Pubblichiamo di seguito uno stralcio della prefazione al libro di Matteo Carnieletto, “Terza guerra mondiale a pezzi” (Ed. Il timone, pag. 136), del Generale Marco Bertolini. Il libro verrà presentato oggi al Meeting di Rimini alle ore 16:30 presso lo stand del Timone al padiglione C4, davanti alla libreria del Meeting
Esistono radici profonde dalle quali trae alimento questa nuova era dei conflitti, affondate nelle ragioni storiche e strategiche che portarono alle Guerre mondiali e poi alla Guerra fredda che divisero in due il continente eurasiatico.
Quel meraviglioso corpaccione fatto di montagne e pianure sconfinate, traforato da enormi laghi e mari chiusi che spazia dall’Atlantico al Pacifico e nel quale si posiziona l’Heartland, individuabile in larga parte nel territorio eurosiberiano, il cui controllo rappresentava, per Halford Mackinder all’inizio del secolo scorso, l’obiettivo al quale dovevano tendere le potenze navali e insulari anglosassoni per avere il dominio globale.
Con quest’opera, Matteo Carnieletto pone invece la sua attenzione sulle radici meno profonde e più recenti di questa epoca conflittuale, mettendo in luce gli effetti a noi più vicini di una contrapposizione insanabile che molti ingenui speravano scomparsa per sempre con l’imposizione in tutto il globo del modello occidentale e la fine ingloriosa del comunismo. Cos’è il globalismo, infatti, se non l’affermazione universale del modello grazie al quale, o per colpa del quale, per dirla con Francis Fukuyama, la storia come successione di guerre, frizioni, accordi e tradimenti sarebbe dovuta finire già da qualche decennio? Una sorta di escatologia laica, quella inaugurata dal politologo statunitense, che aveva la pretesa di anticipare nell’aldiquà quello che le religioni preconizzano per l’aldilà: pace per tutti. Da questa certezza erano nate le operazioni di Peacekeeping, delle quali non si sente ormai più parlare e che erano finalizzate proprio a esportare quel modello, con le buone o con le meno buone, a un Sud del mondo che ora pare essersi proprio stufato delle nostre pretese “civilizzatrici”. […]
Al contrario, invece, la storia continua a manifestarsi in ottima salute, addirittura con l’esplosione di una guerra tra due Paesi europei come Russia e Ucraina per una classica disputa territoriale. […]
Offensive e controffensive sotto gli occhi delle telecamere, nelle quali ci si può godere lo spettacolo dei contendenti che si scannano a vicenda grazie alla tecnologia che consente alle madri di vedere in diretta o in differita la morte dei propri figli nelle trincee del Donbass; una “fortuna” che venne risparmiata alle nostre nonne un secolo fa, in costante e trepida attesa di qualche lettera dal Carso, dall’Africa o dalla Russia. Insomma, cosa c’è di più “storico” dei classici richiami dell’irredentismo o della contrapposta difesa del sacro suolo patrio per confermare che Fukuyama aveva torto e per farci riconoscere che l’uomo, sia quello col fucile in mano che quello al balcone che osserva cosa succede, è sempre lo stesso?
*Generale di corpo d’armata
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