A mezzogiorno di sabato il colonnato che, a Roma, cinge piazza della Repubblica è già pieno di passeggini, di mamme e di papà con i figli in braccio o da rincorrere per far mangiare, di nonni seduti nelle seggioline da campeggio o sui gradini di marmo. Prenderà l’avvio da qui alle 14, all’ombra – si fa per dire, visto che il termometro segna oltre 30 gradi – della Basilica di Santa Maria degli Angeli la manifestazione nazionale “Scegliamo la vita” a cui hanno aderito oltre 130 realtà e associazioni. Ci sono gruppi, movimenti, famiglie e singole persone che hanno deciso di sfidare il caldo, i chilometri, tanti vengono da lontano, basta leggere gli striscioni e le bandiere alzate verso il cielo, per capire che questa gente ha sulle spalle ore di veglia e di asfalto, sacrificando un sabato libero in cui avrebbero potuto riposare.
Alle 14,20 Maria Rachele Ruiu, portavoce insieme a Massimo Gandolfini, della Manifestazione per la vita, dà il benvenuto. Non siamo qui per manifestare contro, ma per fare festa, una festa piena di colori, per ribadire e ripetere al mondo che la vita è il dono più grande che ci sia e che per questo non può essere sacrificata, venduta, barattata per nessuna ragione al mondo. Il messaggio è semplice e arriva forte e chiaro, anche perché legge nei cuori di quelli che sotto al palco applaudono e sventolano le bandiere. In genere si scende in piazza per protestare contro qualcosa, sempre contro qualcuno. Questa piazza – che, secondo gli organizzatori, ha raccolto 30.000 manifestanti – invece vuole solo riportare al centro del dibattito pubblico una visione e una voce che oggi si cerca di oscurare.
A differenza di altre manifestazioni, qui il nemico non ha nome e cognome, ma può essere identificato con quell’atteggiamento che con espressione sintetica Papa Francesco definisce la cultura dello scarto, che è cultura della morte, un atteggiamento e una prassi che vede la sua attuazione inesorabile nella diffusione e promozione ad ogni livello – si pensi al fatto alla Francia che ha recentemente inserito l’aborto come diritto delle donne in Costituzione e che la Comunità Europea ha avviato l’iter per inserirlo nella Carta dei Diritti fondamentali dell’uomo – della pratica dell’aborto appunto, dell’eutanasia, del suicidio assistito, della manipolazione e distruzione di migliaia di embrioni umani causata dalle pratiche di fecondazione artificiale per dare soddisfazione al sogno di un uomo nuovo che ha perso i suoi contatti con la realtà, così come la tratta di esseri umani e la guerra.
Papa Francesco quest’anno ha voluto mandare un messaggio di incoraggiamento, un invito a partecipare a questo momento così forte, significativo e unico nel panorama nazionale. Un messaggio, quello del Papa, che viene ripreso più volte, durante il pomeriggio da Massimo Gandolfini: “Sulla vita umana non si fanno compromessi!”. Per aiutare a comprendere come questo non sia appena un discorso, ma riguardi fatti che incidono la carne, prendono la parola, sul palco prima della partenza, al microfono durante il corteo, infine sul palco allestito ai Fori Imperiali, alcune persone che portano in dono le proprie testimonianze di vita. Carola, racconta di un’interruzione di gravidanza, della ferita che quella vicenda ha generato in lei, della mancanza di un contesto umano di accoglienza all’interno del quale si è trovata a dover scegliere da sola sotto la pressione di altri.
Una ferita che non si rimargina, ma che tuttavia ha iniziato ad essere consolata, accolta per diventare testimonianza feconda per tante donne che si trovano a vivere la stessa situazione e che possono ancora evitarla; parla dell’amicizia con alcune persone come l’incontro fatto con Maria Rachele che le propone addirittura una cosa apparentemente senza senso, ma che in realtà porta pace: dare un nome – Francesco – a quel figlio mai nato, che nonostante tutto c’è. La testimonianza di Marco, non italiano, accolto da persone che gli hanno saputo volere bene. Quella di Teresa, 27 anni in attesa di un nuovo figlio, che racconta di paure e insicurezze per una nuova gravidanza vinte dalla certezza di non essere sola, accompagnata grazie a delle persone e a dei servizi di supporto materiale per i quali si arriva a capire che non è vero che i figli si fanno quando le cose sono tutte a posto, che un figlio non può essere ridotto ad una voce in più o in meno nel bilancio familiare.
