Da alcuni mesi in Italia è in atto una vera e propria corsa al suicidio assistito. Protagoniste di questa macabra iniziativa – com’è possibile leggere sul Timone di marzo, attraverso l’accurata analisi di Giuliana Ruggeri, ricercatore dell’Università di Siena e membro del Comitato nazionale di bioetica – sono le Regioni; e tra le Regioni, un posto di rilievo lo occupa senza dubbio l’Emilia Romagna guidata da Stefano Bonaccini, che ha scelto di affrontare la materia non per via legislativa ma addirittura amministrativa, a colpi di deliberazioni giuntali.
Ora, contro questa iniziativa – che ha già suscitato il vivo e comprensibile «sconcerto» dei vescovi – c’è chi è ricorso alla magistratura. A farsi avanti è un nutrito e battagliero gruppo di associazioni pro life (Centro Studi Rosario Livatino, Network “Ditelo sui tetti”, Comunità Papa Giovanni XXIII, Esserci per essere, FederVita Emilia-Romagna, Forum delle famiglie e associazioni familiari, Lab.ora, Le vedette, Medicina e Persona, Movimento per la Vita Italiano, Medici Cattolici Italiani, Osservatorio “vera lex?”, Unione Giuristi Cattolici di Reggio Emilia, Piacenza e Pavia, Nonni 2.0, Scienza e Vita) che stamane ha notificato un ricorso al Tar dell’Emilia-Romagna.
Si tratta di un provvedimento finalizzato all’annullamento di quei provvedimenti amministrativi regionali – le delibere di giunta 194 e 333 del 2024 e determina direttoriale 2596/24 – con cui la Giunta Bonaccini, come si diceva, da un lato ha introdotto una prestazione sanitaria per assistere medicalmente e farmacologicamente il suicidio assistito, e, dall’altro, ha costituito ben due organismi consultivi di totale derivazione regionale per verificare la presenza del pre-requisito delle cure palliative e gli ulteriori quattro requisiti.
Il ricorso in questione, di oltre 50 pagine, è stato firmato da nove avvocati. Le associazioni che si sono attivate contro il suicidio assistito introdotto dall’Emilia Romagna – ricorrendo, appunto, alle vie legali – esprimono particolare «preoccupazione per il fatto che un argomento tanto significativo sia stato affrontato addirittura in sedi meramente amministrative, finendo per essere sottratto a un dialogo nelle sedi più adeguate e spezzettato in una inammissibile diversità di decisioni sullo stesso territorio nazionale». Sarà dunque un Tribunale, ora, a stabilire se davvero si può introdurre il suicidio assistito a colpi di semplici provvedimenti amministrativi…
(Fonte foto: Imagoeconomica)
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