è un’America che vuole rialzare la testa e combattere i dogmi della cultura woke a cui non possiamo che guardare con speranza. (Foto dell’autore)
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