Riceviamo questa riflessione del prof. Umberto Fasol – storico collaboratore della nostra rivista e autore di un recente libro sull’evoluzionismo – a proposito del recente Darwin Day, celebratosi due giorni fa, il 12 febbraio.
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“Che io sappia, nessuno ha contribuito alla nascita di un numero così grande di discipline, sotto un unico ombrello concettuale, guardando così lontano come Charles Robert Darwin. Le sue idee hanno cambiato la nostra visione del mondo e di noi stessi più di quelle di qualunque filosofo o scienziato. Il che dà ancora molto fastidio a chi non riesce ad accettare di non essere stato creato a immagine e somiglianza di Dio, al centro dell’universo o, se volete, del creato.” (il Fatto Quotidiano, 12 aprile 2024).
Ho letto con grande attenzione l’articolo del Prof. Ferdinando Boero, ordinario di Zoologia e Antropologia presso l’Università di Napoli Federico II, apparso sul Fatto Quotidiano per celebrare il Darwin Day di quest’anno. Confesso che ero arrivato alla data (fatidica per i docenti di Scienze come il sottoscritto) dimenticandomene totalmente, assorbito come tanti veronesi ed italiani da altri temi ben più importanti, come la finale del Festival di Sanremo, con lo strascico delle interminabili discussioni, la sospensione della sfilata del Baccanal del Gnòco causa pioggia, e certamente le funeste notizie che dal 7 ottobre ci giungono ogni giorno dalla Striscia di Gaza. Ma l’articolo del Professore e in particolare la sua conclusione, che ho riportato, mi ha fatto sentire come il calciatore che subisce un tackle in scivolata che gli spacca la gamba.
Questo è un attacco frontale alla nostra fede! Io sono uno di quelli a cui dà molto, anzi moltissimo fastidio, sentirsi dire di non essere stato creato a immagine e somiglianza di Dio, come vorrebbe farci credere il neodarwinismo oggi imperante in tutto l’emisfero culturale, dalla Teologia alla Finanza, per citare l’alfa e l’omega, passando per la Scienza, la Psicologia, l’Economia e la Sociologia. Non esiste ambito della nostra vita quotidiana in cui, a proposito o a sproposito, non si faccia qualche straccio di riferimento alla selezione naturale, alla lotta per la vita, all’evoluzione, alla casualità. E tutto questo per negare la nostra filiazione divina?
Come tutti i credenti del Mondo, da millenni, ho costruito la mia vita sulla grande verità raccontata all’inizio della Bibbia: “Dio creò l’uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò;” (Genesi 1,27). Credo che dopo il Padre Nostro non esista espressione più ricca e luminosa su cui costruire il nostro presente e la nostra gioia. Mi dispiacerebbe molto scoprire che non è vera. Sarebbe la disperazione. Come potrei vivere sapendo di non avere un Padre? “Tuffato nell’essere”, come diceva Heidegger, come potrei respirare sapendo di non essere un Dio, ma solo un inatteso prodotto di una evoluzione casuale della materia inorganica, accaduto fortuitamente alla periferia del Mondo? E come guarderei i miei figli?
No, questa volta è troppo. Un conto è accettare la microevoluzione, che è sotto gli occhi di tutti, ovvero il cammino culturale e la trasformazione anatomica che l’umanità ha vissuto uscendo dalle caverne primordiali fino ad abitare gli attici di Roma e i grattacieli di Dubai; un altro conto è parlare della macroevoluzione, ovvero la nascita delle forme, come la comparsa di un essere capace di pregare, di stupirsi, di ridere, di interrogarsi e di giocare a calcio. L’evoluzione vera e propria rimane ancor oggi, dopo oltre centocinquant’anni dall’Origine delle Specie (London, 1859) non solo ipotetica, ma addirittura sempre più smentita dalle scoperte che si sono susseguite nel frattempo. Pochi sanno che oggi i Paleoantropologi che insegnano all’Università hanno abbandonato la pista che dalla scimmia portava all’uomo, per mancanza di prove e per smentita dei passaggi.
La postura eretta, la perdita dei peli, lo sviluppo del cranio, il linguaggio, le intelligenze, la sepoltura dei simili, sono esempi di caratteri che non possono essere frutto di mutazioni casuali e della successiva selezione naturale. Sono elementi costitutivi della persona umana e in quanto tali, connessi tra loro a formare un unico grande mistero che non ammette parcellizzazioni e riduzionismi. Oggi si preferisce presentare la scimmia non come primordiale stadio umano, ma come parente del genere umano.
In altre parole, scimmie e uomini hanno un antenato comune, identificato in Purgatorius, uno scoiattolo di quindici centimetri, vissuto sessantacinque milioni di anni fa e rinvenuto in poche ossa sul Purgatorius Hill, nello Stato del Montana. C’è da sorridere, se non da piangere. Ma chi ha il coraggio di dirlo nelle nostre aule scolastiche ai nostri ragazzi cresciuti con il mito fondativo della scimmia che diventa nuda e scende dagli alberi? Chi ha il coraggio di dire che la Scienza, quella con la esse maiuscola, non ci crede più?
La coscienza umana, che è sicuramente il carattere distintivo del nostro essere, quello più alto e più nobile, non può essere ridotta ad alcuna reazione chimica né ad alcuna sinapsi tra le cellule cerebrali. Noi siamo sempre di più dei nostri neuroni, siamo eccedenti rispetto alla nostra carne; siamo “altro” di fronte ai nostri protoni. Questo è il peccato originale dell’evoluzionismo: non accettare che siamo come Dio, trascendenti le nostre stesse personali cellule. Perché il darwinismo non accetta la nostra divinità? Forse perché non vuole avere un Dio da ringraziare e a cui rispondere?
Thomas Nagel, filosofo statunitense che insegna all’Università di New York dal 1980, ha scritto fuori dalle righe: “Cosa si prova ad essere un pipistrello”, per sottolineare che la nostra conoscenza non potrà mai essere aderente fino al punto da farci sperimentale lo stato mentale soggettivo di un “altro” da noi, come un pipistrello. Perché? Perché siamo individui unici, irripetibili e insondabili.
E nel 2012 ha scritto “La Mente e il Cosmo: perché la concezione della natura neo darwiniana è quasi certamente falsa (is almost certainly false)”. Sostanzialmente il grande pensatore americano, di origine serba, sostiene che una teoria come quella elaborata da Charles Darwin, che non è in grado di spiegare la coscienza umana ovvero il fenomeno più importante della Biologia sulla Terra, è sicuramente inadeguata a spiegare la vita e le sue forme. Cosa ce ne facciamo allora di una teoria che pretende di rendere ragione dell’esistenza della vita sul Pianeta e si ferma invece senza parole di fronte alla sua manifestazione più importante?
Ci vuole coraggio ad affermarlo, è vero, ma nella Scienza, come in tutti gli ambiti, non vale l’ipse dixit, ma valgono i fatti e gli argomenti. Posso allora rilassarmi e continuare a respirare profondamente? In verità devo ringraziare Boero perché dopo il suo articolo sono ancora più consapevole di essere fatto a immagine di Dio: se non fosse così, non sarei stato capace di riflettere.
Da questa parte posso dire che ci sono gli Autori della Bibbia (Dio e l’uomo) e tanti scienziati come il Nagel, come il genetista Giuseppe Sermonti, come il paleontologo Roberto Fondi, come il biochimico Michael Behe e come altri meno noti che, poiché riconoscono il mistero della vita e dell’uomo, non sono citati dal mainstream culturale odierno che considera la metafisica una cosa che non serve a nulla.
(Fonte foto: Unsplash)
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