Una profonda spaccatura sta attraversando il mondo cattolico dopo la pubblicazione della dichiarazione dell’ex Sant’Ufficio Fiducia supplicans, pubblicato il 18 dicembre, che ha dato il via libera alle benedizioni delle coppie irregolari, comprese le coppie dello stesso sesso. Così c’è chi si percepisce in linea con le istanze del documento, come ad esempio l’arcivescovo Franz Lackner secondo il quale «la Chiesa intende riconoscere che una relazione tra due persone dello stesso sesso non è del tutto priva di verità: c’è amore, c’è lealtà, c’è anche difficoltà condivise e vissute nella fedeltà».
Anche il vescovo di Anversa Johan Bonny ha accolto con favore la dichiarazione. Geert De Kerpel, portavoce dei vescovi fiamminghi ha dichiarato al quotidiano Het Nieuwsblad il 19 dicembre che si tratterebbe addirittura di un grande passo in avanti. Sempre tra i prelati “a favore”, il vescovo William McGrattan, presidente della Conferenza episcopale canadese il quale ha affermato che «il principio guida della dichiarazione è il fatto che la stessa richiesta di benedizione rappresenta un’apertura alla misericordia di Dio e può essere occasione per una maggiore fiducia in Dio».
Esulta ovviamente il gruppo LGBT+ Catholics Westminster di Londra, «felice di ricevere questo regalo di Natale dal Dicastero per la Dottrina della Fede e da Papa Francesco». Ardue le dichiarazioni di mons. Hervé Giraud arcivescovo francese: «Papa Francesco sta cercando di allontanarsi dal semplice “permesso-divieto” per porre le persone sotto lo sguardo di Dio e ricondurle su sentieri più sicuri. La benedizione apre questi cammini più sicuri». Le voci del dissenso, invece, provengono dai paesi meno secolarizzati e meno occidentalizzati.
Tra questi il Kenia, dove la Conferenza episcopale ha osservato che «alcuni aspetti della dichiarazione causano ansia e persino confusione tra i cristiani e in generale nel popolo di Dio». E che «pur riconoscendo la confusione esistente nei paesi più sviluppati, riguardo a nuovi modelli non cristiani di “unione” e “stili di vita”, [in Africa ndr] abbiamo molto chiaro cosa siano la famiglia e il matrimonio». La Conferenza Episcopale del Malawi, invece, ha emesso un “chiarimento” il 19 dicembre scorso e cioè che «la dichiarazione non riguarda la benedizione delle unioni omosessuali e l’approvazione sacramentale delle stesse per le coppie sposate» e questo «per evitare di creare confusione tra i fedeli».
Mentre sul giornale dell’arcidiocesi di Ibadan, in Nigeria, p. Anthony Akinwale ha sottolineato che «la dichiarazione mirava a evitare confusione. Eppure, c’è confusione nella mente di molti perché percepiscono una contraddizione tra la riaffermazione della dottrina cattolica sul matrimonio e la prassi pastorale di benedire le persone dello stesso sesso e altre persone che convivono more uxorio». Dalle Filippine, l’arcivescovo Socrates Villegas ha emesso una “guida episcopale” il 19 dicembre scorso, sull’attuazione delle disposizioni contenute nella dichiarazione, all’interno della sua arcidiocesi di Lingayen-Dagupan. In particolare, ha riflettuto su cosa significhi benedire una coppia irregolare, distinguendo tre tipi di benedizioni: un’invocazione a Dio, una “benedizione di santificazione” e una “benedizione di misericordia”.
Ha detto che «quando un sacerdote cattolico prega una benedizione di misericordia su una coppia in situazione irregolare, che desidera affidarsi al Signore e alla sua misericordia […] chiede a Dio di avere pietà di entrambi e di donare loro la grazia della conversione affinché possano regolarizzare i loro rapporti». Ha aggiunto che la «benedizione della misericordia» non può essere «una benedizione di santificazione, poiché non possiamo chiedere a Dio di benedire qualcosa che», come spiega Fiducia supplicans, non è «conforme alla volontà di Dio, espressa nell’insegnamento della Chiesa».
La posizione contraria più netta di tutte sembra quella assunta dalla Conferenza dei vescovi cattolici ucraini che in una dichiarazione del 19 dicembre sottolinea di aver «intravisto un pericolo in termini ambigui che causa interpretazioni divergenti tra i fedeli». In particolare si legge: «Vediamo il pericolo di formulazioni ambigue che provocano interpretazioni divergenti tra i fedeli. Ciò che non abbiamo colto nel documento è che il Vangelo chiama i peccatori alla conversione, e senza una chiamata a lasciare la vita peccaminosa delle coppie omosessuali, la benedizione potrebbe sembrare un’approvazione».
E infine ancora “chiarimenti” dalla Spagna: il vescovo José Ignacio Munilla ha affermato che «la carità pastorale è una chiamata affinché tutti i peccatori possano essere benedetti, ma non a benedire il nostro peccato». Il vescovo di Orihuela-Alicante, nel sud-est della Spagna, aggiunge che «il Vangelo ci invita a benedire tutti coloro che si aprono al dono di Dio, compresi coloro che vivono in situazioni affettive irregolari; mentre non ci concede alcun potere di benedire le loro unioni contrarie al disegno di Dio».
Insomma, sebbene a destra e a manca si sottolinei che l’attuale Dichiarazione non intende sovvertire l’insegnamento della Chiesa, tuttavia, non si era mai vista una tale sfilza di “chiarimenti” sottoforma di dichiarazioni scritte da parte delle varie conferenze episcopali. Evidentemente la chiarezza di fondo invocata da Gesù nel nostro parlare che sia “Sì sì e no no” non dev’essere stata, in qualche modo, perfettamente intesa. (Fonte foto: Imagoeconomica)
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