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San Giovanni Crisostomo, il più grande predicatore della Chiesa
NEWS 13 Settembre 2024    di Redazione

San Giovanni Crisostomo, il più grande predicatore della Chiesa

Oggi, 13 settembre, la Chiesa ci propone di celebrare san Giovanni Crisostomo, Vescovo e Dottore della Chiesa. “Crisostomo”, dal greco letteralmente “bocca d’oro”, fu il soprannome che si guadagnò per la sua eloquenza nel parlare, oggi infatti è considerato il patrono dei predicatori. Nato ad Antiochia in una data non precisabile tra il 344 e il 354 (probabilmente nel 349), Giovanni fu educato dalla madre, santa Antusa, e studiò retorica sotto la direzione del celebre retore greco Libanio. Pare che quest’ultimo lo volesse come suo successore, tanto da rispondere a chi gli chiedeva chi avrebbe preso il suo posto: «Giovanni, se i cristiani non me lo avessero rubato!».

Una volta che ebbe ricevuto il battesimo, Giovanni frequentò la cerchia di Diodoro, futuro Vescovo di Tarso: nel gruppo di discepoli che si radunavano attorno a costui imparò a leggere le Scritture secondo il metodo antiocheno, ovvero molto fedele alla spiegazione letterale del testo biblico e alieno da ogni allegorismo. Dopo la morte di sua madre, si ritirò nel deserto dove trascorse circa sei anni, gli ultimi due in un ritiro solitario in una grotta sul monte Silvio, nei pressi di Antiochia. In seguito fu richiamato ad Antiochia e venne ordinato diacono dal Vescovo Melezio nel 381 e, cinque anni più tardi, presbitero dal Vescovo Flaviano, che gli fu maestro. Fu allora che iniziò a distinguersi per la sua predicazione, la sua oratoria, la sua vasta cultura e saldezza nella fede.

Iniziarono così anni di intensa predicazione. Le esortazioni di Giovanni si traduceva sovente in ammonimenti morali: prendeva di mira la passione per gli spettacoli che fomentava i cristiani di Antiochia, oppure la rilassatezza dei costumi. Con grande zelo esortava a radicare la propria vita nella conoscenza delle Scritture, esortava tutti a vivere un’intensa vita spirituale, a praticare la carità nella cura sollecita per il «sacramento del fratello»: «È un errore mostruoso credere che il monaco debba condurre una vita più perfetta, mentre gli altri potrebbero fare a meno di preoccuparsene […]. Laici e monaci devono giungere a un’identica perfezione» (Contro gli oppositori della vita monastica 3,14).

Nel 397 Giovanni fu chiamato a Costantinopoli quale successore del Patriarca Nettario. Come spiega padre Ángel Amo, nella capitale dell’impero d’Oriente «intraprese immediatamente un’attività pastorale e organizzativa che suscitò in parti uguali ammirazione e perplessità: evangelizzazione nei campi, fondazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni accesi in cui rimproverava i vizi e la tiepidezza, severe esortazioni ai monaci pigri e agli ecclesiastici troppo amanti della ricchezza. I sermoni di Giovanni duravano più di due ore, ma il dotto patriarca sapeva usare con grande abilità tutte le risorse dell’oratoria, non per lusingare l’orecchio dei suoi ascoltatori, ma per istruire, correggere, rimproverare».

A Costantinopoli il nuovo Patriarca si dedicò con grande zelo alla riforma della Chiesa: depose i Vescovi simoniaci, contrastò l’usanza della coabitazione di preti e diaconesse, predicò contro l’accumulo delle ricchezze nelle mani di pochi e contro l’arroganza dei potenti, e destinò gran parte dei beni ecclesiastici a opere di carità. La sua opera di evangelizzazione si estende ai goti e ai fenici, «il popolo lo applaudiva per le sue omelie e lo amava», afferma lo storico Socrate Scolastico (Storia ecclesiastica 6, 4). Se da un lato era amato dai poveri che accoglievano i suoi insegnamenti come figli, dall’altro fu osteggiato dai potenti.  L’inimicizia nei suoi confronti crebbe con l’ascesa al potere dell’imperatrice Eudossia. Costei, nel 403, con l’appoggio del Patriarca di Alessandria, Teofilo, sottopose a processo Giovanni e lo fece condannare all’esilio.

