Serve una «diplomazia della speranza, di cui tutti siamo chiamati a farci araldi, affinché le dense nubi della guerra possano essere spazzate via da un rinnovato vento di pace». È questa la priorità indicata, nel tradizionale discorso di inizio anno al corpo diplomatico mondiale accreditato presso la Santa Sede – tenuto ieri nell’Aula della Benedizione -, da Papa Francesco, che non ha potuto leggerne se non qualche riga iniziale («ho ancora un po’ il raffreddore»), lasciano proseguire poi monsignor Filippo Ciampanelli, sottosegretario del Dicastero per le Chiese orientali.
SOCIETÀ POLARIZZATE
Come da consuetudine, numerosi sono i punti toccati dal messaggio del Papa, preoccupato per quello che definisce un «mondo lacerato», da un lato, «da numerosi conflitti, piccoli e grandi, più o meno noti e anche dalla ripresa di esecrabili atti di terrore, come quelli recentemente avvenuti a Magdeburgo in Germania e a New Orleans negli Stati Uniti», e, dall’altro, da una situazione che vede «in tanti Paesi sempre più contesti sociali e politici esacerbati da crescenti contrasti. Siamo di fronte a società sempre più polarizzate, nelle quali cova un generale senso di paura e di sfiducia verso il prossimo e verso il futuro». Il panorama attuale preoccupa quindi il Santo Padre.
LA GUERRA? SEMPRE UN FALLIMENTO
Soprattutto, richiamata ben nove volte nel discorso, a preoccupare Papa Francesco è la questione della guerra, che è «sempre un fallimento! Il coinvolgimento dei civili, soprattutto bambini, e la distruzione delle infrastrutture non sono solo una disfatta, ma equivalgono a lasciare che tra i due contendenti l’unico a vincere sia il male. Non possiamo minimamente accettare che si bombardi la popolazione civile o si attacchino infrastrutture necessarie alla sua sopravvivenza. Non possiamo accettare di vedere bambini morire di freddo perché sono stati distrutti ospedali o è stata colpita la rete energetica di un Paese».
Non sono mancati, nel discorso al corpo diplomatico, sia riferimenti «alla guerra che da quasi tre anni insanguina la martoriata Ucraina e che ha causato un enorme numero di vittime, inclusi tanti civili», sia appelli per un immediato «un cessate-il-fuoco e alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza, dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile, e chiedo che la popolazione palestinese riceva tutti gli aiuti necessari».
Il Santo Padre non ha poi voluto dimenticare quanto – spesso nell’indifferenza dei media avviene in Africa, «in modo particolare nel Sudan, nel Sahel, nel Corno d’Africa, in Mozambico, dove c’è una grave crisi politica in atto, e nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, dove la popolazione è colpita da pesanti carenze sanitarie e umanitarie, aggravate talvolta dalla piaga del terrorismo, che provocano perdite di vite umane e lo sfollamento di milioni di persone». Tutti questi fronti, secondo la lettura che come noto ne dà Papa Francesco, letti assieme rappresentano una «sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale».
COLONIZZAZIONI IDEOLOGICHE
Il pontefice argentino ha poi voluto richiamare l’attenzione sul «preoccupante il tentativo di strumentalizzare i documenti multilaterali – cambiando il significato dei termini o reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti umani – per portare avanti ideologie che dividono, che calpestano i valori e la fede dei popoli». Una vibrante critica a quella che, sempre secondo il Papa, rappresenta «una vera colonizzazione ideologica che, secondo programmi studiati a tavolino, tenta di sradicare le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli».
Tutto ciò secondo Francesco è parte di una pericolosa mentalità di omologazione globale, che «presumendo di aver superato quelle che considera “le pagine buie della storia”, fa spazio alla cancel culture; non tollera differenze e si concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili». Sono considerazioni oggettivamente molto forti, che attaccano senza troppi giri di parole alcuni dei tratti caratteristici della cultura dominante, quantomeno in Occidente.
“DIRITTO” ALL’ABORTO? INACCETTABILE
Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca inoltre la non più lieve critica che il Papa ha intese fare al modo stesso con cui, spesso e volentieri, si tratta del tema dell’aborto, al cioè «parlare di un cosiddetto “diritto all’aborto” che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta, in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato».
L’ATTENTATO A TRUMP
Per quanto riguarda invece il già richiamato tema della polarizzazione sociale, Bergoglio ha voluto sottolineare come tutto ciò, di fatto, risulti «aggravato dal continuo creare e diffondersi di fake news, che non solo distorcono la realtà dei fatti, ma finiscono per distorcere le coscienze, suscitando false percezioni della realtà e generando un clima di sospetto che fomenta l’odio, pregiudica la sicurezza delle persone e compromette la convivenza civile e la stabilità di intere nazioni».
Un po’ a sorpresa, per meglio esemplificare queste ultime considerazioni, il Santo Padre ha voluto richiamare due episodi specifici: «Gli attentati subiti dal Presidente del Governo della Repubblica Slovacca e dal Presidente eletto degli Stati Uniti d’America». Si tratta di un richiamo senza dubbio importante, che dà il giusto peso gli attentati subiti da Donald Trump e che, se da un lato sono stati espressione di un clima di odio, dall’altro hanno dato un contributo non piccolo alla rielezione del tycoon.
INSIDIE DEI SOCIAL MEDIA
Toccando un tema caro al Timone – che su questo ha da poco pubblicato un saggio, Smetto quando voglio, a firma dello psicologo Roberto Marchesini che si sta già rivelando un caso editoriale – il Papa ha fatto un richiamo ai pericoli dell’informatica e della comunicazione, che in teoria dovrebbero connettere le persone ma di fatto, invece, «spesso contribuiscono alla polarizzazione, al restringimento delle prospettive mentali, alla semplificazione della realtà, al rischio di abusi, all’ansia e, paradossalmente, all’isolamento, in particolare attraverso l’uso dei social media e dei giochi online».
Tutto ciò frammenta ulteriormente così il quadro sociale perché alimenta il fatto che «gli uni e gli altri» abbiano la conseguente «tendenza a crearsi una propria “verità”, tralasciando l’oggettività del vero. Queste tendenze possono essere incrementate dai moderni mezzi di comunicazione e dall’intelligenza artificiale, abusati come mezzi di manipolazione della coscienza a fini economici, politici e ideologici». In tutto ciò, anche per evitare derive pericolose, è importante il ruolo dei cristiani.
IL RUOLO DEI CRISTIANI
Secondo il pontefice, infatti, i «cristiani possono e vogliono contribuire attivamente all’edificazione delle società in cui vivono. Anche laddove non sono maggioranza nella società». A questo proposito, il pensiero pale è andato alle «numerose persecuzioni contro varie comunità cristiane spesso perpetrate da gruppi terroristici, specialmente in Africa e in Asia, e neppure le forme più “delicate” di limitazione della libertà religiosa che si riscontrano talvolta anche in Europa».
Un richiamo, quest’ultimo, che conferma come ciascuno di noi, già oggi, nel proprio Paese e nella propria comunità – anche senza andare all’estero in missione -, possa giocare un ruolo fondamentale, per riprendere il concetto iniziale, in quella «diplomazia della speranza, di cui tutti siamo chiamati a farci araldi, affinché le dense nubi della guerra possano essere spazzate via da un rinnovato vento di pace». Nessuno, per dirla con una nota canzone di Francesco De Gregori, si senta escluso.
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