Essere prudenti non significa camminare sulle uova e muoversi con circospezione, perché spaventati; la prudenza, una delle quattro virtù cardinali secondo il tesoro di sapienza cattolico che dovremmo sempre più deciderci a saccheggiare, è la capacità di orientare l’intelletto verso ciò che è buono e giusto. Carlo Acutis, il primo santo della Chiesa cattolica ad abitare lo spazio di internet agli inizi dell’era digitale che ci ha di fatto travolti, è stato un ragazzo che si muoveva con estrema prudenza, e quindi con coraggio, creatività e misura nel nuovo ambiente determinato dalle recenti tecnologie.
Le stesse virtù che vorremmo facessero proprie soprattutto i giovani che spendono, anzi purtroppo spesso dilapidano, una parte consistente del loro tempo online. Ciò che gli ha permesso di mantenere una condotta di questo tipo è stata la sua fede, vissuta e agita in maniera radicale, entusiasta e intelligente. Era soprattutto il suo intenso amore per l’Eucarestia a tenerlo avvinto alla realtà e alla sua dimensione di mistero presente. In effetti, quale algoritmo potrebbe competere con tanta ricchezza? quali contenuti potrebbe mai proporci che siano paragonabili alla presenza di Dio nella realtà concreta delle cose, non più condannata alla banalità, ma divenuta abito per quanto modesto della regalità divina?
Non a caso il contributo più significativo, tuttora presente online, realizzato dal giovanissimo beato è un sito web dedicato ai miracoli eucaristici. Il suo esempio e la sua intercessione sono quanto mai opportune e necessarie proprio ai nostri giorni. La venerazione per il giovane che sarà proclamato santo durante il Giubileo continua a crescere in tutto il mondo correndo naturalmente anche lungo le affollate vie digitali; negli Stati Uniti, durante un evento online promosso dal National Eucharistic Revival, ci si è interrogati su come i cattolici possano – e debbano -usare la tecnologia a fin di bene ispirandosi alla condotta del millenial Carlo Acutis. La madre racconta di come lo stesso Carlo si considerasse con baldanzoso entusiasmo “scienziato informatico” ancora prima di ricevere in regalo il primo computer.
Se si può diventare santi anche usando internet e passando del tempo online, da cosa nasce tutta questa preoccupazione per i nostri giovani e il loro rapporto con le piattaforme social? La statistica non è forse la disciplina più poetica che ci sia, ma è a servizio della realtà e da quella non è mai sano prescindere: come ricorda sul Cna anche il regista del film “Roadmap to Reality: Carlo Acutis and Our Digital Age “, Tim Moriarty, i dati parlano di un monte ore trascorso online dagli adolescenti che è la metà delle ore totali di veglia e questa iperconnessione, che è soprattutto grave disconnessione dal mondo offline (sintomatico che si trovi a definirlo così), è causa di seri problemi di salute mentale, addirittura incide sull’aumento della ideazione suicidaria in giovani e giovanissimi.
La mano di Carlo Acutis si tende come quella di un soccorritore nei pressi di un naufragio; è nelle stesse acque dove è avvenuto il disastro ma è al sicuro, su un’imbarcazione solida che sa che rotta percorrere: «Di fronte a tali sfide poste dall’uso imprudente della tecnologia, “in un mondo che si perde tra gli schermi”, Moriarty ha definito Acutis “assolutamente un santo per i nostri tempi… il santo di cui abbiamo bisogno”. La profonda devozione di Acutis a Cristo nell’Eucaristia, che ha ispirato il suo uso prudente della tecnologia, è un esempio per le persone di oggi, ha affermato. “[Acutis era] online per portare le persone offline”, ha detto Moriarty, spiegando che Acutis cercava di incoraggiare le persone ad avere un incontro tangibile con Dio nei sacramenti, come Acutis stesso faceva spesso nell’adorazione eucaristica e durante la messa».
Secondo Brett Robinson, professore associato presso il McGrath Institute di Notre Dame e relatore all’evento su cattolici e tecnologia, ha sottolineato come sia necessario da parte dei cattolici recuperare un utilizzo intenzionale e non subito della tecnologia, orientando le proprie migliori energie alla cura di relazioni significative fuori dall’ambiente digitale. Ciò che occorre è la capacità di recuperare l’ordine e il ritmo naturale dell’essere umano e del credente che ha bisogno di impegno concreto, preghiera, momenti comunitari, vita sacramentale. In questo esercizio di equilibrio ci può essere maestro e patrono il giovane Carlo Acutis che affidava il suo cuore intero a Cristo, nutrendosi di Eucarestia, preghiera e amore per il prossimo, e che per questo era in grado di godere dei benefici della tecnologia senza diventarne schiavo.
Ciò che ci ha sedotto nell’ubriacatura digitale è l’illusione di trovare in essa una realtà più ricca, “aumentata”, senza restrizioni; ma ormai è sempre più evidente come questa esperienza sia insufficiente e, anzi, debilitante per le persone. Il cuore dell’uomo continua ad essere fatto per la bellezza, per i rapporti densi di significato, per i legami duraturi, per la benefica alternanza di attività e riposo, per l’esperienza di un ritmo condiviso da una comunità nella quale si ha bisogno di riconoscersi. Carlo Acutis non fa altro che aiutarci a tornare ai comandi e a non lasciarci trascinare dai marosi, oltre a ricordarci che non siamo soli: siamo amati e salvati da Uno che sapeva camminare sulle acque di un mare in tempesta e ci ripete ancora di non avere paura. (Foto: Screenshot “National Eucharistic Revival”, YouTube)
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