Paul Claudel è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo francese, ricoprirà inoltre importanti incarichi diplomatici, visitando in veste di vice console e ambasciatore diverse nazioni, dal Giappone, alla Cina, alla Germania, agli Stati Uniti. Il viaggio più mirabolante che egli stesso racconta di aver compiuto è stato quello della sua fulminea e definitiva conversione alla fede cattolica, esperienza intera e radicale che non ha mai più messo in discussione – non gli era possibile – nel corso della vita. Aveva diciotto anni, non credeva più già da qualche anno, la sua conoscenza di Gesù Cristo, purtroppo, era stata alterata anche dalle opere di Ernest Rénan che con la sua Vita di Gesù aveva ridotto Cristo a mero fondatore di un’etica, per quanto sublime. Il giovane Claudel non crede, dunque, ma sente una grande sete di verità, di qualcosa che sia consistente e solido come l’essere stesso. Le correnti intellettuali e letterarie del tempo lo lasciano tutte insoddisfatto e in fondo disperato.
Quando nel giorno di Natale del 1886 entra nella cattedrale di Parigi, Notre-Dame, lo fa per un misto di noia e ricerca estetica: «dopo aver partecipato alla messa del mattino, ritorna anche per i Vespri: “Cominciavo a scrivere e mi sembrava che, nelle cerimonie cattoliche, avrei potuto trovare un’ispirazione”. Era quindi ritornato “perché non aveva nient’altro da fare”, ma al canto del Magnificat, in piedi in mezzo alla folla, si verificò un avvenimento che trasformò la sua vita: “In un istante, il mio cuore fu toccato, e io credetti con una forza d’adesione che in seguito tutti i miei libri, i miei ragionamenti, tutte le vicende della mia vita agitata, non hanno potuto scuotere la mia fede. Un sentimento si imponeva: Dio esiste, Egli è là ; è qualcuno, è un essere personale come me. Egli mi ama”. E aggiunge: “Ebbi in un istante il sentimento lacerante dell’innocenza, dell’eterna infanzia del Dio-Bambino”». Da quell’attimo che descrive come sconvolgente e quasi violento in cui ha sperimentato la certezza assoluta della verità presente e personale di Dio, il Dio che si è fatto bambino, ha sempre attinto forza e perseveranza come si trattasse di un nucleo incandescente non soggetto ad alcun processo di raffreddamento.
Come riporta kath.net così aveva descritto l’esperienza della conversione: «In un attimo mi si è stretto il cuore, ho creduto. Credevo con un consenso interiore così potente, tutto il mio essere era sconvolto quasi violentemente, credevo con una convinzione così forte, con una certezza così incrollabile che non c’era più spazio nemmeno per il minimo dubbio, che da quel giorno tutti i libri , tutte le coincidenze di una vita movimentata non sono riuscite a scuotere la mia fede e nemmeno a toccarla». Quell’esperienza totalizzante e convincente in sé stessa non lo esimerà però dalla fatica di un cammino di conquista progressiva e sempre più carica di ragioni per l’adesione alla fede cattolica, così come la Chiesa propone. Decisivo in questo passaggio sarà ancora un altro Natale, quello di 4 anni dopo: «In cui egli contempla “le miserable enfant”, il Dio dei piccoli e degli indigenti, come segno dell’onnipotenza divina che salva il mondo. In quel Bambino indifeso, che lo rende finalmente felice, Claudel ammira colui che si definirà “mite e umile di cuore” (Mt 11,29) e che proprio attraverso la mitezza e l’umiltà attirerà gli uomini d’ogni tempo e d’ogni continente».
La vicenda personale del grande autore francese dimostra nei suoi elementi essenziali il dramma d’amore che si consuma tra Dio e ogni anima creata e salvata per mezzo del sacrificio di Cristo. Il Suo amore ci precede, ci cerca e si fa riconoscere. In modo istantaneo e fulmineo per alcuni, in maniera più graduale per altri, ma sempre di avvenimento e di incontro di due volontà si tratta e sempre si apre sulla vertigine della nostra seppur limitata libertà: Dio si sottomette liberamente alla nostra e la attende. Non è un caso che l’esperienza della conversione per Claudel sia avvenuta proprio ascoltando con commozione il Magnificat, la dichiarazione di resa amorosa a Dio più potente e intera che la storia umana potrà mai conoscere, perché integra e pura era l’anima che l’ha pronunciata, cantando, esultando, rendendo grazie: quella di Maria.
La Madonna ci mostra come l’esercizio pieno della libertà non assomigli affatto alla spunta di un’opzione anziché di un’altra in un menu a tendina pieno di proposte, ma sia un sì intero e volontario al Bene che si manifesta e chiede di noi. Come succede tra innamorati, il primo incontro è fatto di un luogo, un’ora, un atteggiamento, degli abiti che verranno sempre ricordati. Claudel ha appuntato nel libro della memoria il tempo, freddo e grigio, la sua postura, il punto preciso in cui si trovava: «Era una giornata invernale uggiosa e il pomeriggio più buio e piovoso su Parigi..». Si ricorda ancora di essere in piedi vicino alla seconda colonna all’ingresso del presbiterio quando fu cantato il Magnificat. Ad inginocchiarsi e a sentirsi a casa e non “in prestito” imparerà col tempo.
Della sua intensa opera letteraria L’annuncio a Maria è forse la più significativa; è un testo teatrale che ha conosciuto numerose stesure e revisioni, tra il 1892 e il 1948 e sintetizza la sua visione del mondo e della storia, come tensione tra le singole esistenze e la totalità dell’essere, dove l’uomo, in bilico tra peccato e santità, procede verso il mistero di Dio che tutto compone e spiega. È interessante ricordare che anche un’altra grande di Francia, santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, ha sperimentato quella che lei stessa chiamerà la sua completa conversione nella stessa notte di Natale che cambiò la vita a Paul Claudel. Così annota nel Manoscritto A: «Fu il 25 dicembre 1886 che ricevetti la grazia di uscire dall’infanzia, in una parola la grazia della mia completa conversione». Per il futuro Dottore della Chiesa e compatrona delle missioni quello fu il passaggio dall’infanzia all’età adulta. E, con lo cifra paradossale tipica della fede in Cristo, uno dei frutti più durevoli della sua vita di fede da adulta fu l'”invenzione” dell’infanzia spirituale. In fondo il Natale, con un Dio che si fa Neonato, insegna questo a ognuno di noi. (Foto: Ansa/Pexels.com)
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