La visita del Papa in Belgio, della scorsa settimana, non ha lasciato indifferenti i rappresentanti politici del paese. Infatti, giovedì 3 ottobre, il primo ministro Alexander De Croo ha definito «inaccettabili» le dichiarazioni di papa Francesco sull’aborto. Il pontefice, fermatosi a pregare sulla tomba di re Baldovino, ha elogiato l’azione politica compiuta dal re il 4 aprile 1990, quando le Camere del Belgio approvarono un disegno di legge che depenalizzava l’aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza.
La legge, per concludere il suo iter, aveva infatti bisogno della firma di ratifica del sovrano che – non sentendosela in coscienza di apporre la sua firma – ricorse ad uno stratagemma: abdicò per due giorni, smise di essere re per permettere l’iter legislativo in sua assenza. Dunque non potendo fermare la legge, perlomeno non la firmò. Il Papa ha commentato questo atto coraggioso, elogiandolo davanti ai presenti. Ma il casus belli è scoppiato quando, durante la consueta conferenza stampa a bordo del volo di ritorno, dalla sua visita in Belgio, il Pontefice ha replicato alla domanda di un giornalista che gli chiedeva di commentare l’azione politica di Baldovino.
Papa Francesco senza esitazione ha risposto: «Non dimentichiamoci di dire questo: l’aborto è un omicidio. La scienza dice che a solo un mese dal concepimento tutti gli organi sono presenti. Un essere umano muore, un essere umano viene ucciso. I medici che prendono parte a tutto questo sono – permettetemi di usare questa parola – sono dei sicari. Sono sicari. Su questo punto non c’è discussione. Una vita umana viene uccisa». Peraltro queste affermazioni così chiare e nette arrivano in un momento molto delicato per il governo belga, proprio su questo punto.
Infatti è in fase di esame, una misura del Parlamento che amplierebbe l’accesso all’aborto dalle prime 12 alle prime 18 settimane di gravidanza, ma la discussione è sospesa in attesa dell’esito dei negoziati per formare un nuovo governo di coalizione, dopo che le elezioni di giugno non sono riuscite a produrre un risultato chiaro. Perciò il primo ministro belga, Alexander De Croo, è andato su tutte le furie e ha replicato annunciando di aver convocato un incontro addirittura col nunzio apostolico, monsignor Franco Coppola, per protestare contro quella che ha definito «un’ingerenza» inaccettabile negli affari interni del suo Paese.
«È assolutamente inaccettabile che un capo di Stato straniero faccia tali dichiarazioni sul processo decisionale democratico nel nostro Paese», ha affermato De Croo durante una sessione alla Camera dei deputati belga. E, sottolineando la divaricazione tra potere temporale e potere spirituale, ha aggiunto: «Non abbiamo bisogno di lezioni su come i nostri parlamentari approvano democraticamente le leggi. Fortunatamente è ormai passato il tempo in cui la Chiesa dettava le leggi nel nostro Paese». In realtà le parole di De Croo hanno fatto da eco a quelle del rettore della Libera Università di Bruxelles, Jan Danckaert, il quale – in un suo articolo sul principale quotidiano in lingua olandese – ha affermato che il linguaggio del Papa «non insulta solo i medici che praticano aborti, ma anche il Belgio e la sua popolazione».
E affondando ancora di più il colpo ha affermato che «è inaudito che un capo di Stato straniero – perché questo è Papa Francesco – si arroghi il diritto di attaccare una legge di un altro Paese, per di più democratico». Infine, il primo ministro ha criticato la Chiesa che, secondo lui, non sempre ha agito rapidamente di fronte agli abusi sessuali commessi da membri del clero. «Se c’è una cosa che dovrebbe indignarci, è senza dubbio il permissivismo verso chi ha permesso che venissero commessi abusi o verso chi non ha agito quando avrebbe dovuto».
Peraltro, De Croo aveva approfittato del suo incontro con Francesco, venerdì scorso, per rimproverare addirittura pubblicamente il Pontefice per la gestione, da parte della Chiesa, degli scandali sugli abusi sessuali del clero, che hanno colpito particolarmente il Belgio. Tuttavia, non è la prima volta che il Belgio non accetta il pensiero di un Papa su una delicata questione etica. Ricordiamo infatti che quando Benedetto XVI visitò il Camerun nel 2009, disse ai giornalisti che i preservativi non solo non sono la soluzione all’Hiv, ma in alcuni casi addirittura peggiorano il problema, il governo belga – anche allora – si dette da fare per presentare una formale protesta alla Santa Sede.
Insomma, questo Paese non è nuovo nel censurare formalmente un Papa. Infine, come scrive il vaticanista Matteo Matzuzzi, che è anche rubricista del Timone, siamo ad un tale livello di onestà intellettuale che il Papa «da “grande leader della sinistra” (cit. D’Alema) e faro dei miscredenti un po’ woke, è diventato il simbolo dell’oscurantismo, il “Papa dogmatico”» (Fonte foto: Imagoeconomica/Pexels.com).
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