Certo, continua Teresa, in famiglia si spenderà in maniera più accorta e si faranno sacrifici, ma non possono essere i soldi la scusa per eliminare un cuore umano: un figlio è un dono e quando nasce un figlio, nascono anche i genitori che fanno esperienza di felicità. La società allora deve aiutare ognuno ad esaudire questo desiderio di felicità. Poi il corteo parte per incontrare Roma nelle sue strade, prima verso la stazione Termini, poi voltando in via Cavour in direzione dei Fori Imperiali. Canti, balli, tamburi animano l’incedere colorato e festoso di questo strano popolo che vuole dire che esiste.
Quello che colpisce, osservando questa insolita armata pacifica, è il fatto che sia costituita da tantissimi giovani per di più con figli al seguito. Anche questo è un segnale controcorrente e affatto secondario: laddove per ogni evento, iniziativa, shopping si tende a cercare servizi di babisitteraggio per “avere il proprio spazio” e “alleggerire il carico”, questi giovani hanno scelto di confluire a Roma con tutta la famiglia, con tutte i problemi del caso, annessi e connessi.
Mi avvicino ad alcuni di loro, vengono dall’Umbria, e pongo la domanda più semplice, ma forse per questo anche la più radicale: perché siete venuti qui, chi ve l’ha fatto fare? Mi rispondono che sono qui perché vogliono mettere la loro voce nel coro che grida che la vita è sacra e non si tocca, che sono qui per manifestare le proprie convinzioni e rivendicare un diritto di parola che spesso è negato e non può essere soppresso. È il momento di Francesca che mentre camminiamo racconta della sua prima gravidanza, di un esame e del sospetto che ci potesse essere qualcosa che non andava, di quella frase che nei tanti ospedali e consultori viene ripetuta come un mantra, chissà poi perché: “Se vuole, è ancora in tempo”.
Ai Fori imperiali è bello vedere le facce incuriosite dei tanti turisti che non si aspettavano quest’onda anomala rosa azzurra coronata da striscioni e stendardi. Sul palco i The Sun con il loro rock buono, insolito anche quello, aiutano a incrementare l’entusiasmo del nostro essere qui. Siamo quasi in dirittura d’arrivo, ma prima di concludere una sorpresa: l’intervento sul palco di Arturo Mariani, “l’uomo con una gamba”, come dice lui, perché l’uomo senza una gamba significava porre l’attenzione su ciò che non c’è, mentre per accettare le sfide della vita occorre partire da quello che c’è. Arturo, campione di calcio e motivatore, è nato con una gamba sola.
Nonostante ai genitori questa cosa fosse stata detta durante la gravidanza, il loro sì alla vita ha permesso ad Arturo di avere una vita certamente complicata, con un percorso dolorosa, ma piena e degna di essere vissuta. Un sì che non ha permesso solo il suo diventare uomo, ma anche a lui di dire sì a sua volta alla donna che ha incontrato e alla venuta al mondo della loro figlia Benedetta, presenti entrambe sul palco insieme a lui. Di anno in anno vogliamo essere sempre di più e dimostrare che il popolo della vita c’è e vuole combattere – scandisce Gandolfini in chiusura. Guai a coloro che diranno che il male è il bene e che il bene è il male – continua – e questa sembra proprio essere la situazione che troviamo a vivere in questo tempo.
Siamo soprattutto in un tempo in cui i ragazzi non distinguono più la differenza tra moralità e legalità, così che se una legge ingiusta viene fatta, nessuno si preoccupa più di obbedire alla propria coscienza. Ma oggi è la festa di un grande Santo, Tommaso Moro, che preferì morire pur non vivere nella menzogna. “La cosa più importante che ho – disse il santo inglese sapendo che sarebbe andato al patibolo – è la coscienza e questa mi dice che devo servire Dio prima che gli uomini”. Questo appello arrivi a contagiare quante più persone possibile, affinché loro a loro volta contagino altri. Libertà e verità vanno di pari passo. Questa coscienza è la bellezza della missione del popolo della vita, presente, ancora una volta, contro la cultura dello scarto.
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