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Ecco un “successo” di Biden: l’aumento degli aborti chimici
NEWS 8 Agosto 2024    di Manuela Antonacci

Ecco un “successo” di Biden: l’aumento degli aborti chimici

È ormai da tempo il fiore all’occhiello dell’amministrazione Biden, che sembra davvero ossessionata dalla soppressione della vita nascente, con tutti i mezzi possibili; stiamo parlando, stavolta, dell’allentamento delle restrizioni sulla pillola abortiva, in seguito al ribaltamento della causa Roe v. Wade nel 2022. Tanto per cominciare, tra il 2021 e il 2023 si è registrato un aumento significativo dei tentativi di aborto non controllato, secondo un nuovo studio pubblicato dall’American Medical Association.

In particolare, la percentuale di donne americane che si sono sottoposte ad un aborto autogestito senza supervisione è aumentata dal 2,4% del 2021 al 3,4% del 2023, secondo lo studio, pubblicato sul Journal of the American Medical Association lo scorso luglio. Addirittura, la percentuale registrata nel 2023 sarebbe ancora sottostimata. Tenendo conto di questo ultimo importante dettaglio, la percentuale delle donne che sarebbero ricorse ad un aborto chimico nel 2023, salirebbe allora dal 3,4% al 7,1%.

I ricercatori, alcuni dei quali hanno legami con Planned Parenthood hanno attribuito tale incremento all’ aumento del numero degli stati con leggi pro-vita e di persone che «temono la criminalizzazione per aver richiesto cure legate alla gravidanza», laddove per “cure” si legga la soppressione tout court del nascituro. Secondo il National Catholic Register, invece, l’incremento dell’uso della pillola abortiva, sembra essere legato anche alla possibilità che questo “pesticida umano” possa essere ottenuto legalmente senza alcun bisogno di consultare un medico.

E parliamo di un incremento davvero notevole che va letto in questo modo: si pensi che nel 2021, gli aborti chimici hanno rappresentato il 18% di tutti gli aborti non controllati. Nel 2023, sono saliti a rappresentare il 24,1%, con un aumento del 6,1%. Un riscontro importante giunto dopo quello di un altro studio, del Guttmacher Institute, ente abortista, che ha rilevato che gli aborti chimici rappresentano il 63% di tutti i metodi di interruzione di gravidanza negli Stati Uniti.

Inoltre, sempre il Guttmacher Institute riporta che le donne hanno utilizzato un’ampia gamma anche di altri metodi per tentare un aborto autogestito, come la contraccezione d’emergenza (29,7%) e le erbe (25,9%). D’altra parte, il 21,6% delle donne che hanno partecipato allo studio ha tentato di abortire colpendosi allo stomaco, mentre il 18,6% ha riferito di aver consumato alcol. Mentre la percentuale più alta di donne che hanno tentato di abortire da sole erano afroamericane, pari al 5,1%, rispetto al 3,1% di tutti gli altri gruppi etnici.

Ma anche nella nostra cara Italia si sta facendo in modo, purtroppo ormai da tempo, che le donne abortiscono in solitudine e possibilmente, senza assistenza medica. Un tentativo in corso già da qualche anno. In particolare una spinta notevole al ricorso alla pillola abortiva ha rappresentato, nell’estate del primo anno della pandemia, la circolare pubblicata il 12 agosto 2020, che ha visto lo zampino del Ministro della Salute Roberto Speranza.

Il Ministro Speranza aveva così aggiornato le linee guida fino ad allora vigenti, stabilendo che la pillola abortiva, diversamente da quanto avveniva in precedenza, si possa assumere senza ricovero e fino alla nona settimana di gravidanza, prorogando il termine, fino ad allora previsto, delle sette settimane. Parliamo di una procedura che è un aborto vero e proprio, non senza rischi e complicazioni, tant’è che lo stesso Speranza, nella relazione sull’applicazione della legge 194, trasmessa al Parlamento il 30 luglio 2021, parlava di casi di una «complicazione immediata» conseguente all’assunzione della pillola abortiva.

Sulla stessa linea si pone lo studio del Guttmacher Institute che ha rilevato come molti dei metodi utilizzati dalle donne nello studio hanno “potenziale dannoso” e che molti «offrono poca o nessuna efficacia nell’interruzione di una gravidanza». Ma, soprattutto, sottolinea lo studio, il ricorso all’assistenza delle strutture sanitarie da parte delle donne, non è affatto rara, «sia per cercare cure di emergenza relative a effetti avversi o complicazioni sia per cercare successive cure prenatali o abortive».

A proposito di questo ultimo dato, commentandolo in modo davvero significativo e cogliendo tutta l’assurda ferocia ideologica che c’è dietro, la dottoressa Ingrid Skop, un’ostetrica-ginecologa con sede in Texas, ha detto alla CNA: «Per anni, i sostenitori dell’aborto hanno cercato di demedicalizzare l’aborto indotto. Mentre una volta si insisteva sul fatto che l’aborto dovrebbe avvenire “tra la donna e il suo medico”, oggi sempre più spesso non vi è alcun medico coinvolto nella fornitura dell’aborto, e le donne sono lasciate a soffrire da sole. Pertanto, viene promosso l’aborto “autogestito”, indipendentemente dai rischi maggiori, nel perseguimento di obiettivi ideologici». Alla faccia della cosiddetta “salute riproduttiva”, espressione dubbia con cui il politicamente traduce il ricorso ai metodi abortivi. (Foto: Imagoeconomica/Pexels.com)

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