Il decreto di condanna fu revocato dopo poco tempo e Giovanni poté rientrare in diocesi, ma solo per pochi mesi. Durante la celebrazione della Pasqua del 404 le guardie imperiali fecero irruzione nella cattedrale della città provocando uno spargimento di sangue; vi furono disordini per diversi giorni. Poco dopo la festa di Pentecoste, Giovanni fu arrestato e nuovamente condannato all’esilio. Per evitare mali ulteriori, il Patriarca si congedò dai Vescovi riuniti in sacrestia e fece chiamare la diaconessa Olimpia e le sue compagne, che conducevano una vita comunitaria a servizio della chiesa nella casa accanto a quella del Vescovo: «Venite, figlie, ascoltatemi. Per me è giunta la fine, lo vedo. Ho terminato la corsa e forse non vedrete più il mio volto» (Palladio, Dialogo sulla vita di Giovanni Crisostomo,10).

Giovanni fece appello al papa Innocenzo I, che ne riconobbe l’innocenza, ma ciò nonostante fu costretto a lasciare Costantinopoli. Alla sua partenza vi furono tumulti in città: venne appiccato fuoco a una chiesa adiacente al palazzo del senato e questo fu il pretesto per le autorità imperiali per arrestare i seguaci di Giovanni. Così fu confinato a Cucuso, una piccola città dell’Armenia, ma poiché i suoi fedeli riuscivano ancora a raggiungerò, i suoi nemici decisero di farlo partire per un luogo ancora più lontano. Fu in questo ultimo viaggio, diretto verso Pizio, sul Ponto, che morì a Comana. Era il 14 settembre 407.

«Gloria a Dio in tutto: non smetterò di ripeterlo, sempre dinanzi a tutto quello che mi accade!» (Lettere a Olimpia,4). In queste parole troviamo condensata la testimonianza di Giovanni; Festeggiato dalla Chiesa bizantina anche il 30 gennaio, insieme a san Basilio e a san Gregorio di Nazianzo, e il 13 novembre, giorno del suo ritorno dall’esilio. San Giovanni Crisostomo è considerato uno dei quattro grandi Padri della Chiesa d’Oriente. La Chiesa greco-ortodossa lo considera uno dei più grandi teologi. Anche se meno conosciuto in Occidente, la sua figura è di grande rilevanza anche per la Chiesa cattolica, al punto che san Pio V lo dichiarò dottore della Chiesa nel 1568 e papa Giovanni XXIII pose il Concilio Vaticano II sotto la sua protezione.

Nel 2007, per il sedicesimo centenario dalla morte di san Giovanni Crisostomo, Benedetto XVI gli dedicò una catechesi sottolineando l’attualità del suo pensiero: «La sua è una teologia squisitamente pastorale, in cui è costante la preoccupazione della coerenza tra il pensiero espresso dalla parola e il vissuto esistenziale. […] Ogni suo intervento mirò sempre a sviluppare nei fedeli l’esercizio dell’intelligenza, della vera ragione, per comprendere e tradurre in pratica le esigenze morali e spirituali della fede. […] Nella sua ansia pastorale, Giovanni Crisostomo si è preoccupato di accompagnare attraverso i suoi scritti lo sviluppo integrale della persona, nelle dimensioni fisica, intellettuale e religiosa. […]

Il suo progetto pastorale era inserito nella vita della Chiesa, in cui i fedeli laici col Battesimo assumono l’ufficio sacerdotale, regale e profetico. […] Scaturisce di qui il dovere fondamentale della missione, perché ciascuno in qualche misura è responsabile della salvezza degli altri. […] Il tutto si svolge tra due poli: la grande Chiesa e la “piccola Chiesa”, la famiglia, in reciproco rapporto. […] Questa lezione del Crisostomo sulla presenza autenticamente cristiana dei fedeli laici nella famiglia e nella società, rimane ancor oggi più che mai attuale» (Agenzia Fides 20/9/2007). (Foto: Facebook)

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