sabato 23 novembre 2024
  • 0
Davide è andato via proteso verso il Cielo
NEWS 19 Agosto 2024    di Samuele Pinna

Davide è andato via proteso verso il Cielo

Da un’idea di don Samuele Pinna ha preso vita “Dietro le quinte”, una rubrica senza periodicità che vuole incontrare quei personaggi importanti che lavorano per il bene e non sempre appaiono in prima fila, ma appunto sono spesso “dietro le quinte”. Oggi l’incontro con Costanza Signorelli, autrice del libro “Davide. Il bambino che parlava con gli angeli” (Ed. Ares)

Dopo aver letteralmente divorato il libro Davide, il bambino che parlava con gli Angeli (Prefazione di Daniela Del Gaudio, Ares 2024), voglio incontrare la sua Autrice. Le pagine stilate con potente delicatezza da Costanza Signorelli trascrivono la storia di Davide, a cui è diagnosticata una malattia incurabile. Se il dolore non è risparmiato, tuttavia si scopre come Dio abbia fatto irruzione nell’esistenza di questo bambino allo scopo di portargli conforto e dare un significato alla sua sofferenza umanamente tragica e ingiusta. La conversione dei genitori, Elisa e Salvatore, è il primo effetto della testimonianza di Davide che ricorda come il male fisico sia un’esperienza inevitabile, ma dove non si è mai lasciati soli. Interrogo la giornalista sul motivo per cui ha voluto raccontare questa vicenda: «Sono venuta a conoscenza di questa storia attraverso i genitori, perché il papà mi ha telefonato cercando il mio numero su internet».

Capisco che era stato incuriosito da un altro libro intitolato Il chicco di grano. Storie di “Santi Giovani” in mezzo a noi: «Sì, quella è stata la molla, perché non ci conoscevamo. Avevano, però, vissuto questa esperienza molto particolare col figlio e cercavano risposte, non provenendo da una storia di Chiesa molto approfondita (nel senso che, pur non essendo totalmente a digiuno, avevano abbandonato la pratica della fede). Quando il loro figlio ha iniziato a parlargli di cose così profonde dal punto di vista teologico, sebbene dette con un linguaggio molto semplice, hanno avuto la necessità di confrontarsi. Li ha aiutati sicuramente il rapporto con il loro parroco, ma permaneva il bisogno di capire meglio come mai a loro fosse capitata questa cosa. Ho intuito in quella telefonata il desiderio di iniziare un cammino per capire sempre di più questa strada che loro figlio gli aveva tracciato, ma ancora tutta da scoprire per loro, che ora vivono un intenso percorso di fede».

Mi viene raccontato che questo incontro telefonico era avvenuto appena sette giorni dopo aver perso Davide a livello terreno, quindi quando il dolore era ancora molto acuto, benché accompagnato da un senso di mistero molto grande: «In quella telefonata, molto timidamente, ho più che altro ascoltato Salvatore. Ho, poi, conosciuto sua moglie ed è nata così un’amicizia con tutta la famiglia: Salvatore, Elisa e Antonio, il fratello maggiore di Davide, un gigante dal cuore buono che è stato al suo fianco sempre credendo. Elisa voleva un po’ proteggere, custodire il figlio, mentre il padre voleva proporre la sua testimonianza, presentendo che la sua storia non fosse solo loro. Tuttavia, l’idea del libro non c’era ancora». Eppure la mamma ha iniziato a scrivere fin da subito quanto Davide raccontava: «Sì, perché le sembravano cose talmente grandi. Lei ha avuto l’istinto di trascrivere quanto il bambino le diceva, ha avuto da subito questa percezione che non fosse solo un messaggio per loro. Lei ha accettato di consegnare questa intimità, purificata dal dolore, con lo spirito di donarlo a tutti». Le pagine hanno preso poi consistenza, e voglio sapere come sia svolto il lavoro: «Nello stilare queste vicende cerco di essere il più aderente possibile ai fatti mediante uno stile giornalistico, asciutto se vogliamo, senza sbilanciarmi su un giudizio, che spetta solo alla Chiesa. Davide mi dava l’impressione che volesse essere raccontato in modo molto semplice. Del resto, non veniva da un’esperienza di fede e aveva incontrato il Signore senza possedere neanche le nozioni base, eppure compie un cammino grandissimo in poco tempo! È come se avesse vissuto appieno un incontro privilegiato. A quel punto, i genitori gli consentono di partecipare anche all’itinerario dell’iniziazione cristiana, dove riceve i Sacramenti, e tutto in tre mesi! Ciò mi ha suggerito che la narrazione non poteva essere troppo appesantita con un già “saputo” della fede, ma doveva essere molto fedele alla realtà dei fatti».

