Dopo che in Francia nella Costituzione si sancisce il diritto di aborto nel nome della laicità, nella “cattolica” Irlanda si prova a dare l’ennesimo colpo alla maternità, per giunta spacciandolo per una conquista per il genere femminile, oggi celebrato a suon di retorica condito dal consueto sciopero “produttivo e riproduttivo” di stampo femminista.
Gli elettori irlandesi si troveranno davanti due quesiti referendari. Il primo prende in esame l’articolo 41.1.1 che dice: «Lo Stato riconosce la famiglia come l’unità naturale, primaria e fondamentale della società, e come un’istituzione morale dotata di diritti inalienabili e imprescrittibili, antecedenti e superiori a ogni diritto positivo» e l’articolo 41.3.1 «Lo Stato si impegna a custodire con particolare cura l’istituto del Matrimonio, su cui si fonda la Famiglia, e a proteggerlo dagli attacchi».
La proposta di modifica specificherebbe che lo stato riconosce la famiglia «fondata sia sul matrimonio che si altri rapporti durevoli». Ma durevoli quanto? E soprattutto che tipo di relazioni? Composte da quante persone, e di quale età? Nel secondo articolo invece verrebbe rimosso il riferimento al matrimonio fondato sulla famiglia, poiché l’idea è che la famiglia appunto si possa basare su diversi tipi di unione.
Nel mirino anche l’articolo 41.2.1 «In particolare, lo Stato riconosce che, con la sua vita domestica, la donna fornisce allo Stato un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato» e il successivo, il 41.2.2 «Lo Stato si sforzerà pertanto di garantire che le madri non siano costrette, per necessità economica, a svolgere un lavoro trascurando i loro doveri domestici». Quest’ultimo in particolare è stato ribattezzato “l’articolo della donna in casa”, “l’articolo della donna casalinga”, l’articolo che costringe le donne a stare dentro le mura di casa insomma, da qui la proposta di modifica: «Lo Stato riconosce che la prestazione di assistenza reciproca dei membri di una famiglia in ragione dei legami che esistono tra loro, dà alla società un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato, e si sforza di sostenere tale prestazione».
Via le madri dal testo, non sia mai che siano tutelate da uno Stato che non vuole che siano costrette a lavorare per necessità economica. Per inciso, secondo l’Irish Time sono le donne oggi a guidare il mondo del lavoro, in un report di settembre del 2023 si spiega infatti che la crescita dell’occupazione tra le donne non solo ha superato quella degli uomini dopo la pandemia, ma il tasso di partecipazione lavorativa tra le donne di età compresa tra i 25 e i 54 anni negli Stati Uniti ha raggiunto il terzo record mensile con il 77,8% delle donne di questa fascia d’età occupate. Quindi a che pro questo referendum?
A rispondere sono i vescovi irlandesi, in un comunicato in vista del voto in cui scrivono: «In un’epoca in cui le persone, e soprattutto le donne, sottolineano spesso l’opportunità di conciliare lavoro e impegni domestici, è interessante notare che la Costituzione già riconosce e cerca di facilitare la scelta delle madri che desiderano prendersi cura soprattutto dei bisogni della famiglia e della casa. Contrariamente ad alcuni commenti recenti, l’attuale disposizione costituzionale non afferma categoricamente che ‘il posto della donna è nella casa’. Né esonera gli uomini dai loro doveri verso la casa e la famiglia»
Non solo. «Nella società contemporanea esiste ormai una corresponsabilità tra donne e uomini per ogni aspetto della vita domestica, compresa l’assistenza domiciliare. Riteniamo che, piuttosto che rimuovere l’attuale riconoscimento del ruolo delle donne e del luogo della casa, sarebbe preferibile e coerente con i valori sociali contemporanei che lo Stato riconoscesse la fornitura di assistenza da parte di donne e uomini allo stesso modo”.
E concludono: “L’attuale formulazione costituzionale non impedisce in alcun modo alle donne di lavorare o di occupare il posto che spetta loro nella vita sociale e pubblica. Rispetta, tuttavia, le qualità complementari e distinte che sorgono naturalmente all’interno della Famiglia. Il ruolo delle madri dovrebbe continuare ad essere valorizzato nella nostra Costituzione”. La palla ora passa agli elettori.
Intanto in Occidente il punto resta dolente, che la donna scelga di essere “solo” madre, o peggio ancora “solo” moglie, in ultimo casalinga (ormai è una parolaccia, la banneranno a suon di cancel culture) è considerata una diminutio, una scelta deprecabile e da stigmatizzare nell’epoca delle libertà e dell’inclusività. Invece che la gran parte delle donne madri sia costretta a lavorare unicamente per necessità economica va benissimo, evidentemente questa per molte, anzi moltə, è libertà. Buon otto marzo.
(Fonte immagine: Freepik)
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