«Centinaia di chiese scozzesi in vendita mentre il Regno Unito si allontana dal cristianesimo», così titola il Telegraph un articolo del 16 giugno. Andando avanti nella lettura si apprende che sono state messe in vendita chiese, appezzamenti di terreni ed ex sedi del consiglio, alcune risalenti al 1700, a partire dalle 35.000 sterline. Questa sarebbe una «mossa dolorosa», come l’ha descritta la Chiesa anglicana.
Le pressioni finanziare l’avrebbero costretta a prendere questa decisione, dato che oggi le chiese sono «molto più di quanto richiesto». L’offerta supera la domanda, se vogliamo usare un linguaggio pragmatico. Ma non è una novità. Si stima che la Chiesa di Scozia abbia perso un milione di membri dal 2001 e i risultati del censimento dell’anno 2022 su etnia, identità e religione in Scozia rivelano che il 51,1% degli intervistati ha affermato di non avere «nessuna religione» rispetto al 36,7% degli intervistati nel 2011. Anche i numeri del clero non sono messi bene, nel 2022 si è rilevata una perdita del 40% dei ministri dal 2000.
Secondo un rapporto del British Social Attitudes Survey «più di metà della popolazione inglese non ha alcuna religione e il numero di coloro che aderiscono alla Church of England è caduto sotto il 15 per cento». Dei giovani inglesi fra i 18 e i 24 anni, soltanto tre su cento si dicono oggi “anglicani”. D’altronde l’arcivescovo George Carey l’aveva detto: la chiesa anglicana sarebbe diventata l’anima di «una nazione sostanzialmente atea».
Un portavoce della Chiesa di Scozia ha affermato che si «sta attraversando una trasformazione ed è essenziale che la Chiesa sia adeguatamente attrezzata per essere adatta allo scopo nel 21° secolo. Sebbene gli edifici siano amati, non devono ostacolare il progresso». Il problema parrebbe quindi non tanto il numero in calo dei fedeli o la necessità di rinvigorire l’evangelizzazione, quanto il fatto che oggi i fedeli debbano essere proporzionato al numero di edifici.
Non tutti però sono dello stesso avviso. Da quando la Chiesa ha diffuso il suo “piano” per ridurre le spese non sono infatti mancate le accuse dagli abitanti della campagna che saranno sempre più costretti ad affrontare lunghi viaggi per raggiungere una parrocchia. La chiusura per esempio della Birnie Kirk, nel Moray (una delle chiese più vecchie di tutta la Scozia) ha causato grande scalpore l’anno scorso dopo essere stata quotata sul mercato.
La Chiesa ha affermato che i suoi edifici «hanno il potenziale per essere utilizzati per una varietà di scopi diversi», che si tratti di abitazioni, intrattenimento o istruzione. Tuttavia, Andrew Boast, di SAM Conveyancing, un gruppo di geometri e avvocati, ha avvertito: «Non importa quanto possano sembrare allettanti, […] le chiese possono essere molto più difficili di quanto si pensi. […] Sono notoriamente fredde e facilmente perdono calore, rendendole difficili e costose. […] Convertirli in edifici residenziali o commerciali comporterà la navigazione in un complesso labirinto di regolamenti di pianificazione e requisiti legali, per non parlare dei problemi di conservazione o di stati storici significativi». Se poi pensiamo che a Londra centinaia di chiese siano state ormai convertite in pub, è facile pensare che fine faranno anche quelle scozzese.
Insomma, non un grosso affare. Ma la vera perdita è senz’altro un’altra. La chiusura di chiese non indica una presunta “trasformazione”, necessaria e inevitabile. È lo specchio di ciò che accade quando a forza di “aperture” verso i “lontani” ci si perde in una retorica “buonista” e tiepida. E, ahimé, non riguarda solo al Scozia o il Regno Unito e neanche solo la Chiesa anglicana – se pensiamo al deserto che sta vivendo la Chiesa cattolica in Germania ci capiamo. Ian Bradley, ex giornalista scozzese e pastore che serve come capo della facoltà di teologia dell’Università di St. Andrew, non si è detto sorpreso dai risultati.
Aveva detto a La Croix International: «La Chiesa di Scozia non è sufficientemente attraente, soprattutto per i giovani. Fa fatica a perdere la sua immagine un po’ antiquata e noiosa», aggiungendo che «Sembra molto più progressista della Chiesa cattolica romana, ma rimane contraria all’aborto e alla morte assistita. La Chiesa scozzese è considerata troppo liberale per alcuni e troppo tradizionale per altri». Ecco, fintanto che continueremo a farne un problema di appeal, non ci sarà “piano” che tenga. (Fonte foto: Pexels.com)
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