Pubblichiamo di seguito l’articolo che la professoressa Beccalli ha scritto sul Timone n. 228 maggio 2023. Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari nella Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, dove dal 2014 ha ricoperto il ruolo di preside. È il nono Rettore dell’Ateneo, eletta con 636 preferenze su un totale di 685, corrispondenti a circa il 93% dei votanti.
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Quando si parla di banche si è portati a pensare, e non sempre a torto, che esista un unico modello: quello orientato alla massimizzazione del profitto. Sebbene rappresenti la norma, va subito chiarito che modelli alternativi improntati allo sviluppo delle comunità non solo sono possibili ma già esistono. Anzi, hanno una storia antica. Nel nostro Paese sul finire del diciannovesimo secolo trovano origine le prime casse rurali, ispirate dall’Enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII del 1891 ed in seguito rafforzate dall’interpretazione di economisti come Giuseppe Toniolo. Un’eredità raccolta delle attuali banche di credito cooperativo (BCC) che continuano a portare avanti i medesimi valori.
I punti di forza
Due i tratti fondativi del modello del credito cooperativo. Il primo attiene al carattere mutualistico e comunitario. L’attività bancaria, attraverso la sua funzione di erogazione del credito, è al servizio, oltre che del sistema economico, anche del tessuto sociale. Il ruolo sociale dell’attività bancaria è innato nel credito cooperativo: si potrebbe dire che la sostenibilità sociale è insita in questo modello. Esso, infatti, non si limita al solo soddisfacimento dei bisogni degli associati, ma diffonde il benessere raggiunto dagli stessi con la distribuzione dei risultati economici al territorio di appartenenza. Quindi la funzione sociale si estende all’intero territorio di riferimento, così da poter intendere la banca cooperativa come una banca mutualistica di comunità che svolge una parte attiva nel prendersi cura di famiglie, imprese e comunità.
La banca mutualistica fornisce il sostegno di fondo agli attori della comunità e socializza molti di quei costi che nell’ambito delle grandi banche sono l’oggetto della ricerca di economie di scala. Allo stesso tempo l’ambito locale permette quel costante interscambio di informazioni – basato sulla fiducia reciproca – che riduce a sua volta i costi soprattutto legati al rischio di credito. Una delle conseguenze più innovative, anche se ancora non esplorata, è che questo interscambio si possa tradurre in una sorta di «socializzazione» dei costi di transazione piuttosto che in una loro «internalizzazione» come generalmente proposto dalle classiche teorie economiche bancarie.
Tratti che hanno consentito un importante sviluppo delle cooperative finanziarie a livello internazionale, tanto che le stesse detengono quote di mercato significative non solo in Italia e in Europa, ma anche in America Latina, Africa subsahariana, Asia, Australia e Stati Uniti. Secondo il World Council of Credit Unions (WOCCU, 2021), nel 2020 si registrano 87.914 cooperative finanziarie in 118 paesi (con valori in crescita rispetto ai cinque anni precedenti), servendo più di 393 milioni di associati.
Prossimità e relazione
Questa estesa presenza del credito cooperativo assume una valenza strategica nel sistema economico. Innanzitutto, favorisce la riduzione delle disuguaglianze e lo sviluppo delle comunità locali. Questo perché, come mostrano studi recenti, un settore finanziario diversificato, in cui è presente una maggiore quota di mercato delle cooperative finanziarie, consente di ridurre le disuguaglianze del reddito, sia nei livelli che nelle variazioni da periodo a periodo. Un secondo fondamentale aspetto è il contributo del credito cooperativo allo sviluppo economico attraverso l’erogazione di credito, specie a imprese di piccole e medie dimensioni.
In effetti, è connaturato alle banche locali di piccole dimensioni l’esercizio del “credito di relazione”, che le qualifica e contraddistingue rispetto alle grandi banche tradizionali e favorisce una relazione d’elezione con il territorio, o meglio le comunità, di riferimento.
Presupposto del credito di relazione è la prossimità, ossia la vicinanza geografica, che torna ad essere considerata positivamente in quanto fattore in grado di favorire stabilità, inclusione finanziaria e coesione sociale. Un aspetto particolarmente rilevante della prossimità riguarda il beneficio in termini di riduzione delle barriere all’accesso al credito per le imprese, specie se di piccole dimensioni. A tal proposito una recente indagine empirica, condotta dagli studiosi del Centro di ricerca sul credito cooperativo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Beccalli, Rossi, Viola, Does the Proximity of Cooperative Banks Facilitate Access to Credit?, 2022), analizza l’efficacia delle BCC italiane nel rispondere – per effetto della prossimità – alla domanda di credito delle imprese locate nel loro territorio di riferimento. L’evidenza empirica conferma che la vicinanza per le imprese ad una filiale di banca di credito cooperativo facilita l’accesso al credito bancario, in particolare per quanto riguarda il credito a lungo termine. L’effetto positivo è anche più forte quando le imprese operano nelle vicinanze solo di una filiale di banca di credito cooperativo che rappresenta quindi l’unica possibile controparte: ciò accade per circa 15mila imprese localizzate in 1700 comuni nell’intero periodo tra il 2012 e il 2019. Da ciò emerge l’importante ruolo delle BCC anche nel contrasto alla desertificazione dei territori.
Sostegno all’economia reale
Appare quindi essenziale promuovere la biodiversità finanziaria, ovvero la coesistenza di forme alternative di banche. È infatti un elemento da favorire poiché porta con sé evidenti benefici in termini di sostegno all’economia reale agevolando la crescita economica e la concorrenza nel settore, contribuendo alla stabilità stessa del sistema finanziario specie in periodi di crisi. La biodiversità appare un profilo ancora poco analizzato nella letteratura finanziaria. Sta comunque sorgendo un filone di studi con le prime evidenze empiriche. Interessante è il tentativo di Errunza, Basma e Maxwell (Learning from Ecology: Is Diversity in the Financial Ecosystem Important for Economic Growth and Stability?, 2022) di sviluppare una nuova misura ispirata dalla ricerca sulla biodiversità ecologica per studiare i potenziali benefici della biodiversità del sistema finanziario. Un filone che merita di essere coltivato.
*Preside della Facoltà di Scienze bancarie finanziarie e assicurative e Direttore del Centro di ricerca sul credito cooperativo, Università Cattolica del Sacro Cuore
(Foto Ansa)
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