«Il cuore del mio messaggio è che non stiamo necessariamente costruendo un edificio, ma una comunità», ha detto padre Sean Dresden in un’intervista a Crux, «credo fermamente nella Provvidenza, e che passino tre o 15 anni prima di avere un edificio, l’importante sono le persone, la comunità che costruiremo e il messaggio del Vangelo che condivideremo».
La prima Messa della parrocchia di San Giovanni Paolo II è stata celebrata il 3 marzo e per il momento conta circa 400 parrocchiani, «un ottimo inizio», secondo padre Dresden. La parrocchia di San Giovanni Paolo II è la prima nuova parrocchia aperta da quando lo scorso maggio Las Vegas è stata nominata arcidiocesi da papa Francesco. L’entusiasmo e lo zelo di padre Dresden rispecchiano la crescita che sta avvenendo in tutta l’arcidiocesi, per la quale si prevedono circa 3.500 famiglie quando verrà inaugurato un nuovo edificio ecclesiastico cioè tra i tre e i cinque anni.
Nell’immaginario comune quando si pensa a Las Vegas non viene di certo in mente per una presenza elevata di cattolici. Ma sono le parole di chi vive l’arcidiocesi e i numeri a confermare il dato inaspettato. L’arcivescovo di Las Vegas George Leo Thomas ha dichiarato che l’arcidiocesi ha attualmente sette progetti edilizi in corso, tra cui una nuova cappella nel centro studentesco dell’Università del Nevada. Gli altri sei progetti sono nuove strutture o ampliamenti di strutture esistenti, sia polifunzionali che ecclesiastiche. L’arcivescovo ha poi riportato una notevole crescita anche nella zona nord di Las Vegas, alla quale puntano per nuovi terreni. Attualmente sono 34 le parrocchie dell’arcidiocesi e, secondo le stime dell’arcivescovo Thomas, accolgono tra gli 800.000 e il milione di cattolici, cui si può ipotizzare che nel futuro prossimo si aggiungeranno 10.000 parrocchiani all’anno.
Anche dal punto di vista del clero si registrano dati positivi: 35 i sacerdoti incardinati e circa altri 50 che servono l’arcidiocesi, oltre a 14 seminaristi, «un’arcidiocesi movimentata», ha commentato l’arcivescovo. Anche padre Dresden commenta fiducioso: «Penso che sarà una luce splendente per la Chiesa, che ci crediate o no. È davvero così. Un sacco di grandi persone consacrate vengono qui da tutto il mondo, unite in Cristo per devozione, ed è una cosa bellissima da vedere, sono molto onorato e privilegiato di farne parte». Certo, di fronte a numeri così grandi saranno tante le necessità a cui far fronte.
L’arcivescovo Thomas non ha dubbi in merito: «È importante capire l’importanza e l’impatto del ministero collaborativo e della responsabilità condivisa, in modo che il pastore non si assuma da solo il peso della responsabilità. Coinvolgere i fedeli laici in ogni aspetto della vita parrocchiale è molto importante». Ha poi posto l’attenzione su una predicazione dinamica, una liturgia ben celebrata con senso di ospitalità e accoglienza, sul ministero dei giovani e sul concetto che ogni cattolico sia un discepolo missionario. «Quindi, come si fa a mantenere tutto questo? Penso che si vada oltre, come si suol dire, “dalla manutenzione alla missione”», ha continuato l’arcivescovo Thomas. «Penso che le nostre parrocchie stiano andando alla grande in questo momento perché i pastori e i fedeli laici stanno prendendo molto sul serio tutti i valori che ho appena descritto».
La cosiddetta “città del peccato” sembrerebbe aver reso fertile il terreno per una nuova cristianità, «un cattolicesimo intenzionale», come l’ha chiamato l’arcivescovo. L’arcivescovo ha poi concluso con le parole di San Paolo «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia. [Rm 5,20, ndr], E io penso che la grazia abbondi in queste comunità, in quasi tutte le parrocchie ci sono solo posti in piedi».
(Fonte foto: Imagoeconomica/Pexels.com)
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