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8.01.2025

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Cecilia Sala, un ostaggio in Iran
news
3 Gennaio 2025

Cecilia Sala, un ostaggio in Iran

Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta in Iran dal 19 dicembre, si trova nel carcere di Evrin, a nord di Teheran, una prigione riservata soprattutto a dissidenti, giornalisti, attivisti e membri di minoranze etniche e religiose. In una cella di isolamento e in condizioni molto dure (non ha un letto, luce continua al neon, sequestro degli occhiali, mancata consegna dei beni di conforto), come ha rivelato ieri la madre ricevuta dalla premier Giorgia Meloni.

Le motivazioni del suo arresto sono nebulose, il regime di Teheran ha parlato di «violazioni della legge islamica». Quali? Non si sa. Anche se l’ambasciata iraniana in Italia sui propri canali social chiede di fatto la liberazione di Mohammad Abedini, l’ingegnere svizzero-iraniano arrestato in Italia il 16 dicembre scorso a Milano, tre giorni prima dell’arresto della Sala. Fermo avvenuto su mandato degli Stati Uniti che ne chiedono l’estradizione in quanto sarebbe affiliato ai pasdaran di Teheran, coinvolto nel traffico di tecnologie indispensabili per il controllo dei droni. Tutto questo alla fine lascia pensare alla condizione di Cecilia Sala come quella di un ostaggio.

Cecilia Sala, a cui va dato merito di fare giornalismo sul campo, è finita in un gioco più grande di lei. Probabilmente i suoi viaggi in Iran potrebbero essere ritenuti un po’ temerari, ma la Sala aveva tutti i visti necessari ed era là a fare il suo mestiere. Al di là di ogni valutazione il punto sostanziale sulla detenzione di Cecilia si può riassumere in una domanda: chi può ragionevolmente affidarsi al rispetto delle regole del diritto internazionale e dei diritti umani da parte delle autorità iraniane?

È un punto che riguarda tutti. Cecilia Sala in questo momento, come chiunque altro si venisse a trovare in quella situazione. Bene quindi fanno le autorità italiane e la politica italiana che in queste ore sembra unita nel tentativo di far tornare a casa Cecilia, senza troppi distinguo (e magari, aggiungiamo noi, forzando anche un po’ la mano nei rapporti di “buon vicinato” con Washington). En passant vorremmo vedere anche le varie organizzazioni femministe e i centri sociali scendere in campo per la libertà della Sala e di tutte le donne in Iran, così come fanno per i patriarcati de noartri.

Qualcuno però potrebbe pensare che in fondo la domanda di cui sopra può essere posta anche per le nostre democrazie occidentali. Rispondiamo che tutto può essere, che tutte le storture nessuno mai le raddrizzerà in questa vita, ma paragonare gli stati occidentali con il regime degli ayatollah è un esercizio che lasciamo volentieri ai sedicenti “esperti” di libertà altrui.

(Foto Ansa: Cecilia Sala e Mohammad Abedini)

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