Il vescovo Miguel Angel Nguema Bee SDB, della Guinea Equatoriale, individua nella pubblicità e nelle notizie sui guadagni in campo sportivo il motivo che spinge i giovani africani a migrare verso l’Europa: «La pubblicità ingannevole e l’idea del denaro facile promossa attraverso il mondo dello sport alimentano questa illusione». Molti hanno «un’immagine ingannevole di prosperità e facilità, che li incoraggia a migrare – a volte illegalmente», ha detto il Vescovo durante una visita alla sede dell’Organizzazione globale “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acn) a Königstein im Taunus (Germania).
Miguel Angel Nguema Bee guida la diocesi di Ebibeyin, nell’estremo nord-ovest della Guinea Equatoriale, al confine con Camerun e Gabon. È membro dell’Ordine salesiano di don Bosco. La Guinea Equatoriale fa parte dell’Africa subsahariana, il Paese conta circa 1,5 milioni di abitanti, il 90% dei quali professa il cristianesimo. Il piccolo paese sul Golfo della Guinea possiede riserve di petrolio, le organizzazioni per i diritti umani sottolineano l’enorme divario di ricchezza e lamentano la soppressione delle voci critiche attraverso il divieto di protestare, l’arresto di membri dell’opposizione e la mancanza di libertà di stampa.
Monsignor Nguema ritiene che il mondo occidentale abbia la responsabilità di trasmettere «la falsa idea che tutti i problemi saranno poi risolti». Ma «è un’illusione», prosegue il Vescovo, «è importante che le difficoltà affrontate dai migranti in cerca di una vita migliore siano rappresentate in modo più realistico» ha dichiarato. Questo avrebbe anche risvolti positivi sugli aiuti allo sviluppo. Nguema vede il pericolo che ciò possa portare a un rapporto di dipendenza anziché a uno stimolo per l’attività economica locale. «Dobbiamo contribuire a creare strutture che promuovano l’autosufficienza e lo sviluppo sostenibile, in modo che le persone possano progredire senza dipendere costantemente dagli aiuti esterni».
Idee simili erano state espresse nello speciale sull’immigrazione del Timone di novembre 2023, in cui, fra te le tante voci autorevoli, l’esperta di Africa Anna Bono aveva sottolineato come quanto l’immigrazione incontrollata non fa altro che impoverire il Continente nero. Allo stesso modo, don Bonifacio Duru nel Timone di aprile aveva sottolineato quanto fosse importante aiutare gli africani a divenire «protagonisti del loro ambiente», con uno speciale riferimento ai giovani.
Il vescovo ha anche criticato il fatto che alcuni aiuti allo sviluppo nascondono «nuove forme di colonialismo», anche ideologico: «Gli aiuti sono spesso legati al riconoscimento di valori che non si realizzano nella cultura locale». Monsignor Nguema ha portato come esempi l’aborto, le questioni di genere e il «riconoscimento delle sette». Nguema ha anche chiesto che l’aiuto allo sviluppo non venga incanalato attraverso le strutture statali, perché queste sono spesso «corrotte o inefficienti». Gli operatori umanitari dovrebbero invece cercare di collaborare con la Chiesa, le organizzazioni femminili o giovanili e le fondazioni locali. «Queste organizzazioni potrebbero fornire un aiuto molto più diretto, ad esempio sotto forma di borse di studio per i giovani a rischio», ha sottolineato il Vescovo. (Fonte foto: Screenshot, Diócesis de Asidonia-Jerez, YouTube)
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