Quando oggi si parla di «violenza di genere» si fa riferimento, esclusivamente, alla violenza perpetrata ai danni di una donna da parte di un uomo. L’espressione «violenza di genere», tuttavia, dovrebbe riguardare tutte quelle situazioni violente alla base delle quali vi sono variabili di genere. Ciò significa che, all’interno di tale termine, dovrebbero essere contemplate anche le violenze che l’uomo subisce da parte di una donna all’interno di relazioni intime e le violenze agite/subite all’interno di relazioni omosessuali.
La definizione «violenza di genere», in ogni caso, risulta riduttiva, anche nel caso in cui dovesse includere pure la violenza perpetrata a danno dell’uomo, in quanto la questione – come ribadito più volte anche in altre sedi – è prevalentemente relazionale, più che di genere; ciò significa che per comprendere le dinamiche violente all’interno di relazioni intime è fondamentale ricostruire le dinamiche della relazione tra i due soggetti, più che le caratteristiche individuali degli stessi. La scelta di parlare di «violenza relazionale», anziché di «violenza di genere», non ha certo come obiettivo quello di negare la violenza contro le donne. Anzi, siamo i primi a riconoscere che esiste un fenomeno gravissimo che riguarda diverse forme di violenza che le donne subiscono quotidianamente – fisica, psicologica, sessuale, economica – e il nostro impegno, da diversi anni a questa parte, è quello di studiare il fenomeno nel tentativo di offrire strumenti di contrasto e, soprattutto, di prevenzione. Dunque, è innegabile che esista la violenza contro le donne e che esistano quotidianamente situazioni di discriminazione nei confronti delle donne. Tuttavia…
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