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La cultura dominante «cancella il peccato e giustifica l’ingiustificabile»
NEWS 18 Giugno 2024    di Redazione

La cultura dominante «cancella il peccato e giustifica l’ingiustificabile»

Non è oggi purtroppo infrequente che, dinnanzi alla cultura dominante, anche nella Chiesa alcuni pastori preferiscano non solo evitare ogni critica ma perfino sposarne indirettamente le istanze, per esempio evitando di parlare di Dio nei loro interventi oppure facendo proprie posizioni pacifiste anziché essere per la pace autentica, ambientaliste anziché essere per la difesa del Creato. Questo però non sembra essere assolutamente il caso di mons José Ángel Saiz Meneses, 67 anni, arcivescovo di Siviglia da tre anni e lontano da posizioni di opportunità.

Se n’è avuta conferma anche sabato scorso nella Cattedrale di Siviglia, appunto, in occasione dell’ordinazione di quattro nuovi sacerdoti: Andrés Rodríguez di 30 anni, Fernando Martín di 28, Camilo Castillo e Moisés Benavides, entrambi di 26 anni. Quattro sacerdoti, ha detto l’arcivescovo ricordando il loro ruolo, «inviati ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire i cuori spezzati, a proclamare la libertà ai prigionieri, a consolare gli afflitti». Ancora, rivolgendosi ai quattro l’arcivescovo ha ricordato che «non c’è nulla di paragonabile alla conoscenza di Cristo Gesù; Non c’è nulla di paragonabile alla chiamata a stare con Lui ed essere mandati a predicare».

Ancora, il prelato ha rivelato ai quattro nuovi sacerdoti, nella preghiera di consacrazione, che avrebbe chiesto «al Padre Onnipotente di rinnovare nei vostri cuori lo Spirito di santità». Sempre nel corso della sua omelia – per tornare a quello che si diceva in apertura – mons. Meneses ha attaccato frontalmente la cultura dominante, definita come quella che «tende a cancellare il significato del peccato, a giustificare l’ingiustificabile, a banalizzare gli atti umani, favorendo un atteggiamento relativistico che porta a dimenticare la necessità di essere nella grazia di Dio per accostarsi con dignità alla comunione sacramentale».

Parole decisamente chiarissime che hanno il merito non tanto e non solo di criticare con forza la cultura dominante, ma anche di smascherarne la radice, cioè la cancellazione del «significato del peccato», vera radice – se ci si pensa – di ogni relativismo e di ogni iniqua equiparazione tra bene e male. Viceversa, se si ha ben chiaro quale sia il «significato del peccato», ecco che diventerebbe francamente impossibile «giustificare l’ingiustificabile» e anche il «banalizzare gli atti umani». Il punto è che la cultura dominante, come noto, non solo cancella il «significato del peccato», ma anche il suo stesso termine, in una devastante cancel culture dell’anima…

Tornando a mons. Meneses, non possiamo infine non ricordare – tanto più come, come Timone, abbiamo da poco pubblicato un libro al riguardo – le sue parole di sottolineatura e richiamo all’importanza dell’Eucaristia nel cammino di fede non dei sacerdoti, ma di tutti i credenti: «È il centro e il culmine della vita della Chiesa e del ministero sacerdotale […] Per questo è la celebrazione dell’Eucaristia che darà unità alla nostra vita e alla nostra azione pastorale». Anche qui, considerazioni più che condivisibili e che siamo lieti, per questo, di poter riportare all’attenzione dei nostri lettori, visto che non è scontato, di questi tempi, ascoltare pastori che riescano ad esprimersi con cotanta chiarezza.

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