Presso le Nazioni unite a Ginevra si è svolta a giugno una tavola rotonda sul grave fenomeno della maternità surrogata e sulle sue ricadute etiche dal titolo A quale prezzo? Per l’abolizione della maternità surrogata. Organizzato dalla Santa Sede, dalla Fondazione Caritas in veritate, dal governo italiano e dall’Ordine di Malta, il convegno ha messo al centro le implicazioni giuridiche, sociali e morali di questa pratica. Che non ha una sua versione buona, per quanto sia diffuso il costume sospetto di associarvi aggettivi rassicuranti come “altruistica” e simili. Ciò che viene sottolineato soprattutto da monsignor Balestrero, intervistato da Christian Peschken perCna Deutsch , è l’intrinseca e irriducibile ingiustizia della pratica dell’utero in affitto, diametralmente opposta al nobile istituto giuridico dell’adozione: «Esiste un contrasto fondamentale tra maternità surrogata e adozione, che si basano su due premesse fondamentalmente diverse. L’adozione è stata introdotta per fornire una nuova casa ai bambini che hanno perso i genitori per qualsiasi motivo. Le persone adottano perché nessun bambino dovrebbe vivere senza una madre e un padre amorevoli. Lo fanno per correggere un torto, per guarire una ferita».
La maternità surrogata si presenta come un pervertimento dell’ordine di bene che deve improntare le decisioni che riguardano i bambini, titolari di diritti inalienabili e non oggetti affettivi il cui scopo è soddisfare il pur legittimo e naturale desiderio di genitorialità: «mentre ogni bambino ha diritto ad una madre e ad un padre, non esiste alcun diritto per gli adulti ad avere un figlio. I bambini non dovrebbero essere “creati” per soddisfare i bisogni. Non sono prodotti del desiderio creati per soddisfare un desiderio». Prosegue Balestrero, rappresentante permanente del Vaticano presso l’ONU, sottolineando come siano gli adulti a dovere qualcosa al bambino e non viceversa, come proprio la maternità surrogata induce a fare. «Un bambino deve essere il soggetto del nostro amore, non il suo oggetto. Questa è l’enorme, fondamentale differenza tra maternità surrogata e adozione. Qui sta la risposta alla domanda sul perché dell’adozione e non della maternità surrogata: l’adozione è per il bambino, la maternità surrogata è per l’adulto. La maternità surrogata mira senza compromessi a soddisfare il desiderio di avere un figlio, mercificando sia la madre che il bambino. Un desiderio viene eseguito spietatamente e a tutti i costi.»
E il prezzo maggiore viene imputato proprio al figlio e alla donna, il primo ridotto a merce, la seconda equiparata a mezzo di produzione, entrambi gravemente traditi nella loro natura e nelle loro esigenze più profonde, ambedue feriti a vita nella delicata e preziosa costruzione della propria identità: la storia tra madre e figlio inizia in utero e questo tipo di legame, confermano diversi studi scientifici, incide sia sullo sviluppo del bambino sia sulla salute della madre. “Schedulare” la maternità come fosse un qualsiasi processo produttivo è una violenta intrusione che danneggia entrambi i soggetti – ecco l’altra parola chiave – coinvolti nella maternità. E quali sono le donne che vengono abitualmente reclutate in questo florido e orrido mercato? Questo è l’altro fronte sul quale combattere, quello dello sfruttamento di donne in condizioni di estrema vulnerabilità: e se la donna è ridotta a “mezzo di produzione” allora si giustificano tutte quegli interventi di “manutenzione e potenziamento” che si farebbero per esempio su macchinari industriali affinché garantiscano il raggiungimento di determinati standard di qualità: leggasi procedure mediche invasive e incuranti della salute integrale di donna e bambino. Qui si annida l’orrore, ovvero la riduzione di madre e figlio a “mercato”, che da che mondo è mondo ha le sue ragion di mercatura.
«Particolarmente problematiche sono le forme di commercializzazione del corpo umano che sfruttano le donne in situazioni socialmente ed economicamente precarie. Queste donne vengono reclutate e sfruttate da clienti facoltosi che approfittano appositamente della loro situazione vulnerabile. C’è qui un problema serio che deve essere chiaramente denunciato. La maternità surrogata promuove anche il cosiddetto “turismo riproduttivo”, che è alimentato da diverse normative nazionali sulla maternità surrogata. Ciò porta allo sfruttamento transfrontaliero di donne e bambini che sono costretti a rendere disponibili i loro corpi per scopi commerciali. Per tutti questi motivi è necessario condannare fermamente la maternità surrogata e adoperarsi per porre fine a questa pratica.» Il Vaticano, conclude l’arcivescovo, sostiene dunque l’obiettivo dell’abolizione universale della maternità surrogata , promosso dalla Dichiarazione di Casablanca, insieme alla sanzione per tutti i numerosi intermediari che beneficiano di questo inumano commercio. Ecco il punto cruciale sul quale confrontarsi: «non esiste il “diritto al figlio”. Il problema sta nel confronto spirituale e umano con questo fatto. Ogni madre e ogni bambino ha la propria dignità e il bambino non è un mezzo per soddisfare i desideri dei genitori». (Fonte foto: Youtube, EWTN TV)
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