«Cara VP Harris: ti sento dire questa cosa di continuo. Di quale “fede” stai parlando esattamente quando dici che non devi abbandonarla per sostenere l’aborto? Stai parlando della fede cristiana che dice che tutti i bambini sono fatti a immagine di Dio (Gen 1:26), che Dio li mette nell’utero (Ger 1:5) e che non dovremmo togliere nessuna vita ingiustamente (Luca 18:20)? Stai parlando di quella fede o di una “fede” generica e nebulosa che dice che siamo abbastanza buoni e intelligenti da prendere le nostre decisioni? Di quale “fede” stai parlando? (X)». Così si è rivolto a Kamala Harris in un post su X l’ex giocatore e allenatore di football americano Tony Dungy. Sessantotto anni, sposato e padre di 11 figli, è cattolico e apertamente pro life. Una congiunzione in questo caso logica e direttamente consequenziale a ciò che l’uomo professa. Una aperta e inaccettabile contraddizione, dunque, quella che ha contestato alla candidata in corsa per i dem alla Casa Bianca, a suo avviso e a quello di milioni di persone, non solo cattoliche.
L’aspirante prima Potus della storia americana aveva infatti scritto il 19 settembre, sempre sull’ex Twitter, una frase che nelle intenzioni tipiche dei progressisti d’oltreoceano e non solo doveva suonare come rassicurante e consolante per tutti quei cattolici indecisi di cui intendono accaparrarsi il voto: «Non è necessario abbandonare la propria fede o le proprie convinzioni più profonde per essere d’accordo: il governo, e certamente Donald Trump, non dovrebbero dire a una donna cosa fare del proprio corpo». Ah, beh se lo dice lei… No, cara signora Harris, anche se lo dice lei non cambia niente. Non cambia l’insegnamento del Magistero e non cambia nemmeno la conclusione a cui l’uso retto della ragione conduce: sopprimere una persona in qualsiasi fase della sua vita, compresa quella intra uterina e quella terminale, è una grave ingiustizia e, per chi crede, un peccato mortale.
I cattolici americani del fronte democratico, purtroppo, hanno già dimostrato in diverse occasioni che non vogliono rinunciare a dichiararsi tali e nemmeno ad adattare ciò che la fede professata richiede alle proprie ambizioni politiche. Ricordiamo ancora le dichiarazioni del devoto cattolico Joe Biden e il segno della croce fatto a favore di telecamere prima di prendere la parola pubblicamente a favore dell’aborto. Una fede tagliata sulla propria misura e sulla pelle dei più indifesi, i bambini non nati e anche le donne, in nome delle quali si continua a proclamare l’aborto come diritto. La fede cattolica non è un catalogo dal quale scegliere il tipo di experience che più si adatta al nostro profilo e invocarla ammorbidendola senza averne alcuna autorità, come è il caso delle dichiarazioni della Harris, si qualifica come abuso vero e proprio, colpevole di confondere gli altri promuovendo come buono un atto terribile, di cui si è perso il senso comune di orrore che dovrebbe suscitare.
Oggi, 23 settembre, è la memoria liturgica di uno dei santi più amati in tutto il mondo, san Pio da Pietrelcina: forse non farebbe male, ai catto-dem americani e a tutti i credenti, richiamare le sue parole proprio in merito al peccato di aborto e al senso di orrore che dovrebbe suscitare in noi. Lo diceva in tempi ancora lontani dagli attuali dove la pratica dell’aborto non era ancora tanto diffusa e addirittura nobilitata: «”Il giorno in cui gli uomini, spaventati dal, come si dice, boom economico, dai danni fisici o dai sacrifici, perderanno l’orrore dell’aborto, sarà un giorno terribile per l’umanità. Perché è proprio quello il giorno in cui dovrebbero dimostrare di averne orrore. L’aborto non è soltanto omicidio, ma pure suicidio. E con coloro che vediamo sull’orlo di commettere con un solo colpo l’uno e l’altro delitto, vogliamo avere il coraggio di mostrare la nostra fede? Vogliamo recuperarli sì o no?!”. “Perché suicidio?”, domandò p. Pellegrino. (…) P. Pio rispose: “Capiresti questo suicidio della razza umana, se, con l’occhio della ragione vedessi ‘la bellezza e la gioia’ della terra popolata di vecchi e spopolata di bambini: bruciata come un deserto. Se riflettessi allora sì che capiresti la duplice gravità dell’aborto: con l’aborto si mutila sempre anche la vita dei genitori”.»
Una visione desolante e tutt’altro che distopica se consideriamo l’attuale situazione demografica del mondo occidentale: l’era glaciale della denatalità, della quale si occupa anche, indicando delle soluzioni, il Timone di settembre (qui per abbonarsi). Nella retorica che dagli anni Settanta ha accompagnato la promozione del (non) diritto all’aborto nel mondo, purtroppo, è sparito del tutto il riferimento alla coppia di genitori che in Padre Pio resisteva perché si tratta di verità oggettiva. Ora invece la donna è completamente sola, sebbene ideologicamente portata in trionfo con il suo corpo, la sua terrificante libertà di scelta, la banalizzazione di un atto assimilato all’estrazione di un dente del giudizio o promosso come esercizio di emancipazione, ma che resta nella sua tragica realtà: negazione della vita del figlio e negazione della propria natura, separata dall’alleanza maschile-paterna. L’esito è il deserto di cui si sarebbe dovuto provare orrore per tempo. Per questo siamo decisamente con Tony Dongy quando definisce generica e nebulosa la fede a cui Harris e altri fanno appello: una fede simile è totalmente ininfluente e, anzi, dannosa. Meglio quella cattolica genuina, capace anche di rimbrotti severi alla maniera di Padre Pio se, come a lui, ci interessa ancora che le persone si salvino e il mondo non si riduca ad una landa fredda e orfana di figli. (Fonte foto: Pexels.com/Ansa/Imagoeconomica)
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