Ci sono parole tanto semplici che entrano nel nostro cuore, fino a diventarne il centro, il sostegno, la speranza. Queste parole sono quelle che conosciamo fin dalla più tenera età: le abbiamo immaginate per tutta la vita, rendendole concrete con il presepe di casa, con un disegno, con un canto o con un film. Le parole che descrivono la nascita di Gesù sono così vere da riprendere vita ogni anno nella nostra preghiera, nella nostra fede, nella liturgia per offrire ancora e sempre al mondo una luce che splende nelle tenebre, un bagliore che rischiara la fatica e lo sconforto. Ci fermiamo ancora una volta a contemplarle per poi riprendere il cammino, nella certezza che Dio avrà sfamato il nostro cuore.
La mangiatoia. Il centro dell’intera scena descritta dall’Evangelista è la mangiatoia: il solo posto che può accogliere Dio è quello che sazia chi è affamato. Non è un caso: Dio non parla improvvisando, non agisce nell’approssimazione. La scelta di riposare nella mangiatoia è un grande annuncio: sarò il sostegno della tua vita, la speranza dei tuoi giorni! Abbiamo fame: non è solo una questione di sopravvivenza, ma di vita. La fame del cuore ci divora perché cerchiamo una vita che sia talmente forte da superare tutto quello che ci accade, tutto quello che ci muove, tutto quello che ci condiziona. Fissare il nostro sguardo sulla mangiatoia del presepe significa semplicemente cercare in Dio la risposta alla fame del cuore: è questa fame che ogni giorno ci mette in cammino, ci sprona. Il piccolo Bimbo che riempie la mangiatoia è la risposta più vera al cuore affamato di vita, al cuore ferito dal male, al cuore assetato di speranza.
Il timore. Questa parola sembra sfigurare la profonda armonia del racconto: è come una ferita causata dall’incomprensione, dalla lontananza. I pastori hanno paura, sono turbati. La visione degli angeli, il loro messaggio e il loro canto scuotono coloro che sono nella veglia notturna: che cosa ne sarà di noi, si domandano. È la stessa domanda che nasce in noi quando qualcosa di grande si affaccia nella nostra vita, sia esso un bene o una prova, una benedizione o un affanno. Il mistero della notte di Betlemme ci consegna una grande speranza: il timore non è l’ultima parola! Chi si mette in cammino per incontrare Gesù, scoprirà che qualsiasi notte sarà vinta dalla luce della mangiatoia, dalla tenerezza dell’abbraccio della Vergine.
Il Natale di Gesù ci sazia il cuore e ci libera dalla paura. La fede è il modo con cui anche oggi possiamo scoprirci salvati dalla grazia di Dio: senza la fede la festa del Natale non sarà vera. È nella fede che questa festa porterà in noi quella speranza che non delude. (Foto: Pexels.com)
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