Attenzione, è in arrivo il reato di “ecocidio”. Il testo per «L’introduzione del reato di ecocidio» – a firma dei deputati Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti – è stato infatti da poco pubblicato sul sito della Camera. Come ogni reato, anche questo prevede delle pene, e che pene verrebbe da aggiungere: da 10 fino a 20 anni di reclusione, per «qualsiasi atto illecito arbitrario commesso con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità che il medesimo atto causi un danno grave e diffuso a lungo termine all’ambiente o a un ecosistema».
Questa proposta – nelle intenzioni di chi l’ha depositata, quanto meno – vuole essere una risposta alle crescenti preoccupazioni riguardanti il cambiamento climatico e la degradazione ambientale. In particolare Bonelli ha sottolineato l’urgenza di adottare misure legislative che possano prevenire disastri ecologici e promuovere una maggiore responsabilità ambientale. Per quanto bizzarra appaia e in effetti sia, questa proposta non rappresenta una novità assoluta, dato che il Parlamento europeo, lo scorso 27 febbraio, ha già varato una nuova direttiva sul “Ripristino della Natura” che, de facto, già introduce il crimine di “ecocidio”.
Ciò però non attenuta lo stupore per questa iniziativa legislativa, che a ben vedere costituisce l’evoluzione di quella sul negazionismo climatico di cui il già citato Bonelli parlava la scorsa estate. Con il reato di “ecocidio” si mira però a fare qualcosa di più, andando ad incidere direttamente sull’economia nazionale. «Introdurre il reato di ecocidio nel nostro ordinamento», si legge infatti nella introduzione a questo ddl, «vuol dire anche cambiare le regole di base con cui opera l’economia nazionale perché renderebbe giuridicamente e moralmente inaccettabile un eventuale grave danno alla natura, e conseguentemente riuscirebbe ad allontanare i finanziamenti dalle pratiche che distruggono in modo significativo gli ecosistemi».
A livello pratico, questo tipo di impostazione potrebbe avere conseguenze estremamente serie sul nostro sistema economico e produttivo. Infatti – com’è stato notato sul blog di Nicola Porro – se un’industria o un’azienda X che opera in un qualsiasi settore utilizza fonti fossili come il gas che, a detta di un magistrato, causerebbero in modo ipotetico il neoreato di “ecocidio”, questa industria o azienda dovrebbe potersi trovare ad affrontare un calvario giudiziario, forse perfino la chiusura e il licenziamento, quindi, di tutti i dipendenti. Insomma, con “ecocidio” si rischia di mettere sotto scacco una parte non irrilevante del nostro tessuto economico.
Ma di queste ed altre possibili conseguenze, a quanto pare, alcuni sembrano non tenere conto. Basti vedere cosa scriveva l’Economist ancora nel 2021, in cui da un lato affermava che l’”ecocidio” dovrebbe essere ritenuto «un crimine internazionale» e, dall’altro – forse per meglio trasmettere il tenore della proposta – esordiva ricordando il processo di Norimberga celebrato ai gerarchi nazisti…Questo basta ed avanza, c’è da temere, per comprendere la misura dell’ecofanatismo dilagante, che poco nulla – come ha dimostrato anche Fabio Dragoni nel suo bestseller pubblicato per il Timone, Per non morire al vedere, ha a che vedere con il rispetto del Creato; al contrario, si serve solo dell’ambientalismo come pretesto per una politica antieconomica e, in definitiva, anti-umana (Fonte foto: Imagoeconomica)
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