Ex capo dei vigili del fuoco di Buffalo Township, marito, padre di due figlie e cattolico devoto. In poche parole questo era Corey Comperatore, l’uomo rimasto ucciso durante l’attentato di sabato all’ex presidente Donald Trump. «Il migliore di noi», così l’hanno descritto la famiglia e il governatore dello Stato. Si legge sul National Catholic Register: «Andava in chiesa ogni domenica, amava la sua comunità. Soprattutto amava la sua famiglia», ha dichiarato ancora il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro in una conferenza stampa domenica.
«Ho chiesto alla moglie di Corey se le andava bene che condividessi ciò che ci siamo detti. E lei ha risposto di sì», ha proseguito Shapiro, «mi ha anche chiesto di condividere con tutti voi che Corey è morto da eroe. Che Corey si è lanciato sulla sua famiglia per proteggerla. Che il suo ricordo sia una benedizione». Comperatore era «un accanito sostenitore dell’ex presidente ed era così entusiasta di essere lì con lui ieri sera nella comunità», ha aggiunto il governatore. Ora le bandiere dello Stato sventoleranno a mezz’asta, come ha richiesto il governatore.
Dawn Comperatore Schafer, che si è identificata come la sorella della vittima, ha scritto domenica su Facebook che il pompiere «è stato un eroe che ha protetto le sue figlie. Sua moglie e le sue figlie hanno appena vissuto un’esperienza impensabile e inimmaginabile. Il mio fratellino aveva appena compiuto 50 anni e aveva ancora tanta vita da vivere. L’odio per un uomo ha tolto la vita all’uomo che amavamo di più», ha proseguito appellandosi poi alle preghiere di tutti: «L’odio non ha limiti e l’amore non ha confini. Pregate per mia cognata, per le mie nipoti, per mia madre, per mia sorella, per me e per i suoi nipoti, perché questo sembra un incubo terribile, ma sappiamo che è la nostra dolorosa realtà».
Anche la figlia del pompiere, Allyson, che ha descritto il padre come «il migliore che una ragazza possa chiedere», ha dichiarato al New York Post: «Ci amava davvero abbastanza da prendere una vera pallottola per noi». Ha poi scritto su Facebook: «E non voglio altro che piangerlo e dirgli grazie». Nel frattempo, mentre si diffondono video sul lavoro svolto dalla sicurezza e alcune parti politiche non perdono l’occasione per dare voce allo stesso odio che ha lasciato questa scia di sangue, c’è stato un prete cattolico che dopo aver benedetto un gruppo di persone al raduno di sabato 13 luglio ha riferito di aver pregato per Trump. Si tratta di padre Jason Charron, un prete cattolico ucraino, che ha raccontato alla Cna che circa 15-20 persone lo hanno chiamato poco prima che l’ex presidente iniziasse a parlare.
«Ho detto loro: ho pregato per lui e per la sua sicurezza, e che dovevano pregare anche perché queste sono persone che vogliono ucciderlo», ha detto il sacerdote in un’intervista telefonica con la Cna sabato sera, «e penso che poco dopo, letteralmente pochi minuti dopo c’era questo suono impreciso e la gente ha iniziato ad andarsene, e in quel momento ho sentito qualcuno dire che era una sparatoria», ha aggiunto.
«La mia preghiera era di protezione. La mia preghiera è stata per il ripristino delle buone relazioni nella nostra società: relazioni individuali, familiari e sociali, affinché la nostra nazione torni ad essere grande agli occhi di Dio», ha sottolineato il presbitero ucraino, «se la gente sta per chiedersi perché ero a un raduno di Trump, non è stato per canonizzarlo o assolverlo dalle sue molte imperfezioni”, ha proseguito Charron, «il suo recente ritiro dalla difesa della legislazione pro-vita non è auspicabile, e non è per questo che sono lì, ma per incoraggiarlo a costruire sulle vittorie pro-vita della sua prima amministrazione», ha spiegato.
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