Alcuni anni fa il giornalista e scrittore Antonio Socci, nel suo libro sull’aborto Il genocidio censurato, intitolava un capitolo del volume: «Gli italiani sono antiabortisti e non lo sanno». Era il 2006 e Socci, riportando i dati di alcune rilevazioni demoscopiche, evidenziava come – pur ignorata dai grandi media e dalla stessa popolazione – esistesse e resistesse una sensibilità marcatamente pro life nella popolazione italiana. Più recentemente, nel 2020, una rilevazione internazionale di Ipsos Mori rilevava come il consenso in favore dell’aborto legale fosse calato in Paesi occidentali secolarizzati come Germania (-9%), Francia (-6%), Svezia (-3%), Gran Bretagna (-2%), oltre che in Spagna (-5%) e Italia (-3%).
Oggi, gli esiti dell‘indagine demoscopica di Pro Vita & Famiglia onlus commissionato a Noto Sondaggi, confermano come oltre 7 italiani su 10 vogliano il riconoscimento del reato di duplice omicidio in caso di donna in gravidanza, ben il 64% sia favorevole al riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, come sancito dalla Costituzione, anche ai nascituri, e per il 57% il criterio principale per distinguere un essere umano sia che abbia un Dna, proprio come accade fin dal momento del concepimento. Non resta, dinnanzi a dati simili, che il mondo pro life prenda più coraggio nelle sue battaglie e che la politica si renda conto che il tema della difesa della vita nascente non è marginale. Al contrario, è assai sentito. E come tale meriterebbe di essere discusso e promosso.
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