Quando nella Liturgia eucaristica il sacerdote pronuncia queste parole “Egli, consegnandosi volontariamente alla passione, prese il pane”, è come se la Chiesa ci ricordasse che la Croce, e il suo mistero di dolore, passione, morte e sepoltura, non è una circostanza improvvisa e imprevista. La Croce è ciò per cui Cristo è venuto. È il suo desiderio più grande. Cristo conosce la via che conduce alla salvezza, al perdono dei peccati. Questa strada porta al Golgota, al sacrificio della sua vita e lui la vuole percorrere, volontariamente e liberamente. Per questo, prepara ogni dettaglio affinché si compia il disegno del Padre che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,15).
Questa strada passa dalla cura con cui viene allestita la cena pasquale. Lo ascolteremo nella lunga pagina del Vangelo della Passione. «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». (…) «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. (…) Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
Cristo va incontro alla morte, ma da Signore, ossia avendo riguardo di ogni particolare. Non c’è istante, momento, circostanza della vita di Cristo in cui l’amore non prevalga. Se si deve morire, occorre farlo bene, preparandosi con accortezza. C’è una bellezza, segno di una verità che si vive, segno di una sollecitudine amorosa che testimonia la presenza di Dio e il suo primato nella vita. Una bellezza che non ha a che vedere con lo sfarzo, ma con l’armonia, con l’ordine, la pulizia degli ambienti e dei gesti e più ancora con una preparazione interiore.
In questi giorni che precedono la Pasqua, ho visitato le famiglie per la benedizione e sono stato accolto da tavole apparecchiate con uova, una luce accesa, un’immagine sacra, segni di un’attesa e di una Presenza, segni di una volontà di conversione.
La strada della croce transita prima ancora che dalla cena pasquale dall’ingresso in Gerusalemme. Con grande autorità, Gesù indica ai discepoli cosa fare. «Andate nel villaggio di fronte a voi (…) troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. I discepoli obbediscono. Il legame dei discepoli con Gesù è di piena disponibilità alla sua parola. Non ci sono le loro pretese, non le loro ragioni, non i loro argomenti. I discepoli docilmente ascoltano e fanno. Anche di San Giuseppe – la cui solennità abbiamo celebrato da poco – si dice che: «fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore» (Mt 1, 24).
Gesù, dunque, entra a Gerusalemme in sella ad un cucciolo d’asino, accolto da una folla festante che stende il proprio mantello al suo passaggio come a mettergli a disposizione la propria vita. Se Gesù fosse entrato a piedi in Gerusalemme lo avrebbero riconosciuto come il Messia, l’atteso? Probabilmente, no! Non era la prima volta che Gesù entrava a Gerusalemme. Quell’asino evidentemente parla come tanti segni, tanti gesti che rivelano la sua identità.
Qualche sera fa sono stato a cena in un albergo. Ero stato invitato ad una conferenza tenuta da un amico. C’erano tante persone che io non conoscevo. Durante la serata, molte persone mi hanno raggiunto e si sono presentate. Qualcuno mi ha chiesto dove io stia a celebrare la Messa, altri mi hanno confidato di situazioni familiari per le quali pregare, altri infine mi hanno raccontato di sé, del loro rapporto con la fede. Luigi a fine serata, mentre mi accompagna all’auto mi dice: “Lei non ha bisogno di dire niente. Il suo abito talare, evangelizza. In molti questa sera erano calamitati e uno ad uno sono venuti a parlarle”. La talare parla di Dio, delle cose di Dio, di un altro mondo, della vita eterna e di una casa, la Chiesa, in cui è possibile ricevere misericordia.
Gesù seduto su di un asino entra a Gerusalemme. È un segno semplice. Non impone niente e sfida la libertà di chiunque. I profeti lo avevano detto. Il Messia verrà su di un asino. A chi lo accoglie, è chiesta la disponibilità del cuore per seguirlo e obbedirgli. Nell’entrare in questa settimana Santa, chiedo anche per me occhi per riconoscerlo e umiltà per servire la Sua Gloria.
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