Nonostante alla fine del libro si traggano le implicazioni teologiche di quanto avvenuto, il linguaggio è quello semplice di un bambino, privo di sovrastrutture: «Esatto, perché Davide era un bimbo di otto anni, che non aveva le capacità per giudicare quanto gli stava capitando. Era, inoltre, un ragazzino normale, non aveva niente di prodigioso, anzi. Ciò che colpisce è la sua trasformazione, che non può essere solo dovuta alla sua natura, perché avrebbe dovuto essere ancora più aggressiva per il calvario che stava passato, e invece vien fuori una serenità incredibile e una gioia inspiegabile».

Rimango edificato e domando a bruciapelo quale sia il messaggio di un libro del genere: «Sicuramente il fatto di dare questa notizia, se parliamo in termini giornalistici, è già un messaggio positivo, rispetto alla cronaca a cui siamo abituati. Inoltre, questa realtà specifica della santità vissuta dai bambini, che è particolare, esiste e va raccontata! Siccome per grazia sono venuta a contatto con queste storie, con queste vite, ho capito subito che dovevano essere conosciute anche da altri, e ho quindi sentito il dovere di accendere un faro su questa realtà della fede dei piccoli e del valore della sofferenza. Nel dolore, infatti, questi bambini hanno un canale – come posso dire – privilegiato per incontrare il Signore, che fiorisce dove non te lo aspetti. La grazia divina lavora e dà segnali che fanno sperare veramente in un mondo che cammina verso il bene, seppur nella fatica. Questi stessi bambini donano un’energia straordinaria, aiutando a leggere la realtà, anche la più spiacevole, con altri occhi. Quello che vorrei passasse è, quindi, la speranza, qualcosa di lieto che rimane, pur nella commozione di queste storie. Davide per esempio spiegava che c’è una vita eterna, c’è un Paradiso. Egli con la sua purezza di fanciullo, comunica che dentro la sofferenza la nostra vita può essere attraversata da una grande letizia, da una grande gioia e da un godimento senza fine. Il dolore, invece, non è mai l’ultima parola. Colpisce che i genitori riescano a considerare la morte dei loro figli (cosa ci può essere di più tragico?) l’inizio di una vita nuova, e questo perché l’hanno visto negli occhi dei loro bambini. Davide sapeva di morire eppure ha vissuto con gioia l’ultimo periodo, cambiando tantissimo: se prima non voleva che la madre si allontanasse da lui, perché era spaventato dalla vita, quando ha incominciato a riferire degli Angeli, della Madonna e poi di Gesù (incontrato dopo la Prima Comunione), ha trovato grande serenità e ha preparato la mamma al distacco. Era conscio che quella compagnia soprannaturale che lo aveva sostenuto sarebbe durata per sempre, perché lui sapeva benissimo che andava in Cielo con i suoi amici Angeli».

Il suo quotidiano era mutato, dunque: dalla rabbia disperata e dalla tristezza a un tempo di pura pace? «Sì, dentro questa vita di sofferenza (sofferenza che vogliamo sempre censurare, ma che è parte dell’esistenza), l’incontro con il Signore trasforma Davide. È un messaggio di speranza, doppiamente di speranza! Tutte le storie di bambini che ho raccontato testimoniano come la fede non sia tanto un ragionamento, ma una compagnia, cioè una presenza reale, palpabile. Nonostante il dolore innocente non abbia spiegazione, questi bimbi insegnano l’affidamento totale. Non hanno il problema di essere perfetti, di fare tutto bene, ma hanno il problema di vivere l’amore vero, di andare a prenderselo tutto, e in questo sono pienamente bambini. Racconto che Davide voleva a ogni costo un uovo di cioccolata e ha fatto di tutto per ottenerlo (anche se non era periodo ed era stato difficile da reperire). Poi, quando ha ricevuto il dono della compagnia degli Angeli, ha voluto il Signore, quando ha capito che Lui era molto di più, era infinitamente di più, e l’ha voluto a tutti i costi!». Per questo si è parlato di santità? «Sì, la santità è la felicità, è il realizzarsi pienamente della nostra felicità. Ho scoperto che i bambini, nel momento del passaggio della morte, hanno fatto vedere il volto della felicità. Davide stesso è andato via proteso verso il cielo, quasi a volerlo fisicamente raggiungere, scansando chi si metteva davanti alla finestra dell’ospedale non gli permettendogli di guardare oltre. Voleva ormai andare verso “questo di più” che vedeva. Ripeto: tutti i passaggi di questi bambini hanno qualcosa che dice una presenza e sui loro volti si dipingono sorrisi quando muoiono, quando passano all’altra vita, a volte protesi in un abbraccio che cercano anche fisicamente».

Mi congedo ricolmo di gratitudine da Costanza Signorelli e dal suo narrare pacato e incisivo. E mi pare acquistino ancor più valore le parole a conclusione del volume: «Non è solo una speranza, è la certezza della Salvezza quella che Davide, nel suo piccolo, annuncia a ogni uomo e donna che, col cuore aperto, gridano al Cielo il desiderio del Bene».


Potrebbe interessarti anche