La crisi profonda delle nuove generazioni che presentano disturbi dello sviluppo e disagi psicologici, molto più che in passato. Il dramma dei nostri giovani ipersessualizzati da un costante bombardamento mediatico e tecnologico, attraverso l’uso incontrollato di cellulari e tablet, che li espone spesso in età estremamente precoce a contenuti pornografici e violenti. Quale la causa e quale il rimedio? La risposta è quella che si vuole fornire nel nuovo libro Per amore dei nostri figli, di Francesco Romana Poleggi, con interventi di Francesco Borgonovo, Roberto Marchesini e Massimo Gandolfini, Sugarco edizioni. Francesca Romana Poleggi, autrice del libro, madre di tre figli e nonna, insegna diritto ed economia nella scuola secondaria da più di trent’anni. Per più di quaranta ha fatto parte di Fede e Luce, un’ associazione di volontariato con persone diversamente abili. È entrata a far parte della Laogai Research Foundation nel 2008 e lì ha conosciuto Toni Brandi. Con lui e altri, nel 2012, ha fondato Pro Vita. Attualmente dirige la rivista mensile Notizie Pro Vita & Famiglia ed è membro del Consiglio direttivo dell’associazione. Il Timone l’ha intervistata
Professoressa Poleggi, innanzitutto com’è nata l’idea di questo libro?
«L’idea è venuta a Toni Brandi che mi ha fatto leggere The abandoned generation di Gabriele Kuby, una sociologa tedesca che ha scritto uno spaccato sulla crisi di valori e di identità che c’è nei giovani in Germania: una generazione abbandonata, malata, sia fisicamente che psicologicamente.
Quindi a Toni è venuta l’idea di fare un’analisi simile che valga anche per l’Italia. E quindi mi sono messa a ricercare e a vedere se ci sono dati, con l’aiuto anche del team di ProVita, perché è stato un lavoro abbastanza impegnativo. Si tratta, infatti, di un testo molto documentato con note ricche di bibliografia».
Il suo testo registra un fatto sotto gli occhi di tutti, e cioè che le «nuove generazioni sono in crisi». Ma non sarà che la crisi, in realtà, è in primo luogo quella educativa degli stessi genitori e della famiglia, sempre più disgregata?
«La crisi dei giovani d’oggi che va dal bullismo ai problemi psicofisici che attanagliano i ragazzi, molto più che un tempo, è dovuta ad una mancanza di senso, ad una mancanza di struttura interiore. E sicuramente è dovuta alla crisi della famiglia, perché la famiglia subisce una distruzione sistematica dai tempi, forse di Rousseau, passando per Marx e la scuola di Francoforte. Sono stati presi di mira ideologicamente, destrutturandoli, con una propaganda martellante che ha prodotto i suoi effetti, nel tempo, l’uomo e la donna: il maschio è stato svirilizzato, la donna mascolinizzata. Poi c’è la deriva gender che è solo un ingranaggio di tutta questa macchina distruttiva, un ingranaggio di quello che è il passaggio al transumanesimo e di tutto quello che spinge a distruggere l’essere umano, che passa attraverso la distruzione della famiglia. In tutto questo vediamo che, nonostante la crisi che colpisce la struttura familiare che non è protetta, né valorizzata, i dati dimostrano che laddove ci sono un padre e una madre unititi in matrimonio, tutte le possibili variabili sono a favore di un maggior benessere psicofisico dei figli».
Il suo testo dedica un ampio spazio al tema del gender. Al di là di ogni valutazione etica, quali sono gli interessi in gioco, in particolare guardando all’ultima e più attuale frontiera, quella dei cosiddetti baby trans?
«Riguardo il gender, nel libro ne tratto come un’ideologia che innanzitutto è abusante nei confronti dei bambini e degli adolescenti, perché far passare l’idea che possiamo essere ciò che si vuole, maschi, femmine o “neutri”, come viene predicato anche negli asili nido, è qualcosa di aberrante e che porta gravi problemi psichici di identità, nei ragazzini. Nel libro parlo diffusamente della disforia di genere ad insorgenza rapida e dei devastanti effetti dei bloccanti della pubertà che si danno anche al Careggi di Firenze, in modo molto superficiale a dei giovanissimi che presentano dei problemi di disforia. Problemi che nella maggior parte dei casi, si superano da sé con la maturazione sessuale, ma quand’anche non si superassero, ormai, tutti i paesi europei stanno capendo che non è il bloccante della pubertà che aiuta i ragazzi a superare la non accettazione di sé e che nessuno nasce in un corpo sbagliato ma che dietro c’è l’ideologia disumana che vuole distruggere l’uomo e interessi economici notevoli. Dietro c’è un giro di miliardi enorme e ci sono dati, nel libro, riportati, a questo proposito».
Presentando il suo libro, lei ad un certo punto dice: «Ciascuno di noi può contribuire alla ricostruzione di quello che è andato distrutto». Secondo lei in questa opera di ricostruzione possono contribuire anche personalità del mondo progressista? Sia sul ddl Zan, sia sul tema dei minori transgender abbiamo visto figure insospettabili, perfino del mondo Lgbt, unirsi alle battaglie di libertà e buon senso…
«Secondo me prima di ricostruire bisogna capire di cosa si sta parlando. Ad esempio quando si scrivono libri sul bullismo non si va prima a vedere prima cosa sia il bullismo. Così la famiglia naturale, non va solo protetta ma favorita dalle leggi dello stato perché è una risorsa importante per lo stato stesso. Per il principio di uguaglianza che dice che i casi uguali vanno trattati in modo uguale e i casi diversi vanno trattati in modo diverso, così la famiglia è diversa rispetto a tutti gli altri tipi di convivenza. Tutti possono contribuire a quest’opera di ricostruzione, anche chi fosse davvero progressista deve volere che le nuove generazioni crescano salde con una spina dorsale e non come degli automi attaccate ai telefonini. Ci sono infatti tante persone LGBT, critiche verso il transgenderismo».
Lei è da anni attivista in prima linea sul fronte pro life e pro family e avrà visto, se non subito, indubbiamente anche in Italia parecchie sconfitte, anche molto amare. Eppure è ancora battagliera e perfino, oggi, autrice di un libro. Quali sono le cose che le danno più speranza?
«Noi dobbiamo batterci per la verità. La vittoria spetta al bene e al Signore, per chi crede. Volendomi mettere nei panni di chi non crede, penso che sia una questione di fiducia nell’uomo e nella verità in sé che alla fine si impone. Noi non dobbiamo cedere al disfattismo ma dobbiamo credere nella battaglia che si vince con le armi della verità e della giustizia. E, comunque quello che faccio è in parte dovuto ad un incontro speciale, a soli vent’anni, con Elena, coetanea autistica e cerebrolesa, a cui devo la mia conversione».
(Fonte foto: Pexels.com